www.resistenze.org - proletari resistenti - scuola - 09-05-16 - n. 588

Scuola, i nodi vengono al pettine

R.C.

09/05/2016

Una delle forme più subdole di privatizzazione è data dall'esercizio della pubblica istruzione sulla base della legge 107-2015, più nota come legge della "buona scuola". Formalmente il sistema dell'istruzione rimane pubblico, nel senso che stipendi e la più parte dei finanziamenti sono in carico al tesoro. Rimane statale anche parte della normativa, tra cui quella sulle cattedre, sugli organi collegiali, sull'orario di servizio, sulle procedure di assunzione, e poco altro. Tutto il resto è ormai composto da istituti di natura privatistica: criteri di utilizzo e di governo del personale e finanziamenti aggiuntivi da parte di privati che potranno così agire da sponsor in cambio di progetti e collaborazioni, tra cui stage aziendali (ovviamente gratis) per gli studenti.

Tutto ciò, si dirà, non è completamente nuovo. In effetti molto di questo era previsto dall'autonomia scolastica, vecchia di quasi 30 anni, che però, nella pratica, come forma di privatizzazione, nel senso di apertura culturale e materiale al libero mercato, si è rivelata insufficiente.

Così ora lo stage aziendale non è pratica opzionale, ma è prevista per legge con un numero minimo di ore da 200 a 400 per studente, a seconda del tipo di scuola.

Ma l'aspetto peggiore è l'allargamento del potere dei presidi, che potranno disporre della scelta degli insegnanti e dell'allontanamento di quelli non graditi (con verifiche triennali). Il personale sarà valutato annualmente, in modo da dar luogo a liste nere di insegnanti di cui disfarsi. Ed è proprio in questo momento che nelle scuole si darà luogo per la prima volta alla messa in pratica di questo  istituto con l'obiettivo, non certo di migliorare la qualità dell'istruzione, ma di dividere il personale mettendo gli uni contro gli altri ed individuare – per colpirli – quanti, e per fortuna sono ancora molti, non si adeguano al  criterio ispiratore del libero mercato capitalistico come paradigma del proprio agire professionale. In questi giorni si vedono e si sentono le peggiori schifezze, della serie di genitori e studenti chiamati a dar corpo al criterio della "reputazionalità" dando la pagella agli insegnanti della propria classe!

L'istruzione viene con tutto ciò chiamata ad essere una istituzione totalizzante, da cui la libera circolazione e confronto delle idee non è più tollerata ed il conflitto è espulso. Un'agenzia formativa, al pari di internet, del telefonino e quant'altro, atta a plasmare sui criteri dell'individualismo e sull'ideologia capitalistica, le menti delle nuove generazioni.

L'opposizione, per la verità, c'è stata, con scioperi generali partecipati. Ma è mancata la continuità esterna al sostegno del conflitto interno delle scuole, soprattutto per la non volontà delle centrali sindacali (in specie CISL e UIL)  di fare delle scuole un luogo di conflitto e di messa in discussione del paradigma culturale ispirato al libero mercato. Il conflitto è stato con ciò privato di punti di forza, dal momento che i presidi possono anche agire coadiuvati da rappresentanti non docenti degli organi collegiali, o addirittura scavalcando detti organi con l'appoggio di esperti di marketing esterni.

In questo momento la conflittualità è in una fase di stanca. Di ciò si ha una  conferma indiretta, in quanto, in sostituzione della lotta, è stato indetto un momento referendario per abolire gli aspetti più iniqui della legge 107. Come dimostra una lunga pratica il referendum è un'arma spuntata che porterà i promotori ad una sicura sconfitta.

Non è con la conta delle teste, in un momento deve la società civile, nel suo insieme, sembra plasmata dall'ideologia capitalista, ma dando fiato al conflitto che deve vedere l'unità del personale scolastico e degli studenti che dalla società capitalistica, che nega loro il futuro, nulla hanno da guadagnare, che si può costruire una reale opposizione alla privatizzazione dell'istruzione.


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