In ricordo del Compagno Gaspare Jean, La Redazione di Gramsci Oggi
Mercoledì 14 agosto 2019 è stato dato l'ultimo saluto al nostro caro compagno Gaspare Jean. che ci ha lasciato all'età di 84 anni. Medico Antifascista e Comunista da sempre iscritto alla sezione 25 Aprile dell'associazione dei partigiani di Milano, ebbe un ruolo importante nel Partito Comunista Italiano e nella sua commissione sanitaria, ex dirigente sanitario dell'ospedale di Bollate, di Niguarda e primario nell'ospedale di Garbagnate con una lunga esperienza alle spalle non solo nel settore medico ma anche in quello politico, Presidente degli Alcolisti Anonimi. È stato sempre un collaboratore attivo della Rivista Gramsci oggi e la Redazione ha deciso di pubblicare di seguito il suo ultimo scritto fatto mentre c'era il governo cosiddetto "giallo-verde", formato dal M5S e dalla Lega.
Sappiamo bene che l'articolo è lungo; ma, conoscendo molto bene il nostro Compagno Gaspare Jean e i suoi articoli che abbiamo sempre pubblicato, possiamo assicurare che anche questo suo contributo scritto è impregnato di ricchissimi e meticolosi contenuti anche sotto il profilo storico, che soltanto lui era capace di fare su un argomento fondamentale e delicato come quello del diritto alla salute e sul Sistema Sanitario Nazionale. Vale la pena, davvero, leggerlo, per acquisirne i contenuti e da cui la sinistra può trarre diversi elementi importanti per dispiegare una battaglia in difesa della Sanità Pubblica e del Diritto alla Salute.
Il Presidente Procinciale dell'ANPI di Milano Roberto Cenati ha detto: "Lo conoscevo da oltre vent'anni e ne ho sempre apprezzato la sua umanità e le sue doti di convinto antifascista, di strenuo difensore della nostra Carta Costituzionale, alla quale faceva sempre riferimento. Ci siamo visti per l'ultima volta la mattina di sabato 10 agosto, in piazzale Loreto per la cerimonia a ricordo dei 15 Martiri. Jean lascia in tutti noi un vuoto profondo. Lo ricorderemo sempre con affetto e commozione".
A nome di tutta la Redazione di Gramsci Oggi, Caro Compagno Jean ti ringraziamo per tutti i tuoi contribuiti nel settore della sanità che hai dato alla nostra rivista, per il tuo costante impegno nella lotta Antifascista e Comunista!
Centro Culturale Antonio Gramsci
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È opportuno ritornare a riflettere su come è evoluto il Sistema Sanitario Nazionale (SSN) in questi 40 anni dall'approvazione della legge di Riforma Sanitaria (legge 833/78), in quanto bisogna constatare che oggi (Governo Lega-M5S) il dibattito sulla tutela della salute è divenuto marginale anche se ipotesi di autonomia regionale differenziata, di flat tax e di finanziamento assicurativo minacciano la sua universalità ed esigibilità ancora più di quanto è accaduto finora attraverso il sottofinanziamento cronico del SSN.
Questo dibattito era invece centrale nel 1978, quando dopo tre decenni di lotte sociali e sindacali si era riusciti a superare il sistema diseguale e dispendioso delle Casse Mutue e ad affermare il dettato costituzionale (art.32): "la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti……."; si superava così l'opinione che i sistemi sanitari dovevano unicamente contrastare le malattie; la tutela della salute, invece, presuppone che ci sia una unitarietà tra interventi preventivi, curativi, riabilitativi e di reinserimento sociale nonché una integrazione tra interventi sanitari, sociali e ambientali dato che determinanti biologici e sociali di malattia sono strettamente intrecciati. Molti in effetti considerano la legge 833/78 il tentativo meglio riuscito di attuare i principi costituzionali di uguaglianza, di dignità personale, di libertà, di solidarietà (art. 3….è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano di fatto l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana….; art 38: ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all'assistenza sociale). Queste norme costituzionali bene si integrano con la successiva carta di Ottawa (1986) sulla promozione della salute, intesa come un processo che conferisce alle popolazioni i mezzi per assicurare un maggior controllo sul loro livello di salute.
L'universalità del SSN superava anche il concetto che le cure gratuite erano fornite solo a chi era iscritto nell'elenco dei poveri, mentre i lavoratori erano assistiti da casse mutue (poi confluite nell'INAM) pagando i contributi di malattia; questo schema di politica sociale risaliva a Bismarck; a questo si contrapponeva il modello di Beveridge che già nel 1942 ipotizzava la creazione di un Welfare State con servizi sanitari finanziati attraverso la fiscalità generale. La Riforma Sanitaria italiana traeva ispirazione da questo rapporto, che, d'altra parte, influenzerà altre leggi nazionali e regionali interessanti le politiche sociali.
Altro cardine della legge 833 era il legame tra servizi sanitari e territorio: Unità socio-sanitarie Locali (USSL) e distretti sanitari che in linea di massima all'inizio coincidevano con le superate condotte mediche; questo istituto era stato diffuso dal Piemonte a tutta l'Italia e vedeva la centralità dei Comuni, che "conducevano il medico condotto e l'ostetrica condotta" anche in luoghi disagiati, snobbati da questi professionisti; la riforma del 1978 mantiene questa centralità dei Comuni definendo le USSL enti strumentali delle amministrazioni Comunali che indicavano i consiglieri comunali deputati al loro governo; le commissioni comunali garantivano una ampia partecipazione dei cittadini alle decisioni di politiche non solo sociosanitarie ma anche ambientali; infatti nelle USSL (giustamente) gli ambienti di vita e di lavoro venivano considerati centrali nella prevenzione delle malattie.
Anche l'assistenza ospedaliera appariva superata, malgrado la parziale riforma Mariotti del 1968; basti pensare che gli ospedali avevano come unici dipendenti a tempo pieno il direttore sanitario e la Capo ostetrica, mentre tutti gli altri medici praticavano all'esterno la libera professione e utilizzavano l'ospedale come luogo di apprendimento e di ricerca; si spiega così la ritrosia delle persone anziane fino a qualche decennio fa a servirsi dell'ospedale. Con la Riforma invece si prevedevano due reti ospedaliere: quella degli ospedali sovra zonali (altamente specialistici e tecnologizzati) e quella degli ospedali zonali, collegati agli altri servizi sanitari, sociali e ambientali del territorio. Erano invece indipendenti dal Consiglio di amministrazione delle USSL gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS). Un SSN globale ed unitario superava la frammentazione esistente prima del 1978, caratterizzata da una pluralità di reti: sanità pubblica, medici condotti, specialisti ambulatoriali, ospedali zonali, provinciali, regionali, universitari, servizi socio-assistenziali vari.
Buona parte di quanto previsto nella Legge 833 è restato solo sulla carta; mi soffermo in particolare sul finanziamento, che avrebbe dovuto essere fatto attraverso la fiscalità generale; in effetti i lavoratori hanno continuato a pagare i contributi malattia fino al 1997 (anno di entrata in vigore dell'IRAP) finanziando così il 53% dell'intero Fondo Sanitario Nazionale (FSN); in più nel 1980 sono stati introdotti i tickets sui medicinali e successivamente sugli accertamenti diagnostici; tickets non solo ingiusti (paga chi è ammalato) ma anche inutili in quanto i meccanismi burocratici per riscuoterli gravavano sulle spese generali della sanità in modo non trascurabile. Ogni manovra economica ha modificato sia quantitativamente che qualitativamente il finanziamento del fabbisogno sanitario sia nella sua parte indistinta che nella sua parte vincolata a precisi obiettivi (ad es. farmaci per epatite C); attualmente la componente indistinta del finanziamento prevede l'intervento del bilancio dello Stato, le entrate proprie delle aziende (tickets e ricavi dall'attività intramoenia), la fiscalità generale delle Regioni (IRAP e addizionale regionale all'IRPEF); le Regioni autonome hanno agevolazioni che possono rimpinguare il Fondo Sanitario Regionale; in particolare la Sicilia ha proventi dalle accise sui carburanti. Mi sono soffermato su questi particolari, in quanto proposte simili sono contenute nel pacchetto di richieste sulla autonomia differenziata.
A metà degli anni '80 si scatenava sulla stampa una violenta campagna contro il SSN, accusandolo di ogni nefandezza; campagna del tutto ingiustificata in quanto proprio in quegli anni tutti potevano accedere alle cure mediche (prima della riforma artigiani e lavoratori licenziati da 6 mesi pagavano le prestazioni sanitarie), la mortalità perinatale diminuiva fino a raggiungere livelli del Nord- Europa, la tbc diveniva una malattia occasionale, la vita media aumentava, malgrado che gli stili di vita degli italiani (diffusione di droghe e successiva comparsa di AIDS, alcolismo, obesità, fumo) erano tutt'altro che virtuosi. Si giunge così a due fatti rilevanti:
a) Trasformazione delle USSL in Aziende ed autonomia degli Ospedali che divengono pure aziende (leggi 502/1992 e 517/1993);
b) Referendum del 1994 che sancisce che le USSL non devono più interessarsi di problemi ambientali; le competenze passano all'ARPA (regionale); i Presidi Multizonali di Igiene e Prevenzione su base provinciale vengono aboliti (legge 61/94). Questo ultimo provvedimento ha anche conseguenze dottrinali, in quanto nega (o rende difficile) il collegamento tra cause ambientali e stato di salute, soprattutto negli ambienti di lavoro.
La legge 502/92 era stata giustamente chiamata "controriforma della riforma" in quanto modificava sostanzialmente alcuni cardini fondamentali della Riforma del '78 tra cui:
a) Ruolo dei Comuni: la USSL da struttura operativa dei Comuni diviene Azienda con obiettivi improntati a logiche di efficienza, produttività, pareggio dei bilanci; le comunità locali perdono il diritto di orientare le politiche sanitarie e locali alle loro esigenze; il Direttore generale della Az.USSL (in un primo tempo coadiuvato da garanti poi organo monocratico) deve realizzare quanto il Piano Nazionale Sanitario e i piani attuativi regionali prescrivono. Inoltre i Comuni perdono ogni diritto di indirizzo e controllo sulle strutture ospedaliere.
b) Regionalizzazione: il ruolo della Regione diviene centrale non solo dal punto di vista amministrativo (il 70% dei bilancio regionale è dedicato alla Sanità) ma anche legislativo; attualmente ogni regione ha la sua legge regionale sanitaria con differenze spesso non marginali tra regioni. Dopo il 1994 la Regione ha competenza anche in materia di tutela ambientale dei luoghi di vita e di lavoro, competenza poi ulteriormente esaltata con la legge 3/2000.
c) Lo Stato stabilisce col MEF l'ammontare del FSN e l'entità degli investimenti in conto capitale (edilizia sanitaria soprattutto); il ruolo del Ministero della Salute viene depotenziato e aumenta quello del Ministero dell'Economia che trasferisce alle Regioni il FSN sulla base della popolazione bilanciata per età.
d) Ruolo dei privati: la l. 502/92 (Ministro della Sanità Di Lorenzo) introduceva forti elementi di privatizzazione nel sistema sanitario prevedendo la possibilità di un affidamento a soggetti singoli o consortili, ivi comprese le mutue volontarie, della facoltà di negoziare per conto della generalità degli aderenti con gli erogatori, delle prestazioni sanitarie anche non contemplate dal SSN; vengono quindi incentivate le assicurazioni sanitarie private con funzioni sostitutive del SSN.
e) Nella successiva legge 517/93, la Ministra Garavaglia, abroga questa norma impedendo (almeno a livello legislativo) che si producesse una Sanità di serie A per abbienti ed una di serie B per tutti gli altri.
f) La partecipazione dei cittadini, attraverso le commissioni comunali sul welfare, viene di fatto abolita con la perdita della advocacy dei Comuni nei confronti della Regione.
g) Il Direttore Generale delle Az.USSL (successivamente ASL) e delle Az.Ospedaliere diviene esclusivo titolare dei poteri di gestione e di rappresentanza, soprattutto dopo la successiva abolizione del comitato dei garanti.
h) Gli Ospedali più importanti non sono più considerati presidi della USSL, ma acquistano autonomia amministrativa e funzionale divenendo Aziende di rilievo nazionale e di alta specializzazione (ARNAS), analogamente ai policlinici universitari. Accanto a questi ci sono gli IRCCS (Istituti di Ricovero e Cure a Carattere Scientifico) e la rete dei presidi ospedalieri ancora dipendenti dalle USSL Il finanziamento degli Ospedali da parte della Regione avviene a prestazione attraverso il sistema DRG (Diagnosis Related Groups) che non è nient'altro che un prezziario calcolato sul costo medio di ogni prestazione.
i) In Regione Lombardia la Riforma regionale di Formigoni rende autonomi tutti i presidi ospedalieri accorpandoli con aziende Ospedaliere di più grandi dimensioni; questo esempio sarà seguito da tutte le Regioni.
In conclusione con la legge 517/93 il governo Ciampi cercava di salvaguardare l'universalità del SSN, stabilita dalla legge 833, ma riduceva la partecipazione dei cittadini esaltando le funzioni legate alla produttività e al pareggio del bilancio rispetto a quelle legate alla tutela della salute. Le OO.SS. si sono rese interpreti di questa situazione; si giunge così alla cosiddetta terza riforma del SSN col DLgs Bindi (229/99). Caratteristiche principali introdotte dal DLgs 229/99:
a) Si introducono i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) (rivisti periodicamente dal Ministero della Salute) che dovrebbero garantire, nel rispetto dei principi di dignità ed equità, l'accesso alle loro economicità nell'impiego delle risorse. Nell'ultima revisione (2017) i LEA vengono definiti come "prestazioni e servizi che il SSN è tenuto a fornire a tutti i cittadini, gratuitamente, o dietro pagamento di un ticket, con risorse pubbliche raccolte attraverso la fiscalità generale"; si individuano tre grandi livelli: Prevenzione collettiva e Sanità pubblica (es. sicurezza sui luoghi di lavoro, salubrità degli alimenti, ecc); Assistenza distrettuale (es. assistenza sanitaria di base, assistenza farmaceutica, ecc); Assistenza ospedaliera (es. pronto soccorso, servizio trasfusionale, ecc);
b) Le prestazioni sociosanitarie ad elevata integrazione sanitaria sono assicurate dalle Az-USSL e quindi finanziate dal FSN: anziani, handicap, dipendenze, malattie mentali, assistenza materno-infantile.
c) L'assistenza sociale per prestazioni a bassa integrazione sanitaria (ad es. prestazioni integrative alla Assistenza domiciliare agli anziani) sono invece in carico ai Comuni; la legge Turco (380/2000) preciserà ulteriormente i compiti delle politiche sociali comunali soprattutto coi Piani Sociali di Area (coincidenti coi distretti sanitari).
d) Viene stabilito che i medici dipendenti devono avere una esclusività di rapporto con le amministrazioni pubbliche pur essendo possibile una attività privata intramoenia.
e) Il distretto sanitario, nelle intenzioni della legge, doveva coordinare l'attività dei medici di base con le prestazioni specialistiche ospedaliere, con la Guardia medica notturna e festiva, colla rete dei servizi territoriali di prevenzione (soprattutto medicina del lavoro, consultori materno- infantili, centri di igiene mentale e per le tossicodipendenze), nonché favorire l'integrazione tra servizi pubblici e privato non-profit. Si sarebbe così realizzato un "WELFARE DI COMUNITÀ". Questo disegno ambizioso non ha trovato un contesto socioculturale adatto alla sua realizzazione; successivamente le OO.SS. si sarebbero fatte promotrici di parte di questo disegno con le "CASE DELLA SALUTE".
f) Sia le strutture pubbliche che private potevano operare solo se ACCREDITATE; si ponevano così importanti incentivi al miglioramento tecnologico delle strutture sanitarie pubbliche e limiti alle strutture sanitarie private.
Ma con il nuovo millennio l'autonomia regionale (legge 3/2001) permetteva che ogni Regione potesse fare la sua legge sanitaria, per cui parti importanti del decreto Bindi non venivano realizzate o venivano completamente stravolte. L'esempio più significativo è quello della Regione Lombardia (cosiddetta riforma Formigoni), poi seguito anche da molte altre regioni.
a) Con la scusa della libera scelta del cittadino si mettono sullo stesso piano servizi sanitari pubblici e privati; secondo Formigoni dovrà essere una competizione di mercato a selezionare i servizi migliori, senza tener conto che i servizi pubblici sono gravati da pratiche burocraticoamministrative che i privati non hanno; inoltre i servizi pubblici non possono selezionare la casistica, mentre i servizi privati scelgono i malati più economicamente vantaggiosi; dilagano anche procedure diagnostiche e terapeutiche inutili, di cui il caso "Santa Rita" non è che la punta dell'iceberg. In pratica si trasferiscono risorse pubbliche ai privati (sussidiarietà orizzontale).
b) Le ASL perdono compiti assistenziali, divenendo solo organi amministrativi con compiti di programmazione, di controllo e di pagamento della medicina di base, specialistica, ospedaliera pubblica e privata.
c) I distretti perdono il controllo dei consultori, della medicina del lavoro, delle dipendenze, ecc; queste funzioni sono accorpate nelle Aziende Ospedaliere formate in genere da più stabilimenti ospedalieri accorpati.
d) I Comuni (riuniti nelle Conferenze di ASL e nelle assemblee di distretto) hanno in pratica solo compiti consultivi.
Si arriva così in sede nazionale a un quarto riordino del SSN: decreto Balduzzi (Dlgs 158/2012); tuttavia l'applicazione di queste normative, lasciata in gran parte alle Regioni, è stata parziale e difforme tra regione e regione. Il decreto si proponeva di:
a) Deospedalizzare l'assistenza, valorizzando le cure primarie sul territorio attraverso l'integrazione monoprofessionale o multiprofessionale dei medici di base con gli specialisti ambulatoriali e ospedalieri e coi medici di continuità assistenziale; grande valore era attribuito allo sviluppo di ICT per realizzare questa integrazione. Riordinare della attività intramoenia dei medici ospedalieri, con destinazione di una quota parte dell'onorario all'azienda.
b) Regolamentare la responsabilità professionale del medico incentivando l'applicazione di linee guida e buone pratiche elaborate dalla comunità scientifica nazionale e internazionale.
c) Promuovere sani stili di vita (alimentazione, sanità animale, lotta contro le dipendenze); in particolare si introducono norme per limitare il diffondersi di ludopatie.
d) Nuove norme per la scelta dei Direttori Generali e dei Primari, col fine di depotenziare l'influenza dei partiti.
In conclusione tutte queste normative che cercavano di modificare la gestione del SSN lasciavano sempre delusi cittadini e operatori, in quanto cadevano in un contesto nazionale e internazionale sempre più sfavorevole a un SSN universalistico, finanziato attraverso la fiscalità generale; all'inizio di questo millennio Lancet scriveva: "la spinta verso riforme dei sistemi sanitari basate sul mercato si è diffusa in tutto il mondo…… Questo modello di sistema sanitario è sostenuto dalla Banca Mondiale per promuovere la privatizzazione dei servizi". In Italia la spinta verso il "mercato della malattia" è realizzato principalmente attraverso il sottofinanziamento del Fondo Sanitario Nazionale (FSN), causa principale della mancanza di personale, del mancato rinnovo delle attrezzature, della scarsa manutenzione degli stabilimenti ospedalieri e ambulatoriali e quindi delle lunghe liste d'attesa che obbligano i cittadini a far ricorso alle prestazioni a pagamento. Il rapporto GIMBE 2019 (www.quotidianosanità.it del 11.06.2019) precisa che nel periodo 2010-2019 sono stati sottratti al SSN circa 37 miliardi e incremento complessivo del fabbisogno sanitario nazionale è stato di 8,8 miliardi, insufficiente a pareggiare l'inflazione, per non parlare dell'adeguamento dei CNCL e soprattutto dei nuovi LEA, in parte legati ai progressi scientifici in campo diagnostico e terapeutico, ma spesso mantenuti per pressioni di industrie farmaceutiche o elettromedicali o per pressioni corporative. Il DEF 2019 riduce progressivamente il rapporto spesa sanitaria/PIL dal 6,6% nel 2019 al 6,4% nel 2022; inoltre le previsioni di spesa sono subordinate alla crescita e al nuovo Patto per la Salute tra Ministero della Salute e Regioni.
Le buone intenzioni della Ministra Grillo di battersi strenuamente contro il MEF, non sono rafforzate da idee innovative, quali un nuovo ruolo della medicina di base, di una maggiore integrazione tra prestazioni sociali e sanitarie, da uno sfoltimento dei LEA, eliminando pratiche diagnostiche, terapeutiche ed assistenziali ormai superate. Infatti, sempre secondo l'ultimo rapporto GIMBE, il 19% della spesa sanitaria pubblica non migliora la qualità di vita delle persone; analogamente le attuali assicurazioni private (cosiddetto secondo pilastro) finanziano prestazioni "inutili" per circa il 50%. Collateralmente non possono non essere citate le attuali deduzioni fiscali per spese sanitarie, anche perché ci sono ipotesi di correzione dei conti pubblici attraverso l'eliminazione di questo beneficio; si tratta di 3,8 miliardi detratti da imposte sul reddito di persone fisiche e di 3,3 miliardi detratti per contributi a fondi sanitari integrativi.
Strettamente legato al problema del finanziamento c'è il problema dei tickets nazionali a cui le Regioni possono aggiungere una ulteriore quota (superticket). Introdotti nel 1979 per limitare l'uso indiscriminato dei farmaci (cosa assurda perché prescritti dai medici) si sono estesi alle prestazioni diagnostiche di laboratorio e strumentali, alle visite specialistiche e, in alcune Regioni, al Pronto soccorso; nel 2018 hanno fruttato 2,967 miliardi con un aumento del 2,6% rispetto al 2017; si è giunti all'assurdo che certi accertamenti hanno un ticket più elevato che non la prestazione fatta a pagamento! Questi sono
tutti fattori che screditano la Sanità pubblica, tanto che appare giustificato il ricorso alle assicurazioni private con conseguente riduzione della tassazione legata al finanziamento del SSN; come detto all'inizio questo porta un vulnus all'art.32 della Costituzione.
Sia le OO.SS., sia associazioni culturali e scientifiche, sia singoli cultori della materia (ad es. Ivan Cavicchi) hanno avanzato proposte e studi che evidenziano quanto è possibile fare per mantenere quel carattere di universalità ed esigibilità del SSN, voluto dalla Costituzione; la Ministra Grillo sostiene queste finalità e dice di essersi mossa in questa direzione perseguendo un chiaro segno di cambiamento rispetto ai precedenti Governi; le va dato il merito di cercare di introdurre principi di merito e di trasparenza in un mondo prigioniero di logiche spartitorie e clientelari; la sua azione è indirizzata vagamente contro "la politica", senza considerare che le lobbies accademiche, clericali, finanziarie interferiscono nella gestione della sanità. Che coerenza poi c'è tra l'affermazione di voler superare le diseguaglianze tra Regioni meridionali e settentrionali quando si dice favorevole al regionalismo differenziato?
Integrazione tra servizi sanitari e sociali
Nel 2000 usciva la Legge Turco (328/00) che mandava in soffitta la legge Crispi, attiva per oltre un secolo, che gestiva l'assistenza sociale soprattutto attraverso gli IPAB (Istituti Provinciali Assistenza e Beneficenza); la legge 328 si proponeva di avviare un nuovo corso alle politiche socio-assistenziali tra cui colmare quello scollamento che esisteva tra politiche e servizi sanitari e politiche e servizi sociali. Questo era di particolare attualità dato che la legge 502/92, come detto, impediva questa integrazione che era attribuita ai Comuni associati nelle USSL.
Analogamente alla legge 833/78 anche la legge 328/00 era stata anticipata da numerosi atti deliberativi regionali che affidavano ai distretti sanitari il compito di progettare un piano integrato di servizi sociali, affidati sia ai Comuni che alle ASL (AzUSL) per la parte riguardante i servizi sociosanitari (dipendenze, anziani, psichiatria, materno-infantile). La ministra Turco si ispira ampiamente alle normative regionali, facendo i Comuni fulcro delle politiche sociali e affidando loro le funzioni di coordinamento e integrazione attraverso i distretti che devono periodicamente elaborare Piani di Zona capaci di individuare tutte le risorse assistenziali del territorio e rendere possibile la cooperazione del privato sociale (associazioni di volontariato, di promozione sociale, cooperative sociali ma anche cittadini singoli o associati).
Inoltre stabiliva che l'integrazione non riguardava solo il settore sanitario, ma anche quello dell'istruzione (soprattutto politiche attive di formazione) e di avviamento e reinserimento lavorativi; viene così ad attenuarsi la distinzione, presente in quasi tutti i Paesi europei, tra welfare e workfare. Questi interventi integrati devono coinvolgere più soggetti istituzionali secondo il principio di sussidiarietà verticale (o istituzionale), prevedendo che lo Stato interveniva solo quando Regioni, Provincie, Comuni non erano in grado di compiere le attività necessarie a tutela dei bisogni assistenziali di un territorio; si doveva inoltre realizzare una sussidiarietà orizzontale (prevista dalle leggi Bassanini) con il coinvolgimento degli Enti del Terzo Settore che dovevano avere compiti integrativi e non sostitutivi dell'intervento pubblico. Già fin d'ora si sottolinea che questo aspetto verrà modificato dalla legge 106/2016 (non ancora applicata dato che mancano molti decreti attuativi che l'attuale Governo non fa); il Ministro Poletti auspicava una cosiddetta sussidiarietà circolare, con interventi sostitutivi da parte degli Enti del Terzo settore e così diminuire i trasferimenti dallo Stato ai Comuni riguardanti le politiche sociali. Vale la pena però di sottolineare come molti Regioni (in primis la Lombardia di Formigoni) abbiano stravolto il principio di sussidiarietà orizzontale, intendendola come mero trasferimento di soldi pubblici al privato, a cui si appaltavano interi settori ospedalieri o altri servizi e attività.
Inoltre la L.328/00 introduceva il principio dell'uniiversalità selettiva intendendo con questo che il diritto di accedere alla assistenza sociale riguardava solo persone con specificate caratteristiche di reddito o di invalidità; fa eccezione l'assegno di accompagnamento che riguarda persone gravemente non autosufficienti indipendentemente dal reddito (vari Governi non sono riusciti peraltro a trovare una formulazione di questo beneficio più consona alle necessità della nostra società, pur riconoscendone l'inadeguatezza). Questo principio veniva però attenuato in senso selettivo dato che la 328/00 prevede che i Piani di zona novellino azioni atte a prevenire il bisogno sociale, riducendo condizioni di disagio individuale e familiare, derivanti da inadeguatezza di reddito, disabilità, difficoltà sociali e scolastiche.
Concludendo possiamo dire che la legge 328/00 ha pensato a un sistema di protezione sociale attiva, costruibile attraverso una rete territoriale di comunità, superando il tradizionale concetto risarcitorio di assistenza per promuovere la solidarietà di tutta la comunità (servizi pubblici e terzo settore), tenuta non solo a rimuovere il disagio ma anche a prevenirlo.
Purtroppo questi buoni propositi sono stati annullati dai tagli fatti ai bilanci comunali, con il quasi totale azzeramento della spesa sociale nel 2012-14; solo nel 2019 la spesa sociale statale è aumentata dato il Reddito di cittadinanza. (2018: 3.740 mil.; 2019: 7.786 mil.; 2020: 8.838 mil). Inoltre il panorama oggi è particolarmente confuso dato che il precedente Governo ha cercato di dare una nuova impronta a tutto il settore del welfare e del workfare con la Legge 106/2016 (Delega al Governo per la riforma del Terzo settore, dell'impresa sociale e per la disciplina del Servizio Civile Universale); questa legge si propone di indirizzare tutti gli enti non-profit (volontariato, associazioni di promozione sociale, cooperative e imprese sociali, enti filantropici, ecc.) a colmare le lacune del welfare italiano e rilanciare investimenti sostitutivi dell'intervento pubblico. La legge necessita ancora di numerosi decreti applicativi per essere completamente funzionante (l'attuale governo giallo-verde la tiene in stand-by); tuttavia è possibile ipotizzare che questa legge potrebbe permettere di colmare, attraverso l'attività di volontariato, le carenze di alcune regioni soprattutto nella applicazione dei LEA. Tuttavia va notato che si incentiverà l'esternalizzazione di servizi che potranno essere gestiti da cooperative e imprese sociali (anziani, psicopatici, tossicodipendenti, malati terminali, ecc.) con costi inferiori; inoltre, a differenza di quanto previsto dalle leggi precedenti, l'intervento delle associazioni di volontariato sarà sostitutivo e non integrativo del servizio pubblico.
Proposte di intervento
La Ministra Grillo, dopo i primi mesi impiegati soprattutto a giustificarsi coi suoi di non poter dar seguito alle promesse elettorali soprattutto sui vaccini (ora si parla di obbligo vaccinale flessibile?) polemizza col MEF per cercare di non diminuire ulteriormente il FSN, che è riuscita a mantenere ai 114 mil., come preventivato col governo Gentiloni. Inoltre ha rinnovato alcune cariche dirigenziali di agenzie governative (ISS, AIFA, ecc.) e modificato le norme per l'individuazione dei Direttori generali di ASL e AO; pensa inoltre di diminuire i tempi d'attesa, affidandosi a metodi informatici, di dare applicazione alla legge sui DAT con la creazione di un registro nazionale, di trovare una modalità di legalizzazione della cannabis light e di correggere le differenze tra servizi sanitari del nord e sud Italia; non sembra però che la sua presa di posizione contro il "Regionalismo Differenziato" sia sufficientemente chiara. Lo slogan di "spoliticizzare la sanità" (soprattutto per quanto riguarda i direttori generali) appare più gridato che applicato; non affrontati sono il tema del personale sanitario (tranne un aumento dei medici alle scuole di specializzazione), il problema dei supertickets e quello sulla gratuità dei contraccettivi. La Lega vorrebbe sostituire la ministra per le sue posizioni nei confronti del regionalismo.
Per il PD, Zingaretti è intervenuto di recente con argomenti che non possono essere che condivisi: aumento del FSN indirizzato soprattutto a coprire le piante organiche (una delle cause più evidenti della lunghezza delle liste d'attesa) aumento degli investimenti in edilizia ospedaliera, interventi tesi a ridurre le differenze in salute intra ed interregionali. Non prende però posizioni nette sul regionalismo differenziato, sulla fiscalità e sulle assicurazioni private, che, data la loro deducibilità dalle tasse, possono ridurre le entrate dello Stato, col conseguente pericolo ti tagli al welfare. Mi dilungherò maggiormente sulle proposte delle OO.SS e dei partiti cosiddetti a sinistra del PD, che in gran parte coincidono, tranne che sulle assicurazioni sanitarie (welfare aziendale); infatti questo incide sulla universalità del SSN, introducendo il concetto che la tutela della salute è legata allo stato di "lavoratore", come in era mutualistica.
1) La spesa sanitaria è tra le più basse dei Paesi europei (il 6,7% del PIL nel 2019 contro una media del 8,5%); viene proposto un innalzamento immediato al 7% del PIL, con adeguamenti progressivi della spesa sulla base del progressivo invecchiamento della popolazione, del costo sempre più elevato dei farmaci innovativi e delle tecnologie. Va poi considerato che non è corretto il metodo OCSE di vincolare la spesa sanitaria al PIL, essendo i bisogni sanitari indipendenti dal Prodotto Lordo.
2) Rilanciare il ruolo dei Comuni e quindi della partecipazione in contrapposizione a un centralismo regionale sempre più soffocante; basti pensare che i Comuni sono completamente esclusi dalla gestione del loro ospedale locale.
3) Rivedere la rete delle AO, individuando circa 80 ospedali con tecnologie sofisticate e altamente specializzati, mentre gli altri devono essere integrati con i servizi sanitari e sociali del loro territorio.
4) Rilanciare il ruolo dei Comuni e rivedere le reti ospedaliere con una conseguente revisione profonda delle caratteristiche aziendalistiche delle ASL e delle AO.
5) Rilanciare i servizi sanitari territoriali soprattutto organizzando Case della Salute, luoghi di integrazione tra medici di base e tra tutti gli altri servizi sanitari e sociali del territorio.
6) Dato lo stretto legame tra salute pubblica e qualità dell'ambiente è necessaria una integrazione tra servizi sanitari (in particolare Medicina del lavoro) e agenzia regionale di prevenzione ambientale.
7) Rivedere in rapporto alle nuove innovazioni tecnologiche le piante organiche dei servizi sanitari e, nel breve periodo, coprire le attuali piante organiche soprattutto al fine di ridurre le liste d'attesa.
NOTA - A questa prima parte di argomenti generali, dovrà seguire una parte specialistica, che tratti di argomenti politicamente rilevanti come aborto, droghe, prevenzione, infortuni sul lavoro e malattie professionali, assistenza agli anziani, ecc. ecc
Parte specialistica
Problemi e legislazione connessi col fine vita
A differenza di molti Paesi europei, in Italia non si inizia a discutere approfonditamente del "Fine Vita" che dopo il 1990, introducendo nel Codice Deontologico Medico la direttiva che non consente alcun atto diagnostico e terapeutico contro la volontà del malato; ciò presuppone che l'interessato sia libero di intendere e volere; in caso contrario è il medico che sceglie il miglior interesse de malato.
Nel 1992 il Comitato Nazionale di Bioetica propone che il malato debba essere correttamente informato sugli atti diagnostici e terapeutici a cui è sottoposto e soprattutto debba dare un "Consenso Informato" agli stessi; questo indirizzo è rafforzato dalla Convenzione di Oviedo (1997) che afferma che "nessun intervento in campo sanitario può essere effettuato se non dopo che la persona a cui esso è diretto vi abbia dato un consenso libero e informato"; è ambigua invece la direttiva in caso di incoscienza del malato e per i minori. Nel 1997 il disegno di legge Grignaffini (Partito Radicale) introduce la possibilità di "Direttive Anticipate", per esprimere la volontà del soggetto nel caso avesse perso la capacità di intendere e volere; i tempi sono maturi, tanto che dal 2000 al 2006 approdano alla Commissione Igiene e Sanità del Parlamento 11 proposte di legge con nette differenze tra laici e cattolici (i Valdesi sono maggiormente vicini alle posizioni laiche); le proposte di parte laica si ispirano a principi di autodeterminazione, di pluralismo di opinioni e valori presenti nella nostra società, alla limitazione dei comportamenti dei sanitari che vorrebbero agire secondo i propri convincimenti filosofici anche in contraddizione con quelli del malato; secondo i cattolici invece viene ammessa la libertà di coscienza degli operatori, vengono derubricate come "atti non terapeutici" la nutrizione e l'idratazione artificiali, introdotto il concetto di "Eutanasia Omissiva" riguardante il malato che non dà il consenso a interventi terapeutici salvavita.
Si arriva così al DdL del 27.3.2009, approvato dopo la nota strumentalizzazione della vicenda Eluana Englaro, spettacolarizzata dalle destre come contrasto tra vita e morte; si trattava invece di stabilire che la poveretta era già morta e non aveva senso mantenere artificialmente attive la respirazione, la circolazione e le funzioni metaboliche. Il decreto introduce la possibilità di esprimere dichiarazioni anticipate di trattamento, chiarisce i comportamenti da tenere in caso di minori, ma ha molte limitazioni; oltre a non considerare trattamento la alimentazione/idratazione artificiali, limita l'autodeterminazione della persona dato che le dichiarazioni anticipate sono valide solo dopo conferma di un collegio di tre medici. Solo nel 2016 il problema viene riesaminato dal Parlamento, arrivando nel 2017 alla formulazione di una nuova legge che riguarda:
a) Il CONSENSO INFORMATO, prevedendo che nessun trattamento possa essere iniziato o proseguito se privo del consenso della persona interessata.
b) Il medico non deve limitarsi ad informare burocraticamente la persona, ma è tenuto a specificare benefici e rischi degli accertamenti diagnostici e delle terapie proposte, le possibili alternative e le conseguenze in caso di mancata messa in atto delle stesse.
c) Il medico è tenuto a rispettare le volontà del paziente; il paziente non può esigere trattamenti sanitari contrari a norme di legge e alla deontologia professionale.
d) Viene regolato il consenso da parte di minori o incapaci con eventuale ricorso al giudice tutelare.
e) Vengono disciplinate le DECISIONI ANTICIPATE DI TRATTAMENTO (DAT), definite come l'atto in cui ogni persona, capace di intendere e volere può, in previsione di una eventuale futura incapacità ad autodeterminarsi, esprime il proprio consenso in materia di trattamenti sanitari. È possibile anche indicare un fiduciario che lo rappresenti nelle relazioni col medico. Le DAT possono essere disattese se medico e fiduciario riscontrino che ci siano stati progressi tali da modificare il giudizio precedentemente espresso dall'interessato.
f) Si deve istituire un REGISTRO NAZIONALE DELLE DAT, per permettere una rapida consultazione da parte dei servizi sanitari. Questa norma è disattesa e solo recentemente la Ministra Grillo ha stanziato i fondi necessari alla compilazione del registro.
La legge migliora quindi notevolmente il livello di autodeterminazione delle persone, ma lascia ancora molti dubbi come evidenziato nelle cronache recenti riguardanti il caso Cappato/Fabo; si tratta principalmente del fatto che ogni aiuto fornito alla messa in atto di tecniche di eutanasia attiva vengano punite come "omicidio di consenziente" (art.580 del codice penale). Ora in Parlamento giace (è proprio il caso di dirlo) una legge di iniziativa popolare sull'eutanasia; ma in Parlamento ci sono i Fontana e i Pillon …… La Corte costituzionale (sentenza 207/2018) ha auspicato che le Camere prendessero posizione sul problema sollevato dalla Corte di Assise di Milano in merito alla legittimità dell'art.580 del codice penale. A seguito di questo (luglio 2019) il Comitato Nazionale di Bioetica ha riaffrontato la questione; malgrado posizioni divergenti il comitato è arrivato alla formulazione di alcune raccomandazioni condivise che chiedono al Parlamento di legiferare sull'aiuto medico al suicidio nel pieno rispetto di tutte le opinioni a riguardo e sulla depenalizzazione dell'omicidio di consenziente; inoltre viene considerata legittima la sedazione totale terminale.
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