www.resistenze.org - proletari resistenti - lavoro - 22-05-18 - n. 673

Di truffa in truffa

Eraldo Mattarocci * | nuovaunita.info

maggio 2018

Il 28 febbraio 2018 la Confindustria, sindacato maggioritario di parte padronale, e Cgil–Cisl-Uil, solo apparentemente difensori degli interessi dei lavoratori ma comunque sindacati maggioritari tra gli stessi, hanno sottoscritto un accordo che definisce "Contenuti e indirizzi delle relazioni industriali e della contrattazione" per gli anni a venire: né più né meno che un programma di ulteriori sacrifici per i lavoratori. Come primo passo, in questo ennesimo accordo antioperaio viene chiesto di trasformare in Legge l'accordo del 10 gennaio 2014 sulla Rappresentanza, cioè l'accordo che ha sancito la fine della fase di concertazione tra il padronato e la triplice sindacale per passare alla complicità e alla cogestione tra i soggetti firmatari. Di accordo in accordo, a partire da quello del Luglio 1993 che garantiva, con logica mafiosa, un terzo dei delegati delle RSU ai soliti noti Cgil–Cisl–Uil, passando per l'accordo del 10 gennaio 2014 che lega le mani ai delegati più combattivi e limita fortemente il diritto di sciopero, il tentativo è quello di impedire, in via formale e "legale", ogni forma di rappresentanza dei lavoratori autonoma dal padronato e dai suoi servi.

A fare da apripista per questa intesa con zero aumenti salariali e via libera per flessibilità, fondi sanitari e pensionistici è stato l'ultimo Contratto Collettivo Nazionale dei Metalmeccanici firmato da Fim-Fiom-Uilm. Stiamo parlando, per intenderci, del peggior contratto mai sottoscritto dalla categoria, quello che ha portato i metalmeccanici ad essere sbeffeggiati con un aumento di ben euro 1,7 mensili lordi nel 2017 e di euro 1,9 mensili lordi nel 2018. Proprio muovendosi sulla falsariga tracciata, tra gli altri, da Landini, beniamino di tutti i radical chic del paese, l'accordo del 28 febbraio svuota completamente la contrattazione nazionale a favore di quella di secondo livello che rimane legata unicamente alla produttività, cioè agli interessi dell'impresa. Inoltre formalizza i meccanismi già presenti nel CCNL dei Metalmeccanici, in particolar modo quelli legati al welfare aziendale in sostituzione di quello universale (ciao, ciao sanità pubblica!) con una parte di salario che invece di finire nelle tasche dei lavoratori finirà nelle fauci voraci di padroni e sindacalisti che amministrano congiuntamente Assicurazioni Sanitarie e Fondi Pensione (per i metalmeccanici Metasalute e Cometa). Nel dettaglio, il contratto nazionale "individuerà" il TEM (Trattamento Economico Minimo) che non è altro che il vecchio tabellare che potrà essere rivalutato solo dall'IPCA (Indice dei Prezzi al Consumo Armonizzato), cioè dall'inflazione calcolata dall'ISTAT con esclusione dei costi dei beni energetici, ed il TEC (Trattamento Economico Complessivo) che, oltre a contenere in sé il TEM, conterrà gli altri istituti contrattuali legati alla produttività, alle maggiorazioni orarie, a welfare aziendale etc. anche se contrattati a secondo livello. La contrattazione di secondo livello, sia essa territoriale o aziendale, "dovrà essere strettamente legata a reali e concordati obiettivi di crescita della produttività aziendale, di qualità, di efficienza, di redditività, di innovazione", cioè agli interessi esclusivi dell'azienda. Mentre la contrattazione nazionale non sarà che un mero atto notarile con il quale si rivaluterà il salario tabellare al di sotto della inflazione ISTAT, la contrattazione di secondo livello, nelle poche aziende dove si riuscirà a fare, avrà natura variabile.

Il welfare aziendale, per il quale le imprese usufruiscono di sgravi fiscali, visto la "difficile tenuta del sistema del welfare universale" dovrà essere esteso secondo i firmatari, a tutti i settori contrattuali attraverso gli enti bilaterali gestiti congiuntamente da organizzazioni padronali e sindacati di regime.

Senza sottovalutare la pericolosità di questo accordo, il cui contenuto va fatto conoscere al maggior numero possibile di lavoratori, è evidente che sia Confindustria sia Cgil–Cisl–Uil, insieme con tutte le altre sigle che lo sottoscriveranno per avvicinarsi alla greppia, se pensano di poter fermare la conflittualità, si illudono una volta di più. Hanno sottoscritto l'accordo del luglio 1993 e la lotta non si è fermata; hanno sottoscritto l'accordo del gennaio 2014 e la lotta non si è fermata; ora ci riprovano con l'accordo del febbraio 2018 ma otterranno lo stesso risultato.

La lotta di classe e, con essa, la necessità dei lavoratori di organizzarsi non cesserà certo per un pezzo di carta in più o in meno. Come dimostrano non solo le lotte della logistica e non solo nel nostro paese, ogniqualvolta i bisogni reali (bisogno di un salario, di una casa, dell'accesso alle cure e all'istruzione) si incontrano con un gruppo di lavoratori che hanno la dignità ed il coraggio di organizzarsi per rivendicare i propri diritti lo scontro sociale diviene più forte e più ampio.

*) da Nuova Unità, nu.3/2018


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