www.resistenze.org - proletari resistenti - salute e ambiente - 01-12-03

da Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio

Breda fucine: lotte operaie,verita’ storica e verita’ giuridica


La nostra storia per molti aspetti è simile a quella dei lavoratori. di Porto Marghera e di moltissime altre fabbriche.

E’ simile nelle responsabilità dei vertici aziendali, che sapevano in anticipo di questi omicidi annunciati e dei crimini ambientali provocati, dal cloruro di vinile monomero alla Montedison e dall’amianto alla Breda e nulla hanno fatto per impedirli.

E’ diversa per le sostanze cancerogene usate nel processo di produzione, ma simile  per il ruolo che la magistratura ha finora avuto nella nostra vicenda.
Il killer in Breda e nelle fabbriche di Sesto San Giovanni si chiamava amianto e la sua pericolosità cancerogena era nota già dai primi anni del 1900.

La nostra esperienza
di lotta nasce e si sviluppa a Sesto San Giovanni (Milano), una delle più grandi concentrazioni operaie italiane.
L’ex Stalingrado d’Italia è stata e continua ad essere una delle città più inquinate d’Europa. Anche oggi che i 42.000 posti di lavoro delle sue fabbriche sono stati eliminati, continuano a persistere gravi problemi ambientali con danni alla salute dei lavoratori ed alla popolazione.

Già nel 1978 lo S.M.A.L. (Servizio di Medicina Preventiva per gli Ambienti di Lavoro) di Sesto denunciava - in vari rapporti inviati all’Assessorato alla Sanità, all’Ufficiale Sanitario, all’Ispettorato del Lavoro, ai sindacati (CGIL/CISL/UIL) - la pericolosità delle lavorazioni effettuate nei reparti della Breda: lavorazioni e scorie nocive (amianto, cromo, nickel, piombo, ecc.) che, oltre agli operai, avvelenavano tutta la popolazione. Ma l’azienda, piuttosto che interrompere o rallentare la produzione per le necessarie bonifiche all’ambiente di lavoro, preferiva pagare multe irrisorie e tirare avanti.

Nel 1996 - a conclusione di un’inchiesta e di un’analisi che portò alcuni operai a collegare le lavorazioni effettuate in fabbrica con l’insorgere di molti tumori fra i lavoratori della Breda Fucine di Sesto San Giovanni - è nato il Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio che, da allora, si sta battendo per ottenere giustizia per i lavoratori morti, i loro familiari, i malati e quanti si ammaleranno, purtroppo, nel futuro.

Noi lavoratori siamo stati per anni confinati in reparti “mattatoio”, costretti a respirare i fumi e le polveri, esposti alle sostanze nocive e cancerogene, alle  radiazioni delle saldature con protezioni “antinfortunistiche” fatte di coperte e lenzuola d’amianto che si frantumavano, disperdendosi nell’aria e nei polmoni dei lavoratori.
Più volte, insieme ai nostri compagni di lavoro, abbiamo protestato per la mancanza d’aspiratori e delle condizioni di sicurezza, denunciando che - mentre tutti parlavano di robotica o di fabbrica automatizzata - in fabbrica ci si ammalava e si moriva.
Ogni volta, davanti alle proteste, la direzione aziendale minacciava la chiusura della fabbrica e i sindacati si appellavano al senso di responsabilità dei lavoratori affinché la produzione e l’estrazione del profitto non fosse interrotta.

I “sacrifici” non hanno evitato lo smembramento della fabbrica, la cassa integrazione e la chiusura della Breda.
Lo stesso processo è avvenuto nelle altre fabbriche sestesi, con la chiusura della Falck, dell’Ercole Marelli, della Magneti Marelli, dell’Ansaldo e di tutte le altre grandi fabbriche.
Molti lavoratori, oltre a quelli della Breda, hanno avuto la salute rovinata, hanno perso la vita.


E’ in questo contesto che si colloca la nostra lotta.
Dopo 11 anni di battaglie, 19 denunce archiviate e 70 lavoratori uccisi dal killer amianto, il primo processo che ha portato sul banco degli imputati due dirigenti della Breda si è concluso con l’assoluzione dei dirigenti che, come la Montedison, la Fincantieri e tante altre, tutto sapevano e nulla hanno fatto per evitare centinaia e centinaia di morti annunciate. Nel processo che si è concluso il 12 febbraio 2003, I dirigenti Breda sono stati assolti perché “ il fatto non sussiste ” come se i 70 morti finora accertati dal nostro comitato non fossero mai esistiti.

Il giudice ha riconosciuto come valide solo le tesi dei periti del tribunale( uno dei quali è perito di parte della Montedison nel processo di Porto Marghera), basate su un unico rilevamento (nell’arco di 25 anni) di polveri di amianto fatto nel 1978 dallo SMAL (Servizio di medicina del Lavoro) a macchine spente e reparti preventivamente puliti.

Le testimonianze degli operai nel corso del processo hanno portato altri fatti: l’amianto c’era, era utilizzato in modo massiccio, l’azienda era informata (dal Servizio di Medicina del Lavoro, nei rapporti che questo fece nel corso di una decina d’anni) dei rischi mortali che gli operai correvano (rischi puntualmente verificatisi), ma l’economia aziendale e i profitti venivano prima.

Questa è la verità storica che emerge e ancora una volta la “verità giuridica” afferma il contrario, perchè riconoscere questi fatti significherebbe mettere sotto accusa un intero sistema industriale, quello stesso sistema che oggi produce 1500 morti sul lavoro, migliaia di morti per malattie professionali  e milioni di infortuni ogni anno.


Il 19 settembre 2003 è cominciato un altro processo contro 12 dirigenti della Breda Ferroviaria/ Ansaldo, imputati dell’omicidio colposo di un operaio morto di mesotelioma della pleure, tipico tumore dell’amianto

Senza padrini politici ed economici, contando solo sulle nostre forze e sulla partecipazione di tutti i  nostri compagni, abbiamo rotto il muro d’omerta
e  complicità che tutte le istituzioni (associazioni padronali, governi, partiti e sindacati) hanno costruito in questi anni contro la lotta dei lavoratori della Breda
.

La nostra lotta ci ha fatto comprendere che non esistono istituzioni neutrali.
Ha dimostrato a molti lavoratori che la frase scritta nelle aule dei tribunali italiani “la legge è uguale per tutti” non corrisponde a verità.  In questa società chi non ha soldi non può neanche  far valere le sue ragioni.

Anche se molti tribunali hanno emesso sentenze assolutorie verso i padroni, sostenendo che “uccidere i lavoratori in nome del profitto non è reato”, continueremo a lottare, fuori e dentro le aule dei tribunali, perché vogliamo e pretendiamo giustizia.
Per noi la verità storica è ormai stata accertata dai fatti e dalle testimonianze dei lavoratori, per quella giuridica continueremo a batterci.

Pur essendo coscienti di andare contro interessi economici giganteschi, contro una società che vive e prospera mettendo il profitto prima degli esseri umani, noi non ci arrendiamo.


SULLE LOTTE

La nostra esperienza ci ha insegnato che non basta avere ragione. Bisogna avere la forza ed i numeri per farla valere.
Quando in questi anni la magistratura ci archiviava continuamente i processi abbiamo continuato a lottare, aprendo nuovi fronti.

Il fronte politico-sindacale, cercando di dimostrare che la lotta dei lavoratori della Breda Fucine contro l’amianto e le sostanze nocive faceva parte della lotta del movimento dei lavoratori per la difesa della salute e che interessava tutti coloro che  vivevano e vivono condizioni simili alla nostra.

Il fronte sociale, raccogliendo dati che dimostravano che l’amianto e le altre sostanze nocive uscendo dalle fabbriche si disperdevano nell’aria, nelle falde acquifere, avvelenando tutto il territorio, e traducendoli in lotta che riguardava tutta la società.
 A questo riguardo abbiamo stabilito relazioni e costruito momenti di dibattito e di lotta con molti comitati che si muovevano su tematiche simili alle nostre, riuscendo a coinvolgere il quartiere e la città intorno alla fabbrica e ottenendo il sostegno degli abitanti, costringendo l’amministrazione comunale di Sesto S.Giovanni a costituirsi parte civile nel processo contro i dirigenti della fabbrica Breda Fucine.

Il fronte giudiziario, inviando lettere di protesta con centinaia di firme ai magistrati che archiviavano i processi. Organizzando assemblee e picchettaggi in tribunale con cartelli e striscioni. Inviando migliaia di cartoline alla procura della repubblica di Milano con sopra scritto: “La morte sul lavoro non è mai una fatalità! La magistratura non deve archiviare i morti in Breda”, arrivando ad occupare per oltre un’ora l’aula del tribunale il giorno in cui il giudice ha assolto i 2 dirigenti della Breda imputati della morte di 6 lavoratori e lesioni gravissime di un settimo.

Il fronte di lotta contro l’INAIL, quest’istituto si sta comportando peggio di qualsiasi assicurazione privata. Non solo non riconosce ai lavoratori ex esposti all’amianto, i cosiddetti “Benefici pensionistici” accampando pretestuose motivazioni, ma arriva a negare il riconoscimento di malattia professionale previsto dalla legge anche a quelli con placche pleuriche diagnosticate dalla Clinica del Lavoro di Milano, comportandosi peggio di un’assicurazione privata.
Noi riteniamo che questo comportamento di complicità dell’INAIL con i padroni che si sono arricchiti sulla pelle dei lavoratori vada denunciato pubblicamente.


Se i lavoratori vogliono affermare e difendere il loro diritto alla salute, alla giustizia, alla salvaguardia dell’ambiente e della natura, non devono più delegare a nessuno la difesa dei loro interessi partecipando in prima persona. Dobbiamo lavorare per costruire un grande movimento che unifichi tutte le lotte operaie e popolari, nella battaglia contro lo sfruttamento e la logica del profitto. Bisogna lottare per imporre condizioni di sicurezza sui posti di lavoro, affinchè altri non debbano subire e patire quello che hanno subito i nostri compagni e i loro familiari.

Ottobre 2003

Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio
Per contatti, Michele Michelino (e-mail:michele.mi@inwind.it ) - Via Magenta 88 – 20099 Sesto S.Giovanni (MI)