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Capitolo 8. [M. Michelino:1970-1983 - La lotta di classe nelle grandi fabbriche di Sesto San Giovanni]
LA LOTTA INVESTE ANCHE IL CONSIGLIO DI
FABBRICA
L’elezione del consiglio di fabbrica
La mia elezione nel Consiglio di Fabbrica come delegato del reparto
Forgia eletto dal gruppo omogeneo Magli-Presse-Trafila, fu innanzitutto un
riconoscimento politico dato al Gruppo Operaio.
Nella mia nuova posizione di delegato di reparto, avevo la possibilità di
girare negli altri reparti e di intrattenermi “legalmente” con altri
lavoratori.
La conoscenza della busta paga e degli accordi aziendali e nazionali mi
aiutavano nei rapporti con i lavoratori. Spesso ero chiamato da gruppi di
lavoratori o da singoli ad intervenire nei conflitti sindacali che
inevitabilmente scoppiavano tra lavoratori e direzione aziendale a dispetto
dell’opera di pompieraggio del sindacato. Questo aumentava le contraddizioni
tra me e gli altri delegati, che vedevano nelle mie azioni un’ingerenza nelle
loro zone d’influenza considerate loro “feudi elettorali”.
I continui furti commessi dalla direzione sulle buste paga sotto forma di
mancato pagamento di varie voci quali cottimi, indennità di turno ecc., suscitavano
forti reazioni e contrasti tra lavoratori e azienda.
La continua richiesta di chiarimenti e il continuo contenzioso con l’azienda mi
spinse, su richiesta di molti operai, a scrivere una dispensa dal titolo: “Come
leggere la busta paga”. Feci una copia della mia busta paga cancellando il nome
e il numero di matricola e dividendola in due parti: una parte competenza
(salario base, contingenza ed indennità varie) e una seconda parte trattenute
(Irpef e contributi), illustrando con uno specchietto come veniva determinato
il salario netto in busta paga.
Questa dispensa era preceduta da una parte generale che spiegava cos’é il
salario.
La dispensa ebbe un successo e una diffusione tale che in pochi giorni si
esaurirono le 400 copie prodotte.
La conoscenza della busta paga e delle leggi fiscali, ignorate dalla
maggioranza dei lavoratori, mi portarono a fare una campagna per spiegare ai
lavoratori stessi che potevano detrarre dalle tasse le spese mediche sostenute
da loro e dalle loro famiglie con il 740 (dichiarazione dei redditi), a
differenza del sindacato che compilava la dichiarazione solo per far pagare le
tasse.
Per un certo periodo feci parte della commissione del Consiglio di Fabbrica che
compilava il modello 740, fino a quando scoprii che il CdF faceva pagare questo
servizio che io facevo gratuitamente.
Denunciai la cosa pubblicamente ai lavoratori e mi ritirai dalla commissione,
continuando a farli gratis nel reparto durante le pause o fuori dall’orario di
lavoro, sia per gli iscritti al sindacato che per i non iscritti.
La conoscenza della busta paga, le continue contestazioni “vinte” contro la
direzione, mi fecero diventare un punto di riferimento per un numero sempre
crescente di lavoratori.
Quando intervenivo criticamente nel dibattito sulle piattaforme contrattuali,
specialmente sulle parti economiche e normative, il commento degli operai era:
“se lo dice lui che ci fa il 740 e conosce la busta paga, sarà senz’altro
vero”. Questi fatti aumentarono la considerazione e la stima dei lavoratori non
solo nei miei confronti, ma anche nei confronti di tutto il Gruppo Operaio di
cui facevo parte. Il lavorare fianco a fianco, l’organizzare insieme le lotte
dividendo con gli altri operai rabbia, gioie e dolori furono il fattore
determinante per creare l’unità. Questa unità che si era costruita nella lotta
vanificò spesso i tentativi di isolarci e di colpirci, quando la repressione
padronale e dello stato si fece più intensa. Fu l’unità con i nostri compagni
di lavoro che ostacolò il tentativo di farci passare
per terroristi estranei al movimento operaio.
I nostri compagni di lavoro nei momenti importanti si chiudevano a riccio
intorno a noi, pagando anche loro in prima persona un prezzo elevato.
Dopo il ritrovamento di un volantino delle Brigate Rosse, contenente minacce a
4 delegati, anche alla Breda Fucine si intensifica la “caccia al terrorista”.
Ogni volta che i lavoratori ritenuti vicini al “Gruppo Operaio”, o altri
“sospetti”, si allontanano dal posto di lavoro per recarsi al cesso, in mensa,
negli spogliatoi, occhi vigili li seguono, annotando tutto.
Sono gli occhi dei militanti del Partito Comunista Italiano e dei sindacalisti
di CGIL-CISL-UIL; sono gli occhi dei capi e delle guardie armate della
fabbrica, ma non solo.
Come si verrà a scoprire qualche tempo dopo, sono anche gli occhi degli agenti
dell’antiterrorismo assunti nel frattempo per tenere sotto controllo la
situazione.
Fare politica in questa situazione era, per chi agiva fuori dal controllo del
PCI e dei sindacati, quanto mai difficile.
Nei primi mesi del 1980 fino al 1981 si susseguono vari tentativi di isolare i
militanti del “Gruppo Operaio” dal resto dei lavoratori, si cerca di
screditarli, di fargli perdere il consenso di cui godono presso alcuni strati
di operai, preparando le condizioni per poi sferrare l’attacco repressivo che
li stronchi politicamente.
In questo periodo, insieme alla campagna denigratoria contro i “sospetti
terroristi”, si cerca di eliminare dal C.d.F. il delegato del reparto Forgia
del gruppo omogeneo Magli-Presse-Trafila, ormai troppo scomodo anche per chi
vuole continuare a fingersi “democratico”.
A tale scopo il PCI e il sindacato utilizzano vari pretesti, arrivando fino a
cambiare il gruppo omogeneo del delegato “dissidente”. Rifanno per 3 volte, nel
giro di pochi mesi, l’elezione dei delegati del reparto ma tutte le volte io
vengo rieletto, con grave disappunto loro e della direzione aziendale.
Gli operai del reparto Forgia, quasi tutti iscritti alla CGIL, considerati da
tutti dei “buzzurri” (cioè forza-lavoro bruta e poco acculturati
scolasticamente) perché lavoravano in uno dei reparti più nocivi della fabbrica
(fra i rumori assordanti dei magli e delle presse che toccavano i 130 decibel,
costretti a respirare i fumi nocivi degli olii minerali, del cromo, dell’amianto,
esposti a temperature che toccavano i 1200 gradi), dimostrarono grande maturità
e coscienza di classe, scendendo sempre in lotta a difesa dei loro compagni e
del loro rappresentante nel Consiglio di fabbrica, anche quando sarà espulso
dal sindacato.
Questa coerenza e questa solidarietà verrà mantenuta dagli operai anche negli
anni successivi, facendo onore a questa classe operaia.
Assemblea contro il “terrorismo”
(Denuncia presentata dai delegati del C.d.F. – meno uno - alla polizia)
Al Commissariato di P.S. di Sesto San Giovanni
I sottoscritti: ……………………………………………….
Facenti parte del Consiglio dì Fabbrica della Breda Fucine di V.le Sarca n.
336, Milano e rappresentanti sindacali della F.L.M. (FIOM CGIL - FIM CISL -
UILM UIL) tenuto conto del Comunicato delle “Brigate rosse” a firma: “nucleo
armato - compagni rivoluzionari della Breda Fucine” che riportiamo
integralmente:
“Oggi 16 maggio un nucleo armato della nostra organizzazione, ha ricevuto
mandato per colpire secondo le proprie responsabilità i “berlingueriani”:
Cavagna-Midali-Gandolfi-Verga: “Questi luridi vermi sono riconosciuti dagli
operai per il loro attaccamento alla teorizzazione dei sacrifici e degli
interessi della Direzione - fanno parte dell’Esecutivo e sono delegati.
Compagni, siamo ormai coscienti del ruolo che ha questa gente ...... Ha scelto
di stare con lo Stato contro il movimento di classe e le avanguardie
rivoluzionarie.
Ai “berlingueriani” e a chi, con lurido tradimento di vergognosi voltafaccia,
hanno rinnegato il mandato per il quale erano stati mandati nel C.d.F. e che
oggi si assumono il ruolo di distruggere l’organizzazione di classe e di
denunciare le avanguardie, a coloro che si infiltrano e spiano, ricordiamo la
fine del loro degno compare Guido Rossa(*), la viltà di questi traditori sarà
punita.
Le azioni compiute sono solo un avvertimento. Ciascuno verrà punito e colpito
secondo le sue responsabilità.”
Ed in considerazione che nello stesso comunicato, oltre a minacciare
esplicitamente i quattro “berlingueriani” Cavagna - Midali - Gandolfi - Verga,
si minacciano tutti i componenti del C.d.F., ritengono opportuno presentare
denuncia contro gli autori dello stesso comunicato per tutti quei reati che
nella fattispecie si vorranno ravvisare.
Sesto S.Giovanni, 20.5.1980
(*) Guido Rossa: operaio sindacalista che aveva denunciato alcuni brigatisti e
che venne ucciso dalle Brigate Rosse
LETTERA APERTA AGLI OPERAI E AI LAVORATORI
DELLA BREDA FUCINE
Operai, lavoratori, compagni,
dopo una serie di gravi episodi, col ritrovamento del volantino BR (vero o
presunto tale) - contenente minacce verso 4 delegati - il clima di provocazione
in fabbrica ha raggiunto il punto critico. In questa situazione la FLM e il CdF
hanno deciso , in considerazione del fatto che oltre alla minaccia ai 4
delegati. nel comunicato BR si minacciano tutti i componenti del CdF, di
presentare denuncia contro gli autori del comunicato, “per tutti quei reati che
nella fattispecie si vorranno ravvisare”, invitando tutti i delegati a
sottoscrivere tale denuncia.
Al sottoscritto, che nel CdF si è dissociato dall’iniziativa motivando
politicamente la ragione di questa scelta, è stato concesso un periodo di
ripensamento, con l’invito a riflettere con molta attenzione data la gravità
della decisione.
Ma, data la situazione, come delegato eletto dagli operai per rappresentarne
gli interessi e non per inoltrare denunce alla polizia, intendo motivare
pubblicamente, con questa lettera, le ragioni che mi inducono a dissociarmi da
tale iniziativa.
1) E' mia opinione (condivisa peraltro da molti operai) che le ripetute
provocazioni, a prescindere da chi le ha concretamente organizzate, sono
politicamente usate per distogliere l’attenzione degli operai dal peggioramento
progressivo delle condizioni in fabbrica e dalla lotta contrattuale, e per
colpire come “probabili fiancheggiatori” gli operai che denunciano gli scopi e
i risultati della politica dei sacrifici.
2) Chiedere alla polizia di intervenire “per tutti quei reati che nella
fattispecie si ravviseranno..” quando, con le leggi speciali chiunque può
essere arrestato senza nessuna prova e lasciato per anni in galera in attesa di
processo, significa aprire la strada all’intervento della polizia anche contro
i cortei interni, le spazzolate, i blocchi delle portinerie, i blocchi stradali
e tutte quelle forme di lotta utilizzate dalla classe operaia nella lotta
contro i capitalisti, considerate reati per la legge borghese. Quindi si tratta
di un’operazione pericolosa che si ritorce contro gli operai, perché rischia di
avallare in futuro qualsiasi azione repressiva contro gli operai che
rivendicano i propri interessi, accreditando l’idea di una presunta
imparzialità degli organi dello stato nel conflitto tra capitale e lavoro
salariato.
Quindi, mentre mi è chiara l’impotenza del terrorismo a difendere gli interessi
operai, altrettanto
chiara è per me la natura del capitale e degli strumenti che garantiscono lo
sfruttamento degli
operai.
3) In ogni caso. con o senza la mia firma sulla denuncia, le indagini seguono
il loro corso, data l’obbligatorietà del “luogo a procedere” previsto dal
codice in questi casi, dal momento che il comunicato si trova nelle mani della
polizia. Inoltre, secondo le stesse dichiarazioni fatte dal CdF in assemblea,
le indagini sono già in pieno svolgimento per cui, in questo caso, la firma
sulla denuncia non dà nessun nuovo contributo ma anzi, secondo me, serve solo a
giustificare gli eventuali eccessi dell’azione repressiva.
4) Nelle assemblee e nel CdF ho più volte espresso, con la massima chiarezza,
le mie posizioni sulla strategia politica e sull’azione pratica del terrorismo.
Quindi, che significato assume la richiesta del CdF e dell’FLM di firmare tale
denuncia sapendo in partenza quale sarebbe stata la mia risposta, se non quello
di creare un precedente? A questo punto si dirà: “non ha firmato, quindi ha
qualcosa da nascondere”. Ma, anche se avessi firmato, chi ha interesse a far
circolare certe voci
avrebbe detto: “si è camuffato per non essere individuato” e, in ogni caso, chi
trae vantaggio da queste provocazioni avrebbe avuto materiale su cui lavorare.
Certo chi pratica il terrorismo non ha di questi problemi ma per chi - come me
- è da tempo al centro di una campagna condotta ad arte con illazioni, voci,
scritte nei cessi ecc., campagna che ha lo scopo di far passare coloro che
dissentono pubblicamente dalla linea dei sacrifici come terroristi, i problemi
esistono.
Operai,
questa situazione non è solo personale, ma è quella in cui si trovano oggi
quegli operai che non si sottomettono né alla disciplina del PCI né alla scelta
disperata e fallimentare del terrorismo. Nell’acuirsi della crisi, con la
copertura della lotta al terrorismo mentre lo stato e i singoli capitalisti
tentano di stroncare qualsiasi tentativo di organizzazione degli operai al di
fuori del PCI e della linea dei sacrifici in fabbrica, come dimostrano i 61
licenziamenti alla FIAT, il PCI utilizza tutto ciò per legittimare la sua
richiesta dì entrare nel governo adoperando a tal fine le strutture sindacali.
E’ in questa morsa, entro cui si tenta di schiacciare gli operai “dissidenti”
per impedire ogni possibilità di espressione e di difesa dei propri interessi,
che oggi si trovano gli operai coscienti e il terrorismo, in questo quadro, ha
fornito il terreno politico ideale per questa operazione . E’ proprio per
ribaltare questa logica che non accetto il ricatto della firma, e mi rivolgo
direttamente agli operai della Breda Fucine e delle altre fabbriche, perché
anche se oggi è difficile opporsi alla repressione anti-operaia
difendendosi nelle singole fabbriche senza un’organizzazione indipendente degli
operai, sia almeno
chiaro fin d’ora la portata dell’operazione in corso.
Il Delegato della Forgia
(Magli-Presse-Trafila)
3.6.1980
Sciopero dei lavoratori della Breda con assemblea nel viale interno alla
fabbrica
(La risposta del sindacato arriva due giorni dopo....)
...”Non ha firmato, quindi ha qualcosa da
nascondere”...
Continua il vittimismo
Il delegato del gruppo omogeneo MAGLI - PRESSE - TRAFILA - ha
scritto una lettera aperta ai lavoratori della Breda Fucine per giustificare il
suo atteggiamento non lineare sulle ultime vicende terroristiche successe nella
nostra fabbrica.
Nel titolo di questo comunicato riportiamo la frase che questo delegato attribuisce
al C.d.F. ed alla F.L.M., facendo un processo alle intenzioni.
Noi vogliamo con questo comunicato illustrare il nostro comportamento su questa
vicenda:
a) L’assemblea generale dei lavoratori Breda Fucine, immediatamente convocata,
ha votato una mozione che esprime solidarietà ai compagni del C.d.F. e decide
di assumere tutte le iniziative per tutelare i compagni minacciati.
b) La stessa assemblea è un chiaro atto concreto di lotta politica contro il
terrorismo e nessuno (né il padronato, né altri) possono permettersi di fare
l’esame di maturità alla classe operaia e alle sue organizzazioni sulla fedeltà
a questo impegno di lotta.
c) Oltre a battere politicamente il terrorismo occorre anche non lasciare
impunito nessun reato. Ognuno può avere il proprio giudizio sullo Stato e sulle
sue organizzazioni, ma questo non autorizza nessuno, mentre si lotta per
trasformare e democratizzare le strutture dello Stato tra cui la polizia, a non
rispettare il ruolo di queste strutture e a farsi giustizia in proprio.
d) Davanti ad un reato, e le minacce contenute nel volantino sono con certezza
un reato, ogni cittadino ha il dovere di far sì che non resti impunito colui o
coloro che hanno operato tale reato. Non c’è quindi per nessuno l’alternativa
tra fare o non fare la denuncia, ma l’alternativa se mai è tra far fare la
denuncia ai 4 delegati chiamati per nome od invece ritenere, come si è
ritenuto, le minacce nei confronti di tutto il C.d.F. e del Sindacato e quindi
fare la denuncia collettiva come è stato fatto e cioè da parte:
- il C.d.F. Breda Fucine
- la segreteria della F.L.M.
- la segreteria CGIL-CISL-UIL zona.
Con questa logica e su preciso mandato dei lavoratori si sono mossi C.d.F. e
F.L.M.
Resta il problema di chi ha scelto di rispondere ad altre logiche piuttosto che
alle decisioni dei lavoratori.
E’ inutile, quindi, quando non si ha un lineare comportamento tentare di fare
la VITTIMA per conquistare qualche simpatia.
Noi non vogliamo condannare nessuno senza ragione, ma abbiamo il dovere di
rendere conto a tutti i lavoratori ed in particolare ai lavoratori che hanno
eletto questo delegato.
Sesto S.G. 5 giugno 80
ESECUTIVO DEL CONSIGLIO DI FABBRICA BREDA FUCINE S.p.A.
Viale Sarca n.336 20126 MILANO
(Intanto si prepara l’espulsione dei
“sospetti” dal sindacato e dal C.d.F. ed il pretesto lo fornisce un convegno
contro il terrorismo)
Il 12 dicembre 1980 (nell’anniversario della strage di stato di Piazza Fontana
che, nel 1969, produsse 17 morti e 88 feriti) la Federazione CGIL-CISL-UIL
organizza un convegno dal titolo “Le fabbriche nel mirino del terrorismo”.
Il Consiglio di fabbrica della Breda Fucine per l’occasione prepara un proprio
documento, alla presenza dei tre funzionari esterni di FIM- FIOM- UIL.
Questo documento, dal titolo “Il terrorismo nella fase attuale” fu votato da 23
delegati con il solo voto contrario del delegato del reparto Forgia (eletto dal
gruppo omogeneo Magli-Presse-Trafila), cioè il sottoscritto. In questo
documento il CdF sosteneva che, siccome “i terroristi attaccano lo stato e attentano
la democrazia”, compito degli operai sarebbe quello di difendere queste
istituzioni.
In una lunghissima riunione, tramutatasi in processo contro il delegato
dissidente, il sindacato tentò in tutti i modi di far recedere il voto
contrario, accontentandosi anche di un’astensione, ma alla fine ogni parte
rimase sulle sue posizioni.
Fra i 23 delegati del CdF, a maggioranza PCI
e CGIL, che votarono a favore del documento “contro il terrorismo”, uno venne
arrestato in seguito con l’accusa di appartenere alla “Colonna Walter Alasia”
delle Brigate Rosse.
I giorni seguenti la tensione nell’aria era palpabile da tutti.
Lo scontro fra i militanti del Gruppo Operaio Breda, sostenuti dagli operai
della Forgia che difendevano il loro delegato da una parte, e i militanti del
PCI e del sindacato dall’altra, non fu solo verbale.
Negli spogliatoi e in mensa volarono ceffoni e spintoni da ambo le parti. La
conseguenza di questo scontro portò in seguito all’espulsione dal sindacato di
due militanti del Gruppo Operaio.
I tre funzionari sindacali esterni che seguivano la Breda Fucine:
. Giancarlo Patta, funzionario UILM, militante di Democrazia Proletaria, ex
membro di Rifondazione Comunista, attualmente dirigente nazionale della CGIL;
. Piergiorgio Tiboni, segretario della FIM-CISL milanese e, dopo la sua
espulsione, fondatore della FLMU (Federazione Lavoratori Metalmeccanici Uniti)
aderente alla CUB;
. Franco Rampi, funzionario CGIL, ex militante di Democrazia Proletaria,
attualmente segretario regionale dello SPI (Sindacato pensionati italiani)
della CGIL.
Intanto, all’inizio del 1981, a Sesto San Giovanni, si intensificano le azioni
dei gruppi combattenti.
Alla Breda Fucine viene sequestrato un capo e la repressione subisce
un’accelerazione
Comunicato dell’Esecutivo del Consiglio di
Fabbrica
L’esecutivo del Consiglio di Fabbrica della Breda Fucine in relazione al
comportamento del delegato Michelino Michelino e dell’operaio Armillotta
Antonio in merito a questioni fondamentali che riguardano la linea e una
corretta pratica di vita democratica del sindacato, che ha determinato un ampio
e appassionato dibattito dell’insieme del C.d.f. ritiene gravissime le
posizioni e gli atteggiamenti concreti dei suddetti interessati e chiede agli
organi dirigenti del Sindacato a nome del C.d.F. pronunciatosi all’unanimità la
sospensione dalla organizzazione sindacale per motivi di indegnità.
per il Consiglio di Fabbrica
(seguono le firme dei componenti l’Esecutivo)
15.1.1981
(Risposta del delegato della Forgia)
PERCHE’ HO VOTATO CONTRO IL DOCUMENTO DEL
C.d.F “IL TERRORISMO NELLA FASE ATTUALE”
Operai,
da tempo alla Breda Fucine, come nelle principali fabbriche, si susseguono i
tentativi di eliminare ogni forma di dissenso alla politica dei sacrifici e
alla dittatura del PCI in fabbrica.
Crollate le argomentazioni e le promesse sulle contropartite ai sacrifici
imposti in questi anni, ora il PCI fa ricorso a ogni tipo di provocazione per
intimidire gli operai che non si allineano, cercando di farli passare come
probabili terroristi per espellerli dal sindacato e soprattutto dalla fabbrica.
Finora tali provocazioni - alla Breda F. - sono servite solo a chiarire tra gli
operai la natura strumentale e le finalità repressive dell’operazione. Ma
evidentemente questo partito e i suoi fiancheggiatori nel CdF, che fino a ieri
facevano i sinistri nelle assemblee per essere eletti, non si curano affatto
del giudizio degli operai. Visto che certi suggerimenti non venivano raccolti
“da chi di dovere” sono passati direttamente all’azione, intentando un vero e
proprio processo contro il sottoscritto e contro un altro compagno del Gruppo
Operaio della Torneria.
La sentenza di sospensione richiesta dal sindacato è stata spedita alla
segreteria della FLM per la sua approvazione. Il tutto, naturalmente, senza
neppure consultare gli operai che mi hanno eletto come loro delegato né tanto
meno specificando i motivi del provvedimento.
Nella lettera del CdF si afferma solo che la sentenza è scaturita da un
“appassionato dibattito” nel CdF ed è dettata da motivi di “indegnità”. Questa
procedura già qualifica la natura dell’operazione. I bei discorsi sulla libertà
d’espressione, la democrazia, i diritti della minoranza ecc., con cui il
Partito “dalle mani pulite” cerca di legittimare la sua scalata al governo,
finiscono regolarmente sotto i piedi quando la minoranza diventa un intralcio
ai suoi intrallazzi.
Qual’ è infatti il pretesto di tale gravissimo provvedimento? L’aver votato
contro un documento presentato nel CdF, contenente alcune posizioni che non condivido
sul terrorismo e sullo Stato, posizioni che qui ribadisco affinché siano gli
operai a giudicare il mio operato.
- Sulla difesa dello Stato
Nel documento si afferma che compito principale degli operai è quello di
“difendere lo Stato dagli attacchi del terrorismo”. Dovremmo cioè sostenere lo
Stato proprio mentre questo sta attuando l’attacco più massiccio alle
condizioni di vita degli operai.
Dopo anni di contenimento dei salari e di aumento della produttività in nome
dell’occupazione e di una fantomatica uscita dalla crisi, ora nelle principali
fabbriche migliaia di operai vengono gettati in mezzo alla strada, i superstiti
vengono ricattati agitando lo spettro della disoccupazione per aumentare ritmi
e mobilità; le stangate governative si susseguono senza soste per ridurre
ulteriormente salari già insufficienti. La competitività, la ricerca del
massimo profitto sono diventate le bandiere di un nuovo nazionalismo per
combattere la concorrenza straniera.
Così, agli operai viene conciata la pelle per ingrassare i propri padroni e per
rovinare gli operai delle fabbriche concorrenti dei paesi stranieri. Sarebbe
questo lo Stato da difendere? Quello stato che ha lasciato morire migliaia di
nostri fratelli sotto le macerie dell’Irpinia e ora manda i poliziotti a
sfrattare i senzatetto? O forse dovremmo sostenerlo perché fa caricare i
picchetti degli operai che lottano contro i licenziamenti? Personalmente sono
convinto che questo Stato si sappia difendere egregiamente. Per questo la
direttiva che impone agli operai di schierarsi con lo Stato quando invece è
necessario organizzare la lotta per difendersi dalle sue stangate significa
soltanto favorire il nostro immiserimento.
- Sul terrorismo
Come viene giustificata una simile posizione? Dal fatto che il terrorismo
attacca lo Stato e quindi “attenta alla democrazia”. Ma cosa succede a chi, pur
non condividendo la strategia del terrorismo, non è neppure disposto a
sottomettersi agli attacchi dei padroni e del loro Stato? È possibile in questa
democrazia esprimere un giudizio sullo stato e la sua funzione che non sia
quello dei funzionari di regime?
La sentenza del CdF dimostra che ciò non è possibile e in ciò qualifica anche
il tipo di democrazia che vuole farci difendere. Chi non accetta le sue
definizioni diventa “ambiguo” e “un probabile terrorista”.
Eppure la mia posizione al riguardo è chiara a tutti gli operai della Breda F.
e allo stesso CdF. Si basa sulla convinzione che il terrorismo non solo è
incapace a difendere gli operai (e infatti nel pieno della sua azione gli
operai dovevano subire comunque le stangate governative), ma neppure può
dirigerlo nella lotta generale per la loro emancipazione dallo sfruttamento.
Non solo.
Oggi il terrorismo si presta come utile copertura per distogliere gli operai
dalla lotta contro i veri nemici e riaccreditare lo Stato. Proprio in nome
della lotta al terrorismo le misure più reazionarie, come il fermo di polizia,
sono passate come necessarie alla difesa della democrazia. Questo utilizzo del
terrorismo anche alla Breda F. si è puntualmente ripetuto, come in un disegno
preordinato, dopo ogni episodio vero o presunto di attentati, ritrovamento di
volantini, ecc. e sempre in concomitanza di qualche lotta. Di fatto, al di là
di chi regga le fila della provocazione (PCI, Sindacato, Digos o chi altro), si
è cercato di additare una serie di operai che lottano e si organizzano nei
reparti per intimidirli e metterli a tacere, mandandogli a casa anche
carabinieri e polizia.
- Sulla democrazia da difendere
Evidentemente il giudizio sul terrorismo non conta. Il problema non è essere o
no per la strategia del terrorismo, ma essere allineati o no con le posizioni
del PCI nel CdF. Dov’è allora la tanto sbandierata democrazia? Il sindacato è
forse un partito politico fondato sul centralismo democratico? Ha forse un
programma politico che ne definisca la funzione di difensore del regime? E’
proibito dissentire e organizzarsi in correnti? 0 forse il controllo dei
partiti governativi l’ha fatto diventare tale? In realtà neppure chi si professa
“difensore della democrazia” ci crede veramente.
Chi non è d’accordo con i loro giudizi sullo Stato, sulla democrazia borghese,
sul terrorismo viene additato come elemento pericoloso e possibilmente
“perseguibile”, soprattutto se si oppone alla politica antioperaia dei
sacrifici e denuncia la condizione di sfruttamento degli operai. La famosa
libertà di pensiero e di parola vale solo se si pensa e se si parla come
vogliono loro. Eppure questi personaggi hanno il coraggio di applaudire gli
operai polacchi che, proprio per aver sconfessato il sindacato di regime e il
sistema sociale che li sottomette, sono stati accusati di essere elementi
sovversivi.
In Polonia vengono chiamati elementi “antisocialisti” perché i padroni e i loro
reggicoda nei sindacati si autodefiniscono “comunisti”. In Italia cambia solo
il linguaggio. I padroni., lo Stato, i loro rappresentanti nel sindacato si
autodefiniscono “democratici”, quindi chi non accetta di sottomettersi viene
definito “antidemocratico” e probabile terrorista. Sono due facce della stessa
medaglia: l’obiettivo è stroncare ogni lotta e ogni forma di organizzazione che
metta in discussione lo sfruttamento sugli operai. Questa operazione non è
condotta solo alla Breda F. In quasi tutte le fabbriche è diventata il metodo
di lotta politica per stroncare ogni dissenso ed espellere dalle fabbriche gli
operai più combattivi.
Senza nessuna prova, con la semplice accusa di “probabili terroristi”, si
indicano i loro nomi nelle assemblee, si fanno perquisire le loro case, si caldeggia
la loro repressione. Obiettivo di fondo, impedire qualsiasi tentativo degli
operai a organizzarsi in modo indipendente e difendersi dagli attacchi alla
loro condizione. Questo, nonostante tutti i discorsi sulla democrazia, è ancora
il carattere più evidente della dittatura che caratterizza l’evoluzione del
sistema politico in atto di cui il PCI si fa interprete. Anche il fascismo
utilizzava gli attentati degli oppositori per reprimere gli operai più
combattivi e chiamare tutti a difendere il regime dalla eversione,
giustificando le leggi anti-operaie.
- Conclusioni
Perché dunque tanta frenetica urgenza di espellere operai e delegati che oggi
non sono che una ristretta minoranza non certo in grado di contrastare le
scelte sindacali di fondo? Evidentemente gli esempi storici e l’evolversi della
crisi economica insegnano che un’esigua minoranza può trasformarsi in
maggioranza quando fonda la sua azione e riesce a rappresentare gli interessi
operai.
La crisi capitalista, con l’attacco massiccio alle condizioni di vita degli
operai, li spinge rapidamente a prendere coscienza del proprio stato di
sfruttati. La mancanza di una qualsiasi organizzazione che ne disponga la
difesa li spinge a ricostruire una propria organizzazione di classe e a rompere
con i suoi falsi rappresentanti. Per questo il frenetico accanimento del PCI e
dei suoi fiancheggiatori che tentano di stroncare le avanguardie di questo
processo. Questo servirà solo a spingere avanti gli operai più indecisi, a far
crollare le ultime tendenze alla delega, a prendere direttamente nelle proprie
mani la difesa dei propri interessi.
Probabilmente i tempi dell’organizzazione indipendente degli operai si fanno
più vicini di quanto non si creda e ciò ai padroni e al PCI fa molta più paura
dell’impotente azione del terrorismo. È per questo insieme di motivi che ho
votato contro il documento in questione e sono convinto che solo gli operai che
mi hanno eletto come loro delegato abbiano l’autorità morale e l’imparzialità
necessaria per decidere della mia appartenenza o meno al sindacato.
Il Delegato della Forgia del gruppo omogeneo
Magli-Presse-Trafila della Breda Fucine
(Ordine di perquisizione che colpisce decine di lavoratori della Breda Fucine)
PROCURA DELLA REPUBBLICA DI MONZA
N. 42/81
Il P.M.:
Letta la richiesta del Reparto Operativo Carabinieri di Monza in data 31 Marzo
1981;
Considerando che dalle indagini preliminari finora svolte emergono concreti
elementi, in ordine al sequestro COMPARE Salvatore, per ritenere che
nell’abitazione di:
MICHELINO Michelino
possano rinvenirsi documenti di contenuto eversivo ed oggetti illegalmente
detenuti e di provenienza illecita.
Visti gli art. 322 e 390 c.p.p.
ORDINA
la perquisizione dell’abitazione, dell’autovettura e di tutti i
locali nella disponibilità di MICHELINO Michelino, nato a Casalpusterlengo (MI)
il 15.2.1949, residente in Milano, via Picozzi nr. 20,
da eseguirsi in tempo di notte e, ove se ne ravvisi la necessità, previo
abbattimento di eventuali ostacoli fissi, nonché la perquisizione sulla persona
del predetto e di tutte quelle presenti o sopravvenute.
Nomina difensore d’ufficio del predetto, se sprovvisto di legale di fiducia,
l’Avv. Filippo DI PALERMO del foro di Monza.
Monza, li 2.4.1981
Il S. PROCURATORE
MARCO OCCHIOFINO
Volantino 1
PERQUISITE LE CASE DI 13 OPERAI
Venerdì 3 aprile verso le 6 del mattino decine di agenti di polizia
giudiziaria e carabinieri, su mandato di perquisizione della Procura di Monza,
armi in pugno, hanno fatto irruzione contemporaneamente nelle case di 13 operai
della Breda Fucine.
Trattati come criminali, con le armi puntate contro, fra lo spavento dei
familiari costretti ad assistere all’insolita scena e la curiosità dei vicini,
questi operai hanno visto le loro case messe a soqquadro dagli agenti, che le
hanno perquisite da cima a fondo.
Il motivo, stando al mandato di perquisizione, è il seguente: “..dalle indagini
preliminari finora svolte emergono concreti elementi in ordine al sequestro di
Salvatore Compare, per ritenere che nelle abitazioni dei suddetti operai
possono rinvenirsi documenti di contenuto eversivo od oggetti illegalmente
detenuti o di provenienza illecita.”.
Quali siano questi “concreti elementi” naturalmente agli operai perquisiti non
è stato detto, ma - visto che tutte le perquisizioni hanno dato esito negativo
- quali siano gli “elementi concreti” è facilmente immaginabile.
Chi sono infatti questi operai?
5 sono della Forgia (tra cui il delegato), attualmente in lotta per
l’adeguamento dell’indennità 5; altri 4 sono del reparto Giunti che, guarda
caso, proprio in questi giorni sono scesi in lotta contro la nocività - altri 4
sono della Torneria.
Di questi 13 la maggioranza è formata da operai di reparti in lotta e da una
parte del Gruppo operaio della Breda Fucine, che da anni si batte in fabbrica
contro la politica dei sacrifici.
Quindi il tentativo è abbastanza scoperto: far passare come probabili
terroristi gli operai che lottano per i loro interessi; stroncare il dissenso
operaio in fabbrica contro l’aumento dello sfruttamento e la linea dei
sacrifici; intimidire chi, nella lotta, comincia a prendere coscienza dei
propri interessi, per mantenere il clima di pace sociale necessario all’aumento
dei profitti.
Operai della Fucine,
con l’alibi della lotta al terrorismo, come in un disegno preordinato, si tenta
di implicare gli operai che lottano per i propri interessi nel sequestro di un
capo che - tra l’altro - la maggioranza neanche conosceva. Si cerca di creare
un clima di caccia alle streghe, di far passare per terroristi e criminali gli
operai in lotta contro l’aumento dello sfruttamento. Tutto ciò nel tentativo di
farci piegare la testa, instaurando un clima di sospetto e paura molto utile a
chi ha interesse a farci tacere.
Non sappiamo chi ha fornito i “concreti elementi” sul conto di questi operai.
Quello che sappiamo per certo è che questa manovra fa molto comodo a chi vuole
stroncare la nostra lotta.
Per questo noi operai della Forgia (Magli, Presse, Trafila), mentre denunciamo
l’operazione in corso, ribadiamo pubblicamente la nostra solidarietà ai nostri
compagni e a tutti gli operai perquisiti.
Comunicato approvato dall’assemblea degli
operai della Forgia
(Magli, Presse, Trafila)
6.4.1981
N.B - L’indennità 5 era l’indennità di caloria per gli addetti alle lavorazioni
a caldo, pari a 23 lire, dal 1969.
(Sospensione dal sindacato di un delegato e di un lavoratore)
ESECUTIVO DEL CONSIGLIO DI FABBRICA
BREDA FUCINE S.p.A.
VIALE SARCA n. 336
20126 MILANO
Segreteria territoriale F.L.M. MILANO
P.c. Esecutivo di Zona F.L.M. SESTO S. GIOVANNI
Oggetto: sospensione dal Sindacato.
Facciamo seguito alla riunione del 10 c.m. tra:
1) Segreteria territoriale F.L.M.
2) Esecutivo zona Sesto S. Giovanni F.L.M.
3) Esecutivo C.d.F. BREDA Fucine
per esaminare la richiesta di sospensione dall’adesione alla:
F.L.M. del lavoratore e delegato MICHELINO Michelino
F.L.M / F.I.O.M. del lavoratore ARMILLOTTA Antonio.
Come si è convenuto dopo attento esame, restiamo in attesa della Vostra
comunicazione sia ai lavoratori che alla Direzione Aziendale (per la sospensione
delle trattenute), sulla base delle seguenti motivazioni:
A) - MICHELINO Michelino:
“Il giorno 12 Dicembre 1980, la Federazione CGIL/CISL/UIL di Sesto S. Giovanni
organizzava un Convegno dal titolo LA FABBRICA NEL MIRINO DEL TERRORISMO, in
preparazione del quale il C.d.F. BREDA Fucine elaborava una posizione
largamente unitaria di analisi e condanna del terrorismo. Il delegato
MICHELINO, pur esprimendo divergenze rispetto al terrorismo, non sottoscriveva
tale documento.
Fintanto che la FLM non assumerà quale discriminante per l’adesione un livello
più preciso della pura condanna rispetto al terrorismo, resta possibile una
diversa analisi sul fenomeno, ma risulta invece inaccettabile e riconducibile
alla “indegnità morale” di appartenere alla FLM nel contesto di una battaglia
politica concreta al terrorismo assalire, dopo l’intervento al Convegno, con
ingiurie, il portavoce del C.d.F., chiamandolo “delatore” e minacciandolo di
dover far poi i conti, oltre ad accusare l’azione politica del C.d.F. al pari
dello spionaggio per conto della Polizia (“siete un branco di spie”).
Tutto ciò è ancora più pesante sapendo che il portavoce è un compagno
proveniente dall’esperienza della sinistra extraparlamentare e quindi del
significato che tale illazione assume.
Se questo fatto resta l’elemento centrale, esso non è il solo ed iso1ato,
poiché si colloca in un contesto più ampio di tensioni, maturate in oltre un
anno durante il quale, come lo stesso MICHELINO ha più volte ammesso, sempre il
C.d.F. e il Sindacato hanno garantito libertà di espressione, di divergenza
politica al delegato MICHELINO Michelino.
B) ARMILLOTTA Antonio
“Il giorno 12 Dicembre 1980, la Federazione CGIL/CISL/UIL di Sesto San
Giovanni, organizzava un convegno dal titolo LA FABBRICA NEL MIRINO DEL
TERRORISMO, in preparazione del quale il C.d.F. Breda Fucine elaborava una
posizione largamente unitaria di analisi e condanna del terrorismo.
Durante il convegno il portavoce del C.d.F. è stato fatto segno di ingiurie e
minacce che per il loro contenuto e per il contesto entro le quali erano
collocate, hanno portato la Segreteria Territoriale FLM alla sospensione dalla
FLM del lavoratore e delegato che ha provocato tali ingiurie e minacce.
Tale fatto ha avuto seguito nei giorni successivi all’interno dello
stabilimento BREDA Fucine dove il lavoratore ARMILLOTTA Antonio, incontrando il
portavoce del C.d.F. al Convegno citato, lo ha nuovamente assalito con minacce
e ingiurie ed in particolare, riferendosi a fatti successi al Convegno, oltre
ad esprimere la piena condivisione delle posizioni tenute dal lavoratore
delegato MICHELINO ha sottolineato: “noi non ti spariamo ma ti aspettiamo
fuori”.
Tutto ciò rende quindi inaccettabile tale comportamento e riconducibile alla
“indegnità di appartenere alla FLM e alla FIOM”.
Fraterni saluti
ESECUTIVO DEL CONSIGLIO DI FABBRICA
BREDA FUCINE S.p.A.
Viale Sarca n. 336
20126 MILANO
Sesto S. Giovanni, 22 Luglio 1981