www.resistenze.org - proletari resistenti - salute e ambiente - 08-04-09 - n. 268

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Torino, il processo contro gli assassini per amianto è storico ma la lotta deve continuare
 
Redazione nord
 
7 aprile 2009 - “E’ l’inizio di una grande battaglia. In questi anni ne abbiamo fatte tante anche sotto il profilo giuridico ma questa è senz’altro la più importante” - il commento è Bruno Pesce il coordinatore della vertenza amianto per l’associazione delle vittime, nel giorno dell’apertura dell’udienza preliminare per i morti d’amianto negli stabilimenti italiani della Eternit. Conclusa poco dopo le 15,30, l’udienza è stata completamente dedicata alle registrazione della costituzione delle parti civili. E solo una prima parte, dalla ‘A’ alla ‘L’, la seconda parte avrà luogo dopodomani, mercoledì 8, sempre a Torino.
 
La registrazione delle parti civili è talmente numerosa che l'udienza di apertura del processo di Torino è stata divisa in due parti: I familiari delle vittime, le associazioni, la regione Piemonte, la Cgil, Legambiente, l’Inail, la Presidente della Regione. Si sono costituiti per primi, per ribadire l’enormità del danno materiale e morale subìto nella vicenda amianto. Le parti lese sono al momento 2.889, ma potrebbero giungere a 5.700, considerando tutti gli eredi delle vittime. 200mila sono le pagine degli atti raccolti dai pm. Gli imputati sono gli ultimi proprietari dell’Eternit: lo svizzero Stephan Schmidheiny, 61 anni, e il barone belga Jean Louis Marie Ghislain De Cartier De Marchienne, 88 anni”.
 
Negli anni Settanta gli studi epidemiologici cominciavano a mettere in relazione i casi di tumore degli operai dello stabilimento di Casale Monferrato con l’esposizione all’amianto. “I lavoratori - ricorda Nicola Pondrano, segretario Cgil di Casale ed ex operaio Eternit - vedevano manifesti funebri, sempre più numerosi, affissi ai cancelli ma si sentivano dire che l’amianto non faceva male e che era meglio che smettessero di fumare”. “C’erano gli elementi per bloccare quella lavorazione così pericolosa, invece si continuava a lavorare e in fabbrica non vennero adottate misure davvero efficaci”, ricordano gli ex operai. La prima sentenza risale al 1993 a seguito di una vera e propria battaglia organizzata da sindacati e Comune. E i responsabili dell’Eternit casalese ma non i proprietari, furono condannati a pene irrisorie che andavano da 6 mesi a 3 anni e mezzo, poi ridotte a pochi mesi con la sentenza di Cassazione.
 
Gli operai e non solo continuavano a morire e col fallimento dell'azienda sono stati assegnati circa 7 miliardi di lire per i 1711 lavoratori e poi altri 5,5 milioni di euro solo due mesi fa. Per ottenere giustizia però hanno dovuto aspettare l’avvio dell’udienza appena cominciata a Torino. Il processo è accompagnato dal presidio organizzato dalla Cgil. I pullman sono arrivati da Casale Monferrato, dov' è stato il maggior numero di vittime. Ma a Torino sono arrivati da Rubiera (RE) i lavoratori e i parenti dove c’era un altro stabilimento della multinazionale. E poi da Francia l’Andeva (Associazione nazionale delle vittime transalpine dell’amianto), Svizzera e Belgio.
 
E' infatti un processo storico, un monito per tutta Europa, un segno ufficiale che deve essere appreso da tutti di come il capitale non guarda in faccia nessuno e persevera anche nel causare la morte se deve massimizzare il profitto. D'altra parte la lotta contro l'amianto non è finita: non solo molti lavoratori non si sono viste riconosciute le rivalutazioni pensionistiche previste dalla legge ma si apre oggi il problema dello stoccaggio dell'amianto da posizionare in discarica.
 
Venerdì 10 aprile dalle ore 10, i lavoratori della Belleli di Mantova hanno organizzato un presidio davanti all'Inail per protestare contro la loro esclusione dal riconoscimento, nonostante siano riusciti ad inserire negli atti processuali i documenti che attestano che le lavorazioni di Mantova e Taranto erano le stesse di quelle delle aziende coinvolte nel processo, come un ex dirigente Belleli ha dichiarato al proposito. Sempre in Lombardia nel cremonese cittadini, comitati, amministrazioni e sindacato sono in lotta contro la Regione Lombardia che ha individuato a Cappella Madama i siti per le megadiscariche di amianto.
 
La lotta contro l'aggressione ambientale si conferma connessa a quella per il lavoro e i diritti, per una qualità della vita della classe operaia che capitalismo, speculatori e scelte politiche amministrative compiacenti, sono disposti a calpestare in tutti i modi per perseguire i propri interessi.