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- proletari resistenti - lavoro - 18-01-10 - n. 302
Le CGIL sono due
18.01.2010
LEFT, intervista a Giorgio Cremaschi di Manuele Bonaccorsi.
L’esponente della sinistra sindacale contro Epifani, in vista del congresso di maggio: «Uniti solo a parole. Tra noi c’è chi vuole accettare il nuovo modello contrattuale». La polemica sul contratto dei chimici: pochi euro in cambio di molte concessioni. Così facciamo la fine del Pd. Le imprese tagliano e licenziano mentre noi parliamo di dialogo.
«Siamo completamente allo sbando. Nei fatti ci sono due Cgil, con due pratiche opposte: i lavoratori pubblici, la scuola, i metalmeccanici subiscono la logica degli accordi separati. Mentre altre categorie, i chimici e gli alimentaristi, firmano accordi in applicazione del nuovo modello contrattuale. La Cgil è unita solo a parole». Giorgio Cremaschi, componente della segreteria nazionale Fiom e leader della Rete 28 aprile, l’ala sinistra del principale sindacato italiano, ha il pregio della chiarezza. (...)
E non lesina parole e argomenti per attaccare la linea del segretario Guglielmo Epifani. Anche in vista del congresso col quale la Cgil sceglierà i suoi gruppi dirigenti. L’assise nazionale si svolgerà il 3 e 4 maggio a Rimini ma già in questi giorni nei luoghi di lavoro iniziano le prime votazioni. I lavoratori potranno scegliere tra due documenti: quello di maggioranza, proposto da Epifani, e quello di minoranza, intitolato “La Cgil che vogliamo”, appoggiato dallo stesso Cremaschi, insieme alla Fiom e alla categoria dei lavoratori pubblici, la Fp. Una divisione che sta rendendo infuocato il dibattito nel più grande sindacato italiano, forte di 5,5 milioni di iscritti. Anche se a molti non appare chiaro il vero oggetto del contendere. A molti, ma non a Cremaschi: «La vera posta in gioco del congresso è il nuovo modello contrattuale. Se accettarlo nei fatti o bloccarlo».
Il nuovo modello contrattuale, il documento che rappresenta la Costituzione delle relazioni industriali, firmato il 22 gennaio scorso da Confindustria, Cisl e Uil, è sempre stato osteggiato dalla Cgil.
Il no che abbiamo detto deve diventare una politica alternativa a quell’accordo. Il congresso serve a capire se il nuovo modello contrattuale va rovesciato o semplicemente emendato. Epifani continua a opporsi a parole ma nei fatti ha l’obiettivo di produrre qualche piccola modifica a quel documento. Come dimostrano gli accordi siglati nelle categorie degli alimentaristi e dei chimici.
Il contratto dei chimici è stato sottoscritto da tutti i sindacati, compresa la Cgil, lo scorso dicembre. Ed è subito diventato tema dello scontro congressuale. Perché?
Quell’accordo è perfettamente dentro al nuovo modello contrattuale. È la dimostrazione che ciò che la Cgil ha respinto dalla porta rientra dalla finestra. Il contratto dei chimici sottoscritto dalla Cgil è persino peggiore dell’accordo separato firmato da Cisl e Uil, e respinto dalla Fiom, nei metalmeccanici. È la dimostrazione che ormai esistono due Cgil. Chi si oppone e chi è dentro al nuovo sistema.
Il contratto dei chimici prevede 135 euro di aumento. Non le pare un buon risultato?
Gli industriali sono gente seria, sanno fare il loro lavoro. Se tu concedi loro premi di produzione variabili e legati all’assenteismo, elimini gli scatti di anzianità, introduci l’arbitrato per la cause di lavoro (proprio come vuole fare il governo con l’opposizione ufficiale della Cgil), aumenti la durata dei contratti a termine oltre quanto previsto dalla legge, beh, qualche euro in più te lo danno. Il segretario della Filcem-Cgil Alberto Morselli è ridicolo quando dice che il risultato raggiunto è buono dal punto di vista salariale. Con tutto quello che hanno concesso i sindacati, i padroni sarebbero stati dei pazzi a non firmare.
Morselli potrebbe rispondere che lui almeno ha strappato qualcosa mentre i metalmeccanici stanno subendo l’ennesimo accordo separato. E difficilmente potranno recuperarlo. Anche perché di questi tempi, con la produzione al lumicino, se scioperate le imprese vi ringraziano.
Non è così, la crisi non è uguale dappertutto, metà delle aziende è in cassa integrazione, metà fa gli straordinari.
Ok, ma la Fiom, che ha deciso di non firmare, cosa fa? Quale strategia, opposta a quella dei chimici, proponete alla Cgil?
Mettiamo in campo tre azioni. Uno, prepariamo due anni di conflitti articolati, fabbrica per fabbrica, per non applicare le flessibilità previste dal contratto che contestiamo. Due, siamo pronti ad azioni legali, abbiamo diffidato le imprese da applicare l’accordo separato, faremo centinaia di cause di lavoro. Tre, stiamo lavorando a una grande campagna sulla democrazia sindacale, a partire da una legge di iniziativa popolare, secondo la quale tutti gli accordi devono essere votati con un referendum dai lavoratori.
Beh, anche i chimici faranno votare l’accordo.
Non è vero, il referendum non lo fa nessuno in Cgil, escluso la Fiom. Una parte del sindacato non è d’accordo, e organizza consultazioni da anni Cinquanta, assemblee informative nelle quali ci si limita a dire: se i lavoratori mi hanno tirato i bulloni, allora sono d’accordo.
Basterà per bloccare l’accordo separato?
È difficile, ma non molliamo, anche perché questa è una fase decisiva. Nella storia sindacale c’è sempre stata una competizione tra modelli diversi: quello aziendalistico e partecipativo della Cisl, e quello conflittuale e solidaristico della Cgil. Ma i due modelli si riconoscevano tra loro. Oggi, invece, si vuole costruire un regime che cancella uno dei due modelli, per creare un sindacato dei servizi. Temo che in Cgil non tutti abbiano chiara la gravità di quanto sta avvenendo. Il nuovo modello contrattuale non sta costruendo una linea moderata: punta a cancellare il sindacato confederale.
La maggioranza di Epifani vi accusa di non aver a cuore la confederalità, cioè l’obiettivo di condurre a unità la rappresentanza del mondo del lavoro, che è un tratto storico della Cgil.
Sono loro a essere poco confederali. Spesso sotto la patina della confederalità si affermano nella Cgil le peggiori logiche di separazione. Se c’è un documento confederale è il nostro, l’altro dà per scontato che le categorie possano andare in direzioni opposte, come sta avvenendo oggi. È la conseguenza del fatto che in questi mesi non si è preso atto della profondità della frattura avvenuta con Cisl e Uil e con Confindustria, non solo col governo. Oggi la Cgil va avanti con dichiarazioni di facciate massimaliste a cui corrisponde una pratica moderata e conciliativa. Dinanzi a una realtà sociale drammatica, dove i costi della crisi si scaricano con pesantezza sul lavoro, rischiamo di ridurci al ruolo che ha, nella politica, il Pd. Le imprese vanno avanti come carrarmati con tagli e licenziamenti mentre noi parliamo di dialogo e non riusciamo a intervenire.
Come se l’obiettivo fosse tornare alla concertazione degli anni Novanta. Viene in mente la manifestazione del 4 aprile 2009, quando Epifani, al Circo Massimo davanti a due milioni di persone, chiede al governo un tavolo sulla crisi. E Berlusconi ribatte dicendo che il tavolo glielo avrebbe dato in testa.
Esatto. Epifani non ha capito che la concertazione non si riproporrà più. Oggi lo scambio non è tra moderazione salariale e riconoscimento di un ruolo del sindacato nella politica economica. Ciò che oggi si propone è un sistema nel quale il sistema decide e in cambio al sindacato riceve la mancia degli enti bilaterali. Le organizzazioni dei lavoratori rischiano di divenire una nuova Inps, un servizio clientelare, utile solo a difendere il posto dei sindacalisti. La Cgil non vuole questo. Ma per impedirlo non può restare in mezzo al guado, non può dire «né aderire, né sabotare». Su questi temi, invece, “la Cgil che vogliamo” ha preso una scelta di fondo.
Siete stati accusati di voler dividere la Cgil. Non si respira una bella aria, in corso d’Italia?
È vero, in Cgil oggi c’è un pessimo clima. La responsabilità è di tutti ma principalmente della maggioranza, che non riconosce legittimità alla minoranza. Noi poniamo dei problemi veri, si può non essere d’accordo con le nostre conclusioni ma non si può dire, come fa qualcuno nella maggioranza, che abbiamo presentato un documento alternativo per secondi fini. Proprio mentre la maggioranza realizza una chiamata di fedeltà burocratica tra i gruppi dirigenti.
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