www.resistenze.org - popoli resistenti - vietnam - 01-03-06

Meglio tardi che mai

La nuova letteratura del Việt Nam arriva in Italia


di Sandra Scagliotti

 

Ostilità e polemiche


L'estate italiana insieme con la pioggia, ha portato un diluvio letterario, o meglio, un diluvio di parole - non sempre lusinghiere - sul Việt Nam, originatosi in occasione del conferimento di un riconoscimento alla scrittrice vietnamita Duong Thu Huong, nell'ambito del Premio Grinzane Cavour. A dare nuovo fiato alle trombe, ecco che Nguyen Huy Thiep, eccellente capofila di quella "generazione senza concessioni" - autore che, dopo il Doi Moi, ha dipinto il Việt Nam di nuova cultura -  si reca a Mantova, per il Festival della Letteratura. Sin dal 1990, il Centro di studi vietnamiti,con notevoli sforzi di traduzione (diretta, dal vietnamita) e pubblicazione,aveva cercato di promuovere la nuova letteratura del Việt Nam[1]. Eccezion fatta per l'editrice Marietti di Genova, che, nei primi Anni Novanta, ha pubblicato Il messaggero celeste di Pham Thi Hoai (da noi curato con Phan Huy Duong), gli sforzi di allora, tuttavia, non furono sufficienti a scuotere dal torpore l'editoria italiana, fino ad oggi sorda ai richiami letterari provenienti dal Việt Nam. Ora, grazie al lavoro dell'Obarrao - unica a tradurre direttamente dal vietnamita - della E/O e della Garzanti, possiamo leggere in lingua italiana due esponenti della nuova corrente di scrittori: Nguyen Huy Thiep e Duong Thu Huong. Si legge tuttavia senza un preciso quadro di riferimento, conseguenza inevitabile del tipico silenzio mediatico italiano di questi anni e  della quasi totale indifferenza dei mezzi di informazione nei confronti del Việt Nam e di quanto questo Pease ha elaborato e costruito dal 1975 ad oggi.  Per trent’anni, vuoi per distrazione o, peggio, “perché nulla faceva scalpore”, sono state occultate le dinamiche della ricostruzione di un intero paese e le manifestazioni della vita materiale, culturale, scientifica ed artistica del suo popolo. Perciò non v'è da sorprendersi se scalpore oggi lo provoca il caso della scrittrice Duong Thu Huong: i principali quotidiani italiani non si sono risparmiati ed hanno fatto a gara nel dipingere il tranquillo, pacifico Việt Nam come... il regno del feroce Saladino. Per queste ragioni, e per meglio comprendere, il Centro di studi vietnamiti ha voluto incontrare la scrittrice, che è venuta a visitarci nel mese di giugno, e presso la nostra sede ha incontrato esponenti del Gruppo Viet Kiệu Italia ed alcuni studenti dell'Università di Torino. Risultato: nessun gulag da mettere sotto i denti, come sagacemente affermava qualche tempo fa Phan Huy Duong, scrittore vietnamita di Francia e traduttore delle versioni francesi di tutti i romanzi di Huong. Solo dolore sordo - derivato da una storia personale drammatica - e profondo, incomprensibile, apparentemente irrazionale astio, esteso alla storia, alla nazione ed alla popolazione vietnamita, che Huong descrive acremente come incolta e passiva. Parole che ci hanno scosso e deluso, ma che vanno ricondotte, crediamo, all'ambito del privato di una donna che ha avuto una vita travagliata e difficile. Sulla questione Duong Thu Huong, qui al CSV, ci siamo soffermati, a livello di dibattito interno ed abbiamo interpellato autorevoli amici francesi, come il Professor Charles Fourniau e Philippe Dumont, direttore della rivista Carnets du Việt Nam. Le loro considerazioni sulla eco della visita italiana e francese di Duong Thu Huong ci sono state preziose ed hanno confermato come tanto negativo rumore sia da addebitarsi, non lo ribadiremo mai abbastanza, alla grave disinformazione italiana nei confronti dell'attualità vietnamita. Una disinformazione che, ancora una volta, porta i mass-media ads assimilare con troppo disinvolta superficialità, il Việt Nam alla Cina, mutuandone il panorama di riferimento, nel tentativo di individuare gli stessi "germi della dissidenza", laddove sarebbe necessaria un'analisi approfondita e completa che, descriva, dapprima, senza valutare. Questa analisi conoscitiva, tuttavia, ad oggi, nel nostro Paese e nella nostra lingua, non è stata ancora compiuta; mancano adeguati strumenti di studio, informazione e comprensione che non siano segnati da una palese presa di posizione politica e considerino l'impatto che, anche nel Paese d'origine, questa nuova letteratura (i suoi contenuti come la sua forma) ha provocato: "un pugno nello stomaco" - come fu definito dai suoi primi lettori vietnamiti il Generale in pensione, primo racconto di Nguyen Huy Thieppubblicato Việt Nam. Le "nuove parole del Việt Nam", auspicate espressamente nel 1986, dall'allora segretario del PCV, Nguyen Van Linh - che aveva invitato gli scrittori e gli artisti vietnamiti a “esporsi in prima linea per ri-mobilitare lo spirito dei cittadini, sviluppare il loro senso critico e, all'insegna di nuove esigenze democratiche, suscitare un autentico movimento sociale in vista del rinnovamento del paese" - esplosero con fragore in un panorama letterario ed artistico imprigionato fra retorica nazionalistica e incerto fra vecchi modelli di impronta classica, cinese e francese.[2] A quelle parole, alle parole degli scrittori di "nuova cultura" - scrivevamo già nel 1991, con Phan Huy Duong, "c'è da augurarsi che l'Occidente dedichi un po' più di quella distratta curiosità che si riserva i graffiti deel cavene preistoriche"[3]...

 

Malintesi occidentali


La presenza italiana di Nguyen Huy Thiep, sembra aver apportato qualche elemento nuovo, se come scrive M. Gersony (Giornale 9-9-2005), lo scrittore si ostina a ripetere «Niente politica, racconto il Việt Nam di tutti i giorni». E, nuovamente, i quotidiani italiani affrontano - troppa grazia - la letteratura vietnamita, attraverso le vicende personali del narratore: "nato nel 1950 in un villaggio alla periferia di Ha Noi, frequenta scuole cattoliche sebbene di madre buddhista e nonno confuciano, fa mille mestieri, affronta vicissitudini varie e poi i primi libri, alcuni dei quali provocano scandalo, gli editori che li rifiutano e il potere che lo relega agli arresti domiciliari". Ma, dice Thiep, "non è vero niente, è un malinteso occidentale. In realtà, nasce contadino, a scuola non ci è andato fino a undici anni e il cattolicesimo l'ha respirato là dove c'erano gli insediamenti cattolici, ma che per il resto è un autodidatta..."

- “Di quale religione si sente”, chiede la cronista

- “Di tutto unpo'” è la risposta.

- “E con il regime, problemi?”

- “Sono sempre andato d'accordo; certo, prima dell'86 era dura per tutti, erano tempi da talebani; e anche in seguito qualche tensione c'è stata, come quando nel '91 la polizia mi ha perquisito la casa... Fino al '94 i miei libri non erano stati pubblicati, forse perché c'era una situazione politica difficile”.


«Adesso è acqua passata - segnala la cronista - Thiep parla del Việt Nam di oggi in un modo assai diverso da quello descritto dalla collega Duong Thu Huong, la dissidente - scrive testuale Gersony - che aveva lanciato il suo j'accuse contro l'utopia che, a sua detta, aveva ingannato il Paese. A proposito di Huong dice Thiep: "La stimo - ma la penso in modo diverso. Non scrivo per far politica, ma per raccontare la vita di tutti i giorni, della mia gente. Quello che ci si aspetta da uno scrittore è che scriva un buon libro". E conclude: "Voglio precisare che sono uno scrittore libero, che posso esprimere i miei pensieri liberamente, e che nessuno mi pone limiti di alcun genere"». La cronista non si esime dall'apostrofarlo con ironica chiosa: "Salutiamo, ringraziamo e lo rassicuriamo che lo avevamo capito"...

Nel bene e nel male, pur con zoppicanti conoscenze e preconcetti, la letteratura vietnamita diviene così anche "italianamente", affar nostro. E, già che di letteratura si parla e si parlerà ancora, ci soffermiamo qui di seguito sugli eventi dell'estate che hanno visto protagonista Duong Thu Huong.

 

Superare gli stereotipi

La scrittrice Duong Thu Huong in Italia


È quanto meno bizzarro: del Việt Nam, i nostrani mezzi di comunicazione - stampa, radio, televisione - non parlano quasi mai, ma, in compenso, quando lo fanno, è quasi scontato che soggiacciano alla facile tentazione di riproporre un´immagine stereotipata, o ancor peggio stigmatizzando, senza nulla saperne, l'«apparato repressivo» di questo Paese... Ci si limita tutt´al più, alla riproposizione di immagini desuete, quella, ad esempio, di un Việt Nam dipinto come elefantiaco apparato politico-militare - modello angusto e parziale, con cui il paese è salito all'attenzione del mondo, per risultare, poi, come imprigionato e compresso in quella simbologia, cristallizzato nella sua dimensione di guerra ad oltranza e penuria; oppure ecco il Việt Nam descritto come promettente «drago economico» del Sud-est asiatico, nuovo «Eldorado dell´economia» per investitori occidentali, a cui se c´è qualcosa da perdonare, tutto si perdona - o si ignora - per convenienza, per denaro. Il Việt Nam e il Sud-est asiatico nel suo complesso, costituiscono aree politico-culturali trascurate nell´ambito della moderna asiatistica, così come nelle cronache giornalistiche. Eppure, la conoscenza di questo angolo dell´Asia, del suo presente, della sua cultura e del suo passato storico, ci consentirebbe di ottenere strumenti utili per comprendere la complessità del mondo in cui viviamo. Ma il "tritatutto" dell'imperante omologazione culturale dei mezzi di comunicazione, a quanto pare, deve produrre notizia e scoop, più che una corretta informazione. Indagare a fondo, per conoscere, quelle realtà, appare oggi per contro, come una necessità imprescindibile per meglio equilibrare il bagaglio politico e culturale dei nostri tempi. Non dobbiamo dimenticare infatti che la metà della popolazione della terra vive nell'Asia del Sud-est e gli scambi tra la Cina e gli Stati Uniti stanno divenendo uno degli elementi più importanti dell´equilibrio mondiale. La sola Asia del Sud-est è abitata da mezzo miliardo di persone, ma questa regione non evoca in noi occidentali che immagini di spiagge piene di palme, sconvolte recentemente dal terrorismo... e da Tsunami. Nel cuore del Sud-est asiatico, il Việt Nam è in pieno sviluppo economico, prosegue un´esperienza sociale ed economica di grande interesse e, alla luce dei più recenti effetti del doi moi -  la politica di rinnovamento intrapresa dal governo vietnamita nel 1986, allo scopo di dare avvio, per mezzo di una grande riforma economica, alla transizione dall´economia centralizzata all´economia di mercato -  ha dimezzato la povertàdi reddito (dal 60% del '90 al 32% del 2000) e ha ridotto la mortalità infantile, dimostrando, come segnala il Rapporto UNDP 2005 sullo sviluppo umano, che il progresso rapido è possibile

 Non sono tutte rose e fiori ed è certo, numerosi problemi permangono ancora irrisolti, anche se di questo i leaders vietnamiti sembrano essere consapevoli. La situazione è tanto dinamica ed effervescente quanto magmatica, in un Paese che, dal 1986, ha aperto le sue porte ad un turismo (oggi in crescita vertiginosa) ed agli investimenti stranieri.

 

Transizione e mutamento, cultura e società


È bene sottolineare che la produzione artistica ed intellettuale è da sempre considerata in Việt Nam in una dimensione quasi sacrale: perfino al tempo dei bombardamenti sul Nord, nei rifugi, nelle scuole smantellate e poi ricostruite nelle foreste, nei tunnels di Cu-Chi, nel Sud del paese, in sperduti villaggi, i Vietnamiti continuavano una intensa attività didattica, di studio dibattito e divulgazione - cui faceva da sfondo il rombo della contraerea. E, durante la ricostruzione post-bellica, senza carta, senza materiali di cancelleria, senza risorse economiche da destinare alla cultura, il Việt Nam pubblicava copiosamente libri: a fronte della perdurante disattenzione dell´editoria italiana nei confronti della cultura e della letteratura vietnamita - fra le più ricche ed interessanti del Sud-est asiatico[4] - i principali romanzi italiani sono tradotti in vietnamita; esistono traduzioni parziali perfino de La Divina commedia - opera alla quale un italianista di Hà Noi, il Professor Nguyên Van Hoàn, sta tutt´ora lavorando per trarne una versione integrale direttamente tradotta dalla nostra lingua. «Occuparsi di letteratura, dicono i Vietnamiti, è cosa tanto importante quanto fare la guerra». E nella capitale, i Vietnamiti, alla letteratura hanno dedicato un tempio. Nonostante tutto ciò, l´occasione della consegna del premio Grinzane-Cavour alla scrittrice vietnamita Duong Thu Huong, invece di fornire lo stimolo per avvicinarsi con curiosità ad un paese dalla civiltà quadrimillenaria, un paese oggi prospero e tranquillo - diviene pretesto per lanciare violente accuse:


«Duong Thu Huong prigioniera» (La gazzetta del Mezzogiorno 10/6/2005), «Viet Nam nega il visto per la scrittrice» (Avvenire 14/6/2005), «Viet Nam e Cuba, vecchi idoli degli smemorati» (La Stampa 12/6/2005). Solo un titolo si è riferito al caso in termini più confortanti, «L´inizio del disgelo» (La Stampa 14/6/2005).

Ecco una nuovo caso di confronto fra culture in cui proporsi, senza troppo interrogarsi ed informarsi, come generosi paladini della democrazia, dimentichi del dibattito sui «valori e sul profili asiatici», della «via nazionale» e della legge del «vantaggio del ritardo» (L´Asia avanza, l´Europa arretra), per affermare, non una nuova solidarietà ma, piuttosto, nuove rivalità economiche e nuove supremazie diplomatiche: non uno dei difensori di generiche libertà sembra essersi dapprima premurato di prendere contatto con le autorità vietnamite, per chiedere spiegazioni e chiarimenti tanto che, in un comunicato, l´Ambasciata vietnamita, che ha sede a Roma, fa sapere: «È spiacevole che in tutto questo processo di selezione del Premio Grinzane-Cavour, uffici ed enti competenti vietnamiti non siano mai stati consultati». E sottolinea che «dialoghi miranti a trovare la comune soluzione dei problemi siano preferibili ad accuse infondate divulgate sui mezzi di informazione nazionali, un gesto pregiudiziale e profondamente ingiusto nei confronti di un paese e di un popolo che ha combattuto per la dignità e la libertà»..

 

Denuncia, desideri, valori necessari…


La scrittrice Duong Thu Huong, originaria della provincia di Thái Bình, è un'ex-combattente. In pieno conflitto, scelse deliberatamente di vivere e partecipare alla lotta politica nella zona del 18° parallelo, la più bombardata di tutto il paese, in cui rimase fino alla fine della guerra. Dal 1985, con verve mai scevra di polemica politica, in numerose pièces satiriche, brevi saggi, racconti e romanzi - fra cui Bên kia bo ao vong (Al di là delle illusioni), pubblicato in Việt Nam in quello stesso anno, ha denunciato il degrado morale delle classi medie del paese. Duong Thu Huong fu parte del processo di rinnovamento letterario del Việt Nam. Scrittrice, donna, cittadina e comunista, come lei stessa si definiva sino a qualche tempo fa, Huong non rappresenta "un emblematico caso di dissidenza intellettuale": sostiene il suo traduttore francese, lo scrittore Phan Huy Duong "non v´è dissidenza nelle sue parole, solo dolore, il dolore sordo della lacerazione che anni di duro conflitto e di faticosa ricostruzione hanno imposto". I primi romanzi di Duong Thu Huong sono secchi, perentori, duri e talvolta quasi infantilmente "sopra le righe", ma la critica e l´asprezza di giudizio si limitano, in prevalenza, a denunciare le distorsioni che, nel corso degli anni, gli stessi Congressi del partito - ed alcuni segretari illuminati - hanno più volte messo in luce (corruzione dei quadri intermedi, episodi di arroganza e incompetenza politica, incapacità gestionale, casi di prevaricazione, ricorso alla propaganda politica per fini personali). Come già hanno fatto tante altre donne del Sud del mondo, Huong all'inizio del suo percorso di scrittrice, prende la penna per un incontenibile desiderio di espressione, per delineare il volto perduto di un popolo e di un paese che troppo a lungo, e per esigenze imprescindibili, ha dovuto rimandare ad un futuro incerto e lontano la realizzazione di sogni e desideri. E scrive, nel difficile dopoguerra, in una società sulla via della pacificazione, mossa dalla passione, nella ricerca di nuovi valori umani - "un lusso necessario per il Việt Nam contemporaneo" - per citare le parole di un "grande vecchio", il celebre e compianto Nguyên Khac Viên. Nei suoi primi romanzi, la scrittura non appare sterile né distruttiva e, anche se, come qualcuno ha detto, "una donna che scrive vale il suo peso in dinamite", non è una deflagrazione nefasta che, ci pare, Huong possa derivere da quelle sue prime parole, ma piuttosto un fertile dibattito, quel dibattito che lo stesso Nguyên Van Linh, rivolgendosi agli scrittori, aveva voluto incentivare durante il VI Congresso del partito, un dibattito che, dopo aver interessato l´economia, sta progressivamente, e pur a fasi alterne, di avanzamento e stasi, estendendosi alla cultura...

 

Qualcosa è cambiato. Dalla provocazione all'odio

Gli obbrobri semplicistici della stampa italiana e l'inospportabile acredine di Huong


Duong Thu Huong, a dispetto delle voci di Cassandra che annunciavano la sua assenza dovuta a motivi politici, è giunta a Torino e ha ritirato il suo premio. E questo è un fatto incontestabile.

L'avevamo più volte intervistata - su queste stesse pagine - anni or sono. E le sue parole, benché veementi, ci erano sembrate parte di quel processo - difficile e contradditorio, eppur dinamico - di apertura che interessava il Việt Nam negli Anni Novanta. Oggi, i suoi romanzi sono tradotti in numerose lingue - unica autrice nel panorama degli scrittori vietnamiti a veder tradotta integralmente tutta la sua produzione letteraria in lingua francese - Huong ha ottenuto una certa notorietà e la stampa internazionale, a caccia di eroi da difendere, la vezzeggia; qualcosa in lei sembra tuttavia essere mutato, è maggiore la sua acredine, meno lucida e più contraddittoria la sua analisi, più ricorrenti gli slogans preconfezionati. Sembra ergersi a giudice della storia, Huong, che ripete - lo ha fatto anche qui, al CSV, nel corso della sua visita nel giugno scorso - "Credo che resterò fedele al mio cammino e spero per far luce sulla storia del nostro paese e del nostro popolo, eliminare la paura viscerale che opprime il mio popolo e ridurre l'ignoranza e l'imbecillità che domina nella maggior parte delle persone che vivono nel mio paese". E liquida il conflitto che oppose il Việt Nam agli Stati Uniti, come: "il più imbecille della nostra storia", definisce i suoi compatrioti "ignoranti e sottomessi al potere", mentre plaude all'allora regime filo-americano del Sud, "molto più avazanto e migliore - afferma - di quello del Nord". Parole che ci lasciano attoniti.


Mi scrive l'amico Philippe Dumont, capo-redattore di Carnets du Việt Nam: "Ho dato uno sguardo a quanto riportato dalla stampa italiana in occasione della visita nel vostro Pease di Duong Thu Huong: vi ho ritrovato la stessa situazione di quando, dieci anni fa, Huong venne per la prima volta in Francia. I mass media l'avevano trasformata in una “pasionaria”, un'icona vittima del totalitarismo e le Autorità francesi le avevano assegnato il titolo di Cavaliere delle Arti e delle Lettere. Tutto quel fragore mediatico si scontrava con i suoi stessi propositi che, per quanto franchi ed espliciti, restavano allora calmi e misurati. V'è da chiedersi se il suo successivo appartarsi dal gioco mediatico internazionale non sia stata una sua scelta personale. Quando nel marzo 2005 l'abbiamo invitata in Francia, in occasione della Festa delle donne, ho avuto l'impressione che fosse lei stessa a rifiutare l'invito piuttosto che un impedimento dovuto ad eventuali ostacoli burocratici. Del resto Nguyen Huy Thiep - che dice cose egualmente critiche - circola allegramente in Europa. E ad oggi (la lettera è datata primo luglio 2005, a un mese di distanza dalla visita in Francia della scrittrice, reduce dal Grinzane Cavour - N.d.A) non si è registrato alcuno scandalo nel nostro Paese".


E, mi scrive Charles Fourniau, fra i più noti ed autorevoli specialisti di storia vietnamita:" Abbiamo conosciuto in Francia, lo stesso genere di manifestazioni di ostilità nei confronti della Repubblica socialista del Việt Nam, circa dieci anni fa, quando la Signora Huong venne per la prima volta nel nostro Paese. La politica francese ha ben presto realizzato tuttavia quanto importanti fossero le buone relazioni con il Việt Nam e questo genere di manifestazioni è ben presto cessato". L'Associazione di amicizia Viet Nam-France, rifiuta ogni commento su questo genere di fatti, opponendo precise ragioni: "innanzitutto - scrive ancora Fourniau - occorre considerare che la letteratura vietnamita contemporanea è molto ricca e sarebbe necessario moltiplicare le traduzioni per avere una chiara idea del panorama letterario nel suo complesso e della reale diversità delle opere - comprese le grandi opere scritte dopo il 1945”. È interesse della Francia - non meno che dell’Italia, crediamo, mantenere le migliori relazioni possibili con il Việt Nam, sia sul piano culturale, sia sul piano politico ed economico e, conclude Fourniau, "noi pensiamo che sia necessario bandire ogni manifestazione dichiaratamente ostile. E, del resto, queste lotte di retro-guardia appaiono assai meschine, a fronte di ben più imponenti problemi, come ad esempio, il sostegno alle vittime dell'Agenete arancio. Inoltre, nella rapidità d'evoluzione del Việt Nam, che si può ascrivere all'accelerazione del cambiamento in seno agli equilibri mondiali, si può, io credo, guardare con disprezzo a questi sussulti arretrati dei nostri avversari"...


Parole che fanno riflettere. Si verifica in Italia quanto è avvenuto dieci anni fa in Francia, dove oggi, Duong Thu Huong non fa più scandalo - altro segnale del ritardo italiano - nonostante le sue parole siano più crude rispetto ad un tempo. In Francia, dove il dibattito sul Việt Nam in generale e sulla nuova letteratura, in particolare è più avanzato, si assiste ad una contestualizzazione dei fatti. Da noi prevale invece il sensazionalismo, lo scoop a tutti i costi, il blaterare privo di fondamento e soprattutto la mala-informazione."Occorrerebbe stimolare gli spiriti - sono ancora parole di Dumont - non proporre lezioni politiche.". In altri termini: trattandosi di letteratura, è di letteratura che si deve parlare...



Pubblichiamo, per completare le informazioni, il testo delle lettere dall’Ambasciata della RS Việt Nam in Italia e del Sen. Fausto Cò, Presidente dell'Ass.nazionale Italia-Viet Nam a Giuliano Soria, Presidente del Premio Grinzane Cavour, a fronte della diffusione, sui massimi quotidiani italiani, di accuse miranti a diffondere un’immagine negativa del Việt Nam. Soria, con parole grevi, ignorando la lunga tradizione culturale di questo Paese e la sua straordinaria attenzione per la letteratura, ha così denunciato la mancata concessione del visto alla scrittrice: «Passano i decenni e le ideologie - scrive Soria - ma la scrittura e l’informazione continuano a rappresentare il primo bottino della dittatura. Che questo avvenga in Việt Nam, paese ove sono morte su schieramenti opposti milioni di persone per la libertà, è inquietante»...

 

 

 

 

Lettera dell'Ambasciata della Repubblica Socialista del Việt Nam in Italia, indirizzata a Giuliano Soria, Presidente Premio Grinzane Cavour

Siamo spiacenti di dover richiamare la Sua attenzione sul fatto che, in questi ultimi giorni, alcuni giornali italiani, ricorrendo a fonti di responsabili del Premio Grinzane Cavour, hanno divulgato infondate informazioni sul Việt Nam nel caso della scrittrice vietnamita Duong Thu Huong. È spiacevole che in tutto questo processo di selezione del Premio, uffici ed enti competenti vietnamiti non sono stati mai stati consultati e dialogati. Si ricorda che dialoghi miranti a trovare soluzione di problemi siano molto meglio di accuse infondate pubblicate su mezzi di informazione. Riteniamo che questo sia un gesto puramente pregiudiziale e profondamente ingiusto nei confronti di un paese, un popolo che ha fieramente combattuto per la dignità e la libertà umana come il popolo vietnamita. Siamo certi che Lei, Sig. Presidente, ricorderà quante volte nel passato il popolo vietnamita è stato vittime di calunnie da parte di aggressori stranieri. E noi non lo vogliamo mai più. Il Việt Nam e l'Italia si sono legati da profondi legami di amicizia e di rispetto reciproco Quindi riteniamo chee tutti noi abbiamo il dovere di salvaguardare questo prezioso patrimonio.

Roma, 16 Giugno 2005

Seguono saluti e firma

 

 

 

Lettera del Senatore Fausto Cò, Presidente dell'Ass. Nazionale Italia-Viet Nam, indirizzata a Giuliano Soria, Presidente Premio Grinzane Cavour

Egregio Signor Giuliano Soria,

Presidente Premio Grinzane Cavour

Le scrivo in qualità di Presidente dell'Associazione Nazionale di Amicizia Italia- Việt Nam in relazione alle dichiarazioni rilasciate sia da Lei che dalla scrittrice Duong Thu Huong, in occasione della consegna a quest'ultima del Premio Grinzane Cavour 2005. La diversità di approccio culturale ai romanzi della scrittrice che ci contraddistingue sta in questo: noi siamo lieti che il nostro paese tributi un riconoscimento ad una intellettuale vietnamita e vorremmo che l'interesse mostrato nell'occasione rimanesse sempre così intenso, ma esteso a tutta la produzione culturale vietnamita. Voi cogliete l'occasione della premiazione per denigrare un popolo intero e la sua cultura, anche politica. Sapesse quante critiche quotidianamente rivolgiamo agli amici vietnamiti, magari con la presunzione di essere ascoltati. Ma c'è un punto che teniamo sempre fermo nel confronto: noi non abbiamo un punto di vista superiore tale da poter affermare: noi siamo i docenti, voi i discenti. Non mi pare che noi occidentali possiamo dire di essere un esempio per i vietnamiti. In Việt Nam non sono morti milioni di persone su opposti schieramenti per la libertà, come Lei afferma.

I vietnamiti hanno combattuto per la libertà e sono morti. Gi americani hanno combattuto contro la libertà di un popolo e sono morti per una causa ingiusta. In ogni caso molte, se non tutte, le critiche che la scrittrice svolge, le abbiamo già lette in molti documenti ufficiali del partito comunista vietnamita. Segno quantomeno di un" attenzione. Ognuno può definire sé stesso o gli altri come vuole. Dissidente è la parola. Resta il fatto che la scrittrice ha pubblicato i suoi scritti anche in Việt Nam. Fra i Quali "Al di là delle illusioni" nel 1985. Credo che ciò non sarebbe potuto accadere se, durante la ricostruzione post-bellica, nonostante la mancanza di carta, di materiali di cancelleria e di risorse economiche, il Việt Nam non si fosse ostinato a pubblicare copiosamente libri, mentre la cultura italiana era totalmente disattenta nei confronti della cultura e della letteratura vietnamita, la più ricca e interessante del Sud-Est Asiatico. E lo è tuttora, visto che perfino le traduzioni, poche, di opere vietnamite sono fatte da lingue occidentali e non direttamente. Al contrario, i principali romanzi italiani da molto tempo sono tradotti in Vietnamita e perfino "La Divina Commedia" è stata parzialmente tradotta. Come vede anche la nostra critica non ha alcun interesse strumentale. Cordialità,

Fausto Cò

Piacenza, 29 giugno 2005

 



[1] Si vedano i vari materiali prodotti, fra cui "Hai mai visto un popolo che smette di crescere"(Terzo Mondo Informazioni, Torino 1990), "Senza concessioni, la nuova letteratura del Việ Nam" "(Terzo Mondo Informazioni, Torino 1991), i vari articoli su Mekong e i più recenti saggi brevi su Quaderni vietnamiti

[2] Si veda su questo tema, ns. articolo "Parole (in sintesi) dal Việt Nam. Approccio al nuovo Việt Nam, attraverso uno sguardo letterario", Mekong. N.7 Autunno-Inverno. Torino, CSV 2004, pagg. 54-66

[3] PHAN HUY DUONG, SCAGLIOTTI SANDRA, "Postfazione"a PHAM THI HOAI, Il messaggero celeste, Genova, Marietti 1991, pp. 143 -152

[4] Segnaliamo che l'interesse dei nostrani editori per la letteratura contemporanea vietnamita è fatto recente e sporadico e si limita per lo più a traduzioni da lingue occidentali e non dirette.