da Comitato per la Difesa
della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio
Breda fucine: lotte operaie,verita’ storica e verita’ giuridica
La nostra storia per molti aspetti è simile a quella dei
lavoratori. di Porto Marghera e di moltissime altre fabbriche.
E’ simile
nelle responsabilità dei vertici aziendali, che sapevano in anticipo di questi
omicidi annunciati e dei crimini ambientali provocati, dal cloruro di vinile monomero alla Montedison e
dall’amianto alla Breda e nulla hanno fatto per impedirli.
E’
diversa per le sostanze cancerogene usate nel processo di
produzione, ma simile per il ruolo che
la magistratura ha finora avuto nella nostra vicenda.
Il killer in Breda e nelle fabbriche di Sesto San Giovanni si chiamava amianto
e la sua pericolosità cancerogena era nota già dai primi anni del 1900.
La nostra esperienza di lotta nasce e si sviluppa a Sesto San
Giovanni (Milano), una delle più grandi concentrazioni operaie italiane.
L’ex Stalingrado d’Italia è stata e continua ad essere una delle città più
inquinate d’Europa. Anche oggi che i 42.000 posti di lavoro delle sue fabbriche
sono stati eliminati, continuano a persistere gravi problemi ambientali con
danni alla salute dei lavoratori ed alla popolazione.
Già nel 1978 lo S.M.A.L. (Servizio di Medicina Preventiva per gli Ambienti di
Lavoro) di Sesto denunciava - in vari rapporti inviati all’Assessorato alla
Sanità, all’Ufficiale Sanitario, all’Ispettorato del Lavoro, ai sindacati
(CGIL/CISL/UIL) - la pericolosità delle lavorazioni effettuate nei reparti
della Breda: lavorazioni e scorie nocive (amianto, cromo, nickel, piombo, ecc.)
che, oltre agli operai, avvelenavano tutta la popolazione. Ma l’azienda,
piuttosto che interrompere o rallentare la produzione per le necessarie
bonifiche all’ambiente di lavoro, preferiva pagare multe irrisorie e tirare
avanti.
Nel 1996 - a conclusione di un’inchiesta e di un’analisi che portò alcuni
operai a collegare le lavorazioni effettuate in fabbrica con l’insorgere di
molti tumori fra i lavoratori della Breda Fucine di Sesto San Giovanni - è nato
il Comitato
per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio
che, da allora, si sta battendo per ottenere giustizia per i lavoratori morti,
i loro familiari, i malati e quanti si ammaleranno, purtroppo, nel futuro.
Noi lavoratori siamo stati per anni confinati in reparti “mattatoio”, costretti
a respirare i fumi e le polveri, esposti alle sostanze nocive e cancerogene,
alle radiazioni delle saldature con
protezioni “antinfortunistiche” fatte di coperte e lenzuola d’amianto che si
frantumavano, disperdendosi nell’aria e nei polmoni dei lavoratori.
Più volte, insieme ai nostri compagni di lavoro, abbiamo protestato per la
mancanza d’aspiratori e delle condizioni di sicurezza, denunciando che - mentre
tutti parlavano di robotica o di fabbrica automatizzata - in fabbrica ci si
ammalava e si moriva.
Ogni volta, davanti alle proteste, la direzione aziendale minacciava la
chiusura della fabbrica e i sindacati si appellavano al senso di responsabilità
dei lavoratori affinché la produzione e l’estrazione del profitto non fosse
interrotta.
I “sacrifici” non hanno evitato lo smembramento della fabbrica, la cassa
integrazione e la chiusura della Breda.
Lo stesso processo è avvenuto nelle altre fabbriche sestesi, con la chiusura
della Falck, dell’Ercole Marelli, della Magneti Marelli, dell’Ansaldo e di
tutte le altre grandi fabbriche.
Molti lavoratori, oltre a quelli della Breda, hanno avuto la salute rovinata,
hanno perso la vita.
E’ in questo contesto che si colloca la nostra lotta.
Dopo 11 anni di battaglie, 19 denunce archiviate e 70 lavoratori uccisi dal
killer amianto, il primo processo che ha portato sul banco degli imputati due
dirigenti della Breda si è concluso con l’assoluzione dei dirigenti che, come la
Montedison, la Fincantieri e tante altre, tutto sapevano e nulla hanno fatto
per evitare centinaia e centinaia di morti annunciate. Nel processo che si è concluso il 12 febbraio 2003, I
dirigenti Breda sono stati assolti perché “ il fatto non sussiste ” come se i
70 morti finora accertati dal nostro comitato non fossero mai esistiti.
Il giudice ha riconosciuto come valide solo le tesi dei periti del tribunale(
uno dei quali è perito di parte della Montedison nel processo di Porto
Marghera), basate su un unico rilevamento (nell’arco di 25 anni) di polveri di
amianto fatto nel 1978 dallo SMAL (Servizio di medicina del Lavoro) a macchine
spente e reparti preventivamente puliti.
Le
testimonianze degli operai nel corso del processo hanno portato altri fatti:
l’amianto c’era, era utilizzato in modo massiccio, l’azienda era informata (dal
Servizio di Medicina del Lavoro, nei rapporti che questo fece nel corso di una
decina d’anni) dei rischi mortali che gli operai correvano (rischi puntualmente
verificatisi), ma l’economia aziendale e i profitti venivano prima.
Questa è la verità storica che emerge e ancora una volta la “verità giuridica”
afferma il contrario, perchè riconoscere questi fatti significherebbe mettere
sotto accusa un intero sistema industriale, quello stesso sistema che oggi
produce 1500 morti sul lavoro, migliaia di morti per malattie
professionali e milioni di infortuni
ogni anno.
Il 19
settembre 2003 è cominciato un altro processo contro 12 dirigenti della Breda
Ferroviaria/ Ansaldo, imputati dell’omicidio colposo di un operaio morto di
mesotelioma della pleure, tipico tumore dell’amianto
Senza
padrini politici ed economici, contando solo sulle nostre forze e sulla
partecipazione di tutti i nostri
compagni, abbiamo rotto il muro d’omerta
e complicità che tutte le istituzioni
(associazioni padronali, governi, partiti e sindacati) hanno costruito in
questi anni contro la lotta dei lavoratori della Breda.
La nostra lotta ci ha fatto comprendere che non esistono istituzioni neutrali.
Ha dimostrato a molti lavoratori che la frase scritta nelle aule dei tribunali
italiani “la legge è uguale per tutti” non corrisponde a verità. In questa società chi non ha soldi non può
neanche far valere le sue ragioni.
Anche se molti tribunali hanno emesso sentenze assolutorie verso i padroni,
sostenendo che “uccidere i lavoratori in nome del profitto non è reato”,
continueremo a lottare, fuori e dentro le aule dei tribunali, perché vogliamo e
pretendiamo giustizia.
Per noi
la verità storica è ormai stata accertata dai fatti e dalle testimonianze dei
lavoratori, per quella giuridica continueremo a batterci.
Pur essendo coscienti di andare contro interessi economici giganteschi, contro
una società che vive e prospera mettendo il profitto prima degli esseri umani,
noi non ci arrendiamo.
SULLE LOTTE
La nostra esperienza ci ha insegnato che non basta avere ragione. Bisogna avere
la forza ed i numeri per farla valere.
Quando in questi anni la magistratura ci archiviava continuamente i processi
abbiamo continuato a lottare, aprendo nuovi fronti.
Il fronte
politico-sindacale, cercando di dimostrare che la lotta dei
lavoratori della Breda Fucine contro l’amianto e le sostanze nocive faceva
parte della lotta del movimento dei lavoratori per la difesa della salute e che
interessava tutti coloro che vivevano e
vivono condizioni simili alla nostra.
Il fronte
sociale, raccogliendo dati che dimostravano che l’amianto e le altre
sostanze nocive uscendo dalle fabbriche si disperdevano nell’aria, nelle falde
acquifere, avvelenando tutto il territorio, e traducendoli in lotta che
riguardava tutta la società.
A questo riguardo abbiamo stabilito
relazioni e costruito momenti di dibattito e di lotta con molti comitati che si
muovevano su tematiche simili alle nostre, riuscendo a coinvolgere il quartiere
e la città intorno alla fabbrica e ottenendo il sostegno degli abitanti,
costringendo l’amministrazione comunale di Sesto S.Giovanni a costituirsi parte
civile nel processo contro i dirigenti della fabbrica Breda Fucine.
Il fronte
giudiziario, inviando lettere di protesta con centinaia di firme ai
magistrati che archiviavano i processi. Organizzando assemblee e picchettaggi
in tribunale con cartelli e striscioni. Inviando migliaia di cartoline alla
procura della repubblica di Milano con sopra scritto: “La morte sul lavoro non
è mai una fatalità! La magistratura non deve archiviare i morti in Breda”, arrivando ad
occupare per oltre un’ora l’aula del tribunale il giorno in cui il giudice ha
assolto i 2 dirigenti della Breda imputati della morte di 6 lavoratori e
lesioni gravissime di un settimo.
Il fronte
di lotta contro l’INAIL, quest’istituto si sta comportando peggio di
qualsiasi assicurazione privata. Non solo non riconosce ai lavoratori ex
esposti all’amianto, i cosiddetti “Benefici pensionistici” accampando
pretestuose motivazioni, ma arriva a negare il riconoscimento di malattia
professionale previsto dalla legge anche a quelli con placche pleuriche
diagnosticate dalla Clinica del Lavoro di Milano, comportandosi peggio di un’assicurazione
privata.
Noi riteniamo che questo comportamento di complicità dell’INAIL con i padroni
che si sono arricchiti sulla pelle dei lavoratori vada denunciato
pubblicamente.
Se i
lavoratori vogliono affermare e difendere il loro diritto alla salute, alla
giustizia, alla salvaguardia dell’ambiente e della natura, non devono più
delegare a nessuno la difesa dei loro interessi partecipando in prima persona.
Dobbiamo lavorare per costruire un grande movimento che unifichi tutte le lotte
operaie e popolari, nella battaglia contro lo sfruttamento e la logica del
profitto. Bisogna lottare per imporre condizioni di sicurezza sui posti di
lavoro, affinchè altri non debbano subire e patire quello che hanno subito i
nostri compagni e i loro familiari.
Ottobre 2003
Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio
Per contatti, Michele Michelino (e-mail:michele.mi@inwind.it ) - Via Magenta 88
– 20099 Sesto S.Giovanni (MI)