Il basso livello a cui sono stati tenuti i prezzi petroliferi nell'ultimo anno, è in buona misura conseguenza di circostanze congiunturali associate al rallentamento dell'economia globale nelle viscere della nuova crisi ciclica: rallettando l'attività economica, crolla la domanda mondiale di materie prime ed energetiche e si produce una situazione di sovra-offerta relativa di queste merci, cosiddette commodity, che tendono a svalutarsi.
Ciò nonostante, bisogna osservare che da metà del 2014, molti mesi prima che si manifestassero i primi sintomi di questo fenomeno ciclico, già i prezzi del petrolio greggio avevano preso una tendenza decrescente; inoltre, bisogna ricordarsi che, già da diversi anni, questi prezzi non si sono mai più avvicinati ai picchi storici che raggiungessero nel 2008 e nel 2012.
Questo evidenzia che, oltre alle circostante transitorie derivate dalle crisi cicliche globali, sembrano esserci cause strutturali, non congiunturali, che stanno deprezzando sul lungo periodo il petrolio. In realtà, nell'ultimo decennio si è andato producendo un cambio strutturale profondo e progressivo nella dinamica dei mercati mondiali energetici, che può esser riassunto in due tendenze generali di segno opposto: l'accelerazione della crescita dell'offerta di petrolio e il rallentamento della crescita della domanda.
Crescita dell'offerta
Le stime degli anni '60 predicevano che la produzione petrolifera mondiale sarebbe iniziata a calare quando metà delle riserve petrolifere si sarebbero esaurite, fino alla loro quasi completa estinzione, nel primo decennio del XXI secolo. Tali stime si sono rivelate false grazie alle frequenti scoperte di nuovi giacimenti in tutto il mondo e allo sviluppo di nuove tecnologie d'estrazione che hanno permesso sia di ottenere rendimenti maggiori di quelli originalmente stimati nei giacimenti già in produzione, sia di sfruttare giacimenti prima inaccessibili.
Oggi le riserve mondiali accertate e tecnicamente sfruttabili sono il 37% in più che agli inizi del secolo e continuano ad aumentare con un tasso medio di quasi il 2% l'anno; vale a dire che, nonostante la produzione globale sia al suo massimo storico, la quantità di petrolio che rimane nei giacimenti già esplorati e tecnicamente sfruttabili, continua con un incremento relativamente rapido.
E teniamo conto che questa cifra si riferisce solo al petrolio convenzionale: non sono inclusi i giacimenti nella roccia (il cosiddetto petrolio "shale"), quelli di bitume e sabbie bituminose e la maggior parte di quelli di greggio extra-pesante scisto (tranne quelli venezuelani della Faja del Orinoco, che è stata ufficialmente compresa tra le riserve convenzionali), molti dei quali sono stati appena scoperti negli ultimi anni e pochissimi sono già in piena produzione.
E' chiaro che la messa in produzione dei giacimenti non convenzionali è inizialmente costosa e difficile, ma una volta superate le tappe di avvio e consolidazione, i costi per barile prodotto cominciano a cadere vertiginosamente, in misura del fatto che si sviluppano tecnologie d'estrazione più efficienti e si impiantano regimi di economie di scala nei giacimenti.
Questo sta avvenendo ad esempio e in maniera rapida, nelle principali regioni di produzione di petrolio di roccia negli USA: sostituendo le unità di produzione tecnologicamente più arretrate con altre più efficienti e capaci di accedere orizzontalmente a vari depositi per un'unica bocca di pozzo, la produttività per unità cresce esponenzialmente (vedere grafico), cosa che riduce i costi. Continuando tale tendenza, può non esser lontano il giorno in cui i costi di produzione di questi giacimenti giungano ad esser competitivi di fronte a quelli dei giacimenti convenzionali. E si tenga conto che lì si ottengono, oltre che greggio della miglior qualità, enormi quantità di gas naturale.
Rallentamento della crescita della domanda
Anche se le esigenze di energia in generale continuano a crescere su scala globale e anche se la maggioranza di queste necessità, per adesso, continuano ad esser soddisfatte con carbone e petrolio, è necessario osservare che la domanda di questi due commodity in particolare, sta crescendo con sempre maggiore lentezza a causa del rapido sviluppo di altre fonti alternative di energia che vanno a superare l'egemonia delle energie fossili tradizionali.
Particolarmente notevole è lo sviluppo del mercato di gas naturale liquefatto (LNG), come conseguenza dell'enorme abbondanza di questa risorsa in numerosi paesi e dei vantaggi del gas rispetto al carbone e al petrolio: maggior efficienza energetica per peso e minor contaminazione ambientale per unità di energia generata. Su scala globale, la produzione di LNG è cresciuta di circa il 30% negli ultimi anni.
Contemporaneamente il rendimento delle tecnologie di energia rinnovabili sta aumentando sempre più rapidamente, mentre il suo costo tende a scendere. Come risultato, la relazione costo-beneficio per queste tecnologie migliora costantemente e a velocità esponenziali. Per esempio, il costo unitario medio per kw/h generato con turbine di generazione eolica e celle fotovoltaiche si è ridotto di oltre 10 punti nell'ultimo decennio, tanto che, in molte parti del mondo, queste tecnologie sono già economicamente competitive rispetto ai combustibili fossili e iniziano perfino a rimpiazzarli come fonte per la generazione energetica.
Nel 2005 solo un 16% del totale di generazione elettrica mondiale proveniva da fonti rinnovabili alternative al combustibile fossile, ma nel 2015 questa porzione già si avvicina al 25% e con paesi come la Germania, la Cina, la Spagna e l'Italia oltre il 25%; altri paesi come il Brasile, il Canada e la Svizzera sono oltre il 60%; e più di due dozzine di paesi oltre il 75%.
Il processo globale di trasformazione del mercato di combustibili fossili si è accentuato negli anni recenti come risultato dell'effetto conosciuto come "paradosso dei prezzi": gli alti prezzi dei combustibili fossili risultavano in principio favorevoli ai venditori, ma allo stesso tempo disincentivavano gli acquisti dei consumatori stimolandoli ad investire nello sviluppo di tecnologie energetiche più efficienti e fonti alternative di energia, redendo così redditizio lo sfruttamento dei propri giacimenti. Tutto questo ha provocato a medio termine una caduta dei prezzi che ha finito per debilitare i venditori e rafforzare i compratori.
Nel clima di alti prezzi petroliferi che regnò tra il 2005 e il 2008 e nuovamente tra il 2010 e il 2014, divenne redditizio per i paesi compratori di petrolio affrontare tali spese e investimenti. Si è così sviluppata una tendenza globale ai nuovi sviluppi energetici come l'intensificazione dell'idrofratturazione di pozzi (fracking), lo sfruttamento massiccio dei giacimenti di petrolio e gas in roccia madre, il perfezionamento della tecnologia di concentratori fotovoltaici (CPV), lo sviluppo di grandi gruppi di generatori eolici in mare aperto o la rapida crescita dell'uso dei cosiddetti biocombustibili.
Insomma, la scoperta e lo sfruttamento, con crescenti livelli di efficienza, di enormi riserve petrolifere e di gas sia in paesi tradizionalmente produttori di energie fossili, sia in altri tradizionalmente non produttori, l'abbassamento dei costi e il miglioramento tecnologico che vanno sperimentando le fonti energetiche alternative, sono quei fattori, tra gli altri, che hanno portato a un'eccedenza sempre maggiore nell'offerta di petrolio.
Diversi dei paesi più grandi consumatori di energia, tra essi la Germania, il Brasile, gli USA, la Francia e il Giappone, negli ultimi anni hanno modificato la loro matrice energetica e hanno ridotto la loro dipendenza dalle importazioni petrolifere, sia sfruttando con maggiore efficienza i propri giacimenti petroliferi, convenzionali e non convenzionali, sia con la sostituzione parziale e progressiva del petrolio con il gas naturale e le energie rinnovabili, oppure con la combinazione di entrambe.
Il risultato globale è che la fornitura di energie fossili liquide sta crescendo molto più rapidamente che la sua domanda, come mostra il grafico: dal 2009, quando le due erano in equilibrio quasi perfetto, fino al 2015, la fornitura totale mondiale è cresciuta del 12.7%, mentre la domanda è aumentata solo dell'8.6%.
Il futuro dell'economia petrolifera
Anche se questo processo si è fatto notare pienamente solo negli ultimi due anni, non bisogna commettere l'errore di considerarlo un fenomeno congiunturale associato a circostanze passeggere o a decisioni politiche puntuali: si tratta di un cambiamento strutturale progressivo in sviluppo da diversi anni, nato dall'evoluzione stessa dell'industria energetica che sta trasformando la dinamica del mercato petrolifero in modo profondo e irreversibile e che potrebbe impedire forse, a medio termine, anche per sempre, una ripresa del prezzo del greggio fino a livelli simili a quelli raggiunti nel passato recente.
A questo panorama bisogna adesso aggiungere gli effetti che avrà nel futuro quasi immediato il recente accordo del Vertice contro il Cambiamento Climatico (COP-21), in cui la totalità dei paesi del mondo si è impegnata a contenerela crescita del consumo di combustibili fossili entro il 2030 e interrompere il loro uso entro il 2050. Questo significa, da un lato che da ora cominceranno ad entrare in attodiversi meccanismi di disincentivazione del consumo di combustibili fossili e dall'altro lato che la maggior parte dei nuovi investimenti nell'industria energetica saranno orientati verso lo sviluppo delle tecnologie alternative. Affinchè si compia l'accordo COP-21, la maggior parte delle riserve petrolifere restanti nel pianeta, incluso quelle di alta qualità, rimarranno per sempre nel sottosuolo per mancanza di domanda.
Questo rappresenterà la fine del commercio petrolifero come lo abbiamo conosciuto fino ad oggi e renderà difficile la vita dell'OPEC, che controlla una porzione sempre maggiore di mercato petrolifero e che potrà arrivare ad avere una minuscola incidenza sul mercato energetico consolidato. Questo significherà, allo stesso tempo, l'esaurimento definitivo del modello monoproduttore-estrattivo che è stata la base economica venezuelana per decenni e che è stato intensificato negli ultimi 20 anni. Per questo, stiamo esortando più che mai a dirigersi verso un'economia produttiva e diversificata.
* Membro del CC del Partito Comunista del Venezuela (PCV)
Nota aggiunta:
Cos'è la COP-21?
La 21° Conferenza annuale del Vertice dell'ONU contro il Cambiamento Climatico (COP-21) ha avuto luogo a Parigi tra novembre e dicembre 2015 con la partecipazione di 195 paesi. La COP-21 ha avuto come obiettivi iniziali lo sviluppo di meccanismi specifici per implementare ed estendere gli obiettivi del Protocollo di Kioto (1997) e la ricerca di disposizioni per eludere le obiezioni di alcuni paesi, come USA e Canada, a questo Protocollo.
Anche se il documento finale della COP-21 è un accordo quadro che non stabilisce in modo tassativo e non esplicita termini specifici, i paesi partecipanti si sono impegnati a cominciare a ridurre entro il 2030 le loro emissioni nette di carbone (gas di "effetto serra") come prodotto della combustione dei combustibili fossili e il raggiungimento del livello di "zero emissioni nette" a metà del secolo. Allo stesso tempo, si sono impegnati a partecipare ad un piano di finanziamento per una somma di 100 miliardi di dollari annuali a partire dal 2020, per sviluppare le tecnologie di energie rinnovabili, sostenere il loro uso globale e disincentivare l'uso dei combustibili fossili.
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