www.resistenze.org - proletari resistenti - scuola - 18-07-09 - n. 283

Finalmente la scuola boccia
 
di Tiziano Tussi
 
Finalmente la scuola boccia. Finalmente si è ritornati a premiare il merito. Dopo la scuola sessantottina e del buonismo ecco che l’eccellenza riprende piede. E via a valanga, banalità su banalità. Il tutto acceso da un numero di qualche migliaia di bocciati in più all’esame di maturità e di un aumento, maggiore per impatto, di studenti con il “debito”. Subito una riflessione su questo. Il debito è uno scimmiottamento dell’esame di settembre pre 1994. Bene lo si chiami così, esame di settembre e gli si dia il senso che gli si deve dare. Questa ambiguità del debito sia finalmente spazzata vai in un modo o nell’altro.
 
La maturità e la serietà ritrovata della scuola. Naturalmente il dato che si esalta è un fraintendimento. Come è possibile, per un individuo dotato di medio raziocinio, pensare che se la scuola sino all’altro ieri era la sentina di tutte le imperfezioni, l’ultima resistenza barricadiera di tardi ex sessantottini, improvvisamente ieri è diventata la scuola di domani. Chi sono gli insegnanti che hanno bocciato di più? Sempre gli stessi. Chi sono coloro che hanno affibbiato più debiti? Ancora loro.
Cerchiamo di capire un pochino allora.
 
Quest’anno, e dall’anno prossimo ancora di più, vi sono dei lacci tecnici più stringenti. Ed è logico che gli studenti ne incappino in misura maggiore. Non voglio certo addentrarmi in questo labirinto numerico, ma vi è una diversa composizione dell’attribuzione del voto finale di maturità, la condotta fa media con il resto del panorama valutativo. Differenze tecniche. Ma la scuola continua ad essere uguale a ciò che era. Un solo imperativo: tagliare, tagliare. Poi ognuno si arrangi come può.
 
Dal ministro Gelmini, che ha saputo trarre profitto dalle sperequazioni del panorama scolastico italiano, andandosi a perfezionare, per diventare avvocato a tutti gli effetti a Reggio Calabria e non al Nord, dove l’esame risulta notoriamente più difficile, al livello burocratico, ai presidi, sino agli insegnanti ed ai bidelli.
 
Tutto scricchiola. Un esempio. Il dirigente regionale ministeriale della Lombardia, pochi giorni fa ha detto che tutti gli insegnanti debbono ritornare a scuola, tutti i giorni dal primo di settembre. Acqua calda. Ogni anno è stato fatto così. Gli insegnanti riprendono servizio, così si dice, proprio quel giorno. Ma lui vuole proprio che ci vadano tutti i giorni; ma a fare cosa? Inutili riunioni per materie, discussioni sul programma da svolgere, interdiscliplinare, di classe? Collegi docenti ogni giorno, sino al 14 dello stesso mese, inizio dell’anno scolastico? Riordino delle biblioteche, dove ci sono; dei cassetti delle cattedre, dove ci sono? Ma di che cosa parliamo?
 
Insomma una scuola che è stretta tra un livello borbonico di lavoro e smanie post moderne. In mezzo chi ci rimane? Gli studenti, naturaliter. Schiacciati tra un ceto insegnante che è sempre più demotivato e che viene solleticato con un ritorno al merito che non ci sarà mai, anche perché i denari promessi per i migliori non ci sono, anche perché se si trovasse chi vuole impegnarsi per stare più tempo a scuola, nelle varie commissioni di aria fritta, non sarebbe pagato per il tempo di lavoro che male e tardissimo. Proviamo a pensare di dilazionare il compenso all’idraulico che viene ad aggiustare il rubinetto di sei-otto mesi? Quale sarebbe la sua reazione? Forse la casa allagata! Ma gli insegnanti no, aiutati pure dai loro sindacati maggiori, debbono essere sempre più responsabili.
 
Ed intanto maree di precari, mal pagati, servono per tenere in piedi la situazione. Licenziati ogni festa comandata, non pagati d’estate, senza una possibilità reale di pensare ad un lavoro stabile e perciò decente. Ma non importa. Occorre blaterale sulla serietà ed il merito, l’eccellenza.
 
Per arrivare a questi irraggiungibili risultati necessiterebbe investire soldi denaro, argent. Scuola, ricerca, università dove oltre a pensare di tagliare si dovrebbe perlomeno ritornare ad una situazione meno ridicola di questo tre + due. Basta con i crediti per esame: tre, sei, nove e dodici. Che vuole dire? Se uno studente sostiene un esame da sei gli chiedo un libro in meno, oppure lo interrogo un po’ più superficialmente? Il manuale vale tre, un’esercitazione pure.
 
Avevamo alcuni livelli di eccellenza, la scuola elementare ad esempio: attaccata anche quella. Forse si può tagliare. Un’onda non basta certo. Ci vorrebbe uno tsunami, virtuoso. Pensiamoci.
 
Tiziano Tussi