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Proletari@ intervista Giorgio Cremaschi
Bologna, 19/10/2009
di Virginio Pilò
La diversità operaia.
- Giorgio Cremaschi, lo sciopero e le manifestazioni del 9 ottobre sono andate benissimo. Lo stato di salute della FIOM risulta più che tonico e testimonia un radicamento ed una credibilità tra i lavoratori, non solo i propri iscritti, in continuo crescendo e senza pari tra le altre realtà sindacali. E’ infatti l’unica categoria confederata che accresce il numero di iscritti in una situazione invece di progressivo allontanamento dalle organizzazioni storiche. Una diversità che emerge nel confronto con le altre sigle, appunto, ma anche all’interno della stessa CGIL.
Saranno i continui richiami, tra gli altri, e la pratica di una democrazia interna, partecipata e vissuta realmente ed a partire dalla più piccola unità produttiva, a non confondervi con i “burocrati” come altrimenti vengono recepiti i vari funzionari sindacali?
Cremaschi. La rigorosa scelta di democrazia partecipativa informa la FIOM ed il suo stesso Statuto da oltre un decennio ed è per noi un punto qualificante per uscire anche dai vincoli della concertazione. La FIOM, proprio per mantenere vivo, non mediato e non subordinato il suo rapporto di fiducia e di credibilità con i lavoratori, ha scelto altresì un’altrettanto rigorosa indipendenza dai partiti. Giova ricordare le manifestazioni che abbiamo promosso e realizzato contro lo stesso governo Prodi per rimarcare la nostra stretta aderenza alle istanze rappresentate.
La nostra diversità non è quindi riassumibile nelle sole forme di rappresentazione, ma, forse soprattutto, nei contenuti delle nostre piattaforme.
Le contraddizioni interne.
- Esistono comunque critiche, direi sostanzialmente di “incalzo”, sulle contraddizioni che si registrano tra le proposizioni e la linea del gruppo dirigente versus una pratica sul campo più volte “conciliatoria” e mal digerita dagli operai. Una testa molto più radicale, articolazioni invece più morbide. E’ la contraddizione tipica di una grande ed articolata organizzazione o l’idea del conflitto non è poi così generalizzata?
Cremaschi. Mi pare del tutto fisiologico che ci siano forse delle lentezze in una grande organizzazione come la nostra, peraltro facilitate dal contesto di crisi attuale, ma non mi risultano esempi significativi che giustifichino la domanda. La FIOM è presente in ogni lotta, e questo è un dato incontestabile.
L’autonomia.
- Al congresso CGIL la Rete 28 Aprile, comprendente buona parte di delegati FIOM, presenterà un documento alternativo a quello di Epifani. Un fatto certamente positivo che consentirà finalmente di pesare la radicalità presente nel più grande sindacato confederale, ma anche la consequenzialità di scelte coraggiose, come il rifiuto all’accordo separato sottoscritto da CISL e UIL.
Non si rischia, tuttavia, di compromettere l’attuale autonomia della categoria più combattiva ai numeri di una maggioranza più moderata?
Cremaschi. No, semmai è vero il contrario. Sarebbe sicuramente compromessa l’autonomia di pratica e di giudizio se avessimo deciso di schiacciarci sull’appoggio ad Epifani. Giudico invece positivo che emerga un’area capace di progettualità alternativa e che raccoglie il consenso di buona parte della Funzione Pubblica, oltre che della FIOM. Piuttosto è facile intuire la crisi programmatica che attraversa Lavoro Società che, non a caso, si presenterà a supporto di Epifani.
La CGIL è ad un bivio: o rientra nella logica della concertazione, e in un contesto ancor più arretrato di quello del ’93, oppure riparte dal conflitto. Noi cerchiamo di ancorarla su questa seconda strada.
L’accordo sul Contratto Metalmeccanici appena siglato da FIM e UILM senza la FIOM, ovvero il maggior sindacato della categoria, oltre a segnare un incredibile vulnus alla reale rappresentatività e dalle conseguenze davvero gravi per tutti i lavoratori, è ormai un vero e proprio spartiacque. La FIOM ha deciso, autonomamente, di non firmare quel contratto, ma non si limiterà a ciò: la FIOM contrasterà in ogni modo e luogo l’applicazione di quell’accordo.
Questa è la nostra prassi nella categoria, e così intendiamo dare coerenza e continuità alla Confederazione Generale nella scelta di non firmare l’accordo sulla riforma del modello contrattuale. La lotta va sviluppata fino in fondo.
I riferimenti politici.
- Seppure tra molti giri di parole, si percepisce chiaramente il PD quale partito di riferimento dell’attuale maggioranza CGIL. E’ arduo, del resto, indicare una sponda altrettanto “autorevole” più a sinistra. Non credi che l’assenza di una forza comunista organizzata ed una reale sinistra presente anche nelle istituzioni indebolisca oggettivamente la CGIL, al di là delle soggettive tendenze?
E se si, non credi sia necessaria una forza politica “di classe” capace di interloquire, collaborare e supportare un sindacato di lotta?
Cremaschi. Certo che si. Ma, attenzione, non è cosa che si possa costruire a tavolino. Anche per questo ribadisco la giustezza della nostra scelta di assoluta indipendenza dal quadro politico. Non trovo, infatti, positive le esternazioni di Epifani e di altri importanti esponenti CGIL sul dibattito in corso nel PD.
Ma trovo anche sciocco che il sindacato possa supplire, da solo, al vuoto politico a sinistra.
Credo che sarà necessario un processo molto lungo e non facile di ricostruzione.
La situazione nostrana è ben diversa da quella in Germania ed una proposta come Die Linke non la reputo replicabile in Italia. La sinistra continuerà a scontare ancora a lungo la catastrofe avvenuta con l’ultimo governo Prodi.
La FLMU CUB.
- E’ questa la categoria più simile e, per certi versi, più vicina alla FIOM, ed è confederata col più grande sindacato di base italiano, la CUB.
Quali i rapporti con voi? Solo “competizione” o anche possibilità di dialogo e, magari in prospettiva, convergenze su punti e vertenze comuni?
Cremaschi. Laddove ci sono state vertenze e momenti comuni le cose sono andate bene, ma un rapporto vero e proprio non c’è. Esistono, è vero, momenti di confronto e di azioni comuni, ma sono per lo più legati a grandi temi, come manifestazioni contro il precariato, o più generali, quali manifestazioni contro la guerra o simili.
C’è da dire, tuttavia, che il nuovo sistema contrattuale e di relazioni sindacali interviene pesantemente sulle regole di democrazia sindacale, aprendo così un discorso ed una necessità sicuramente diversa da quanto finora praticato. La FIOM intende promuovere una legge sulla democrazia sindacale, a cominciare dall’abolizione del privilegio del 33% assegnato a CGIL, CISL e UIL nelle RSU del privato. Potrebbe essere questo un momento di possibile convergenza ed unità di azione col sindacato di base.
Il sindacato di classe.
- Con tutto il rispetto per la sinistra CGIL (Rete 28 Aprile e FIOM in primis), e con altrettanto rispetto per il sindacalismo di base, credi sia sufficiente l’attuale panorama sindacale in Italia per rappresentare compiutamente i lavoratori e le loro istanze, tanto più nello scenario attuale di crisi?Non sarà necessario, piuttosto, cominciare a discutere su un Sindacato di Classe, certamente da costruire?
Cremaschi. Si, ma anche per questo vale quanto detto sopra: i processi a tavolino non funzionano. Anzi, a dirla tutta, le “fusioni a freddo” hanno finora prodotto soltanto ulteriori scissioni.
Il sindacalismo di base deve proseguire il suo percorso. Vedremo se si svilupperanno le condizioni materiali per un discorso più avanzato.
Per il momento, per noi, è centrale ancorare la CGIL su posizioni più conflittuali.