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L'Italicum e la contro-riforma Renzi-Boschi: verso un premierato assoluto?
Vincenzo De Robertis
22/07/2016
Più di tre anni fa, ad aprile del 2013, ho pubblicato su questa rivista un articolo di denuncia dei tentativi di modificare l'assetto istituzionale della nostra Repubblica, spostando il baricentro della tripartizione classica dei poteri in direzione del potere esecutivo, a discapito del potere legislativo e giudiziario. [http://www.resistenze.org/sito/os/ip/osipdd22-012708.htm].
In questi ultimi tre anni i tentativi denunciati allora si sono concretizzati in una nuova legge elettorale, l'Italicum, ed in una revisione costituzionale, il DDL Renzi-Boschi, su cui andremo a votare in autunno, avendone chiesto il referendum numerosissimi parlamentari e quasi 800.000 cittadini, perché quella legge non ha ottenuto i ⅔ dei consensi nei due rami del Parlamento.
Più avanti mi soffermerò sulle principali modifiche che vengono introdotte nel nostro ordinamento dall'Italicum e dal DDL Renzi-Boschi. Adesso vorrei ricordare che nell'articolo pubblicato tre anni fa richiamai sinteticamente la concezione marxista dello Stato, secondo cui, se è vero che ogni Stato, anche il più democratico, è sempre l'espressione del dominio di una classe sulle altre, non è indifferente per i comunisti il modo attraverso cui questo dominio si esercita.
Nell'articolo di allora citavo A.Gramsci, il quale negli appunti dei Quaderni del carcere parlando del concetto di egemonia ha chiarito come i termini antitetici di dominio e direzione, conquista del consenso ed esercizio della forza, democrazia e dittatura si combinino in forme diverse a seconda della forza messa in campo dalle classi sociali contrapposte e si applichino in modo differenziato verso le classi alleate o contrapposte, prima o dopo la conquista del potere.
Ovviamente, il richiamo ai classici non è per me una professione di fede dogmatica, come per un cattolico potrebbe essere la citazione del Vangelo. L'intelligenza critica a cui fanno sempre riferimento i comunisti, ci porta a considerare i principi, come guida per l'azione, come "l'esperienza storica concentrata del proletariato", che esiste come classe da più di 200 anni e da 150 lotta per la conquista del potere politico. Questo, forse, ci evita di rifondare ogni volta una teoria nuova, come se si trattasse dell'anno zero.
Quell'articolo proseguiva con un excursus storico dove sono descritte a grandi linee le caratteristiche assunte dallo Stato post-unitario a compimento della lotta di liberazione nazionale, che con linguaggio aulico è passata alla Storia con il termine Risorgimento e che Gramsci definì, invece, come "rivoluzione passiva", riproponendo una definizione già usata dal Vincenzo Cuoco per la Repubblica Napoletana del 1799.
Seguiva, poi, l'analisi di come il fascismo, innestandosi sul corpo di uno stato autoritario e poco democratico, qual'era lo Stato liberale, sterilizzasse le potenzialità di sovvertimento del sistema, non solo attraverso la messa fuorilegge e la persecuzione di tutte le possibili forze di opposizione, ma anche fascistizzando la vita politica ed istituzionale con leggi ad hoc.
La sconfitta militare del nazi-fascismo ad opera della coalizione democratica dei Paesi Alleati, all'interno della quale il contributo di sangue e militare profuso dall'Unione Sovietica di Stalin non potrà mai essere oscurato o sminuito in alcun modo, aprì la strada e favorì in varie nazioni la lotta di liberazione nazionale antifascista, il cui esito per l'Italia fu lo Stato repubblicano e la sua Costituzione.
La Costituzione fu il frutto del lavoro di sintesi fra concezioni ideologiche e giuridiche contrapposte, realizzato da un'Assemblea Costituente composta proporzionalmente da tutti i migliori rappresentanti di quelle correnti di pensiero e, pur restando nell'alveo di tutte le Costituzioni borghesi, rappresenta, a mio avviso, il punto di equilibrio più avanzato nei rapporti di forza fra le classi sociali dell'Europa capitalista.
Il concetto di sovranità, che nella Costituzione viene per la prima volta in Italia attribuito al popolo: "La sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione"(art.1, 2°cpv), non è stato formulato sempre in questi termini.
Le lotte della borghesia in Francia, perché a tutti fosse riconosciuto lo status di "cittadino", titolare di diritti, e non quello di "suddito", servo di un monarca detentore di un potere sovrano e, spesso, assoluto, sfociarono nella Rivoluzione giacobina, emulata in Italia dalla Repubblica Partenopea e da esperienze simili disseminate nello stivale, dove la rivendicazione di fondo restava quella di ottenere la Costituzione o, come si diceva allora, lo Statuto (dei diritti).
In Italia, l'incapacità delle componenti politiche democratiche e repubblicane (Mazzini) di contrastare efficacemente l'influenza politica del partito che rappresentava gli interessi dell'aristocrazia terriera sabauda determinò la <+loro sconfitta politica, consistita nella perdita di importanza dell'obbiettivo di dar vita ad una repubblica democratica, che pure si era creata nel 1848, localmente, a Roma e Venezia, a favore del programma della monarchia sabauda e di Cavour che, invece, ponevano al primo posto la costituzione di uno stato unitario, ancorché attrezzato con lo Statuto albertino.
Sulle caratteristiche dell'architettura istituzionale che assunse lo Stato post-unitario rimando, per chi volesse approfondire, a quell'articolo di tre anni fa.
Qui mi preme sottolineare che il concetto di sovranità popolare non può prescindere dal modo come si connota il potere legislativo e gli organi che lo esercitano (Parlamento), essendo indispensabile a riguardo l'analisi di due elementi: l'analisi della legge elettorale, la quale ci dice il grado di coinvolgimento e partecipazione delle varie classi sociali nella gestione della cosa pubblica e, contestualmente, l'analisi del rapporto che viene a crearsi fra i tre poteri dello Stato, rapporto che indica l'importanza attribuita dall'ordinamento al potere legislativo, rispetto agli altri due poteri.
Dal punto di vista istituzionale lo Stato disegnato dalla Costituzione è quello di una repubblica parlamentare, dove il potere legislativo, rappresentato da due Camere equivalenti (bicameralismo paritario), sovrasta e domina quello esecutivo, rappresentato dal Governo, che dal Parlamento riceve la fiducia e può essere da questo sfiduciato e dal Presidente della Repubblica che dal Parlamento viene eletto. Mentre al potere giudiziario viene assicurata la più ampia garanzia di autonomia e indipendenza, affinché possa esercitare liberamente la sua funzione di controllo.
Nel disegno dell'architettura costituzionale la supremazia del potere legislativo (Parlamento) sugli altri due poteri fu allora accompagnata da una legge elettorale proporzionalista, che all'epoca non si volle inserire in Costituzione, nonostante la sua rilevanza, e che garantiva rappresentanza a tutte le forze politiche, anche le più piccole. Questo non deve destare meraviglia, se solo si considera che l'Italia, come tutti i Paesi dell'Europa, usciva dalla Seconda guerra mondiale con l'apparato industriale a pezzi ed aveva bisogno della partecipazione più ampia possibile, per poter ricostruire il processo di accumulazione capitalistico.
In più, la presenza in Italia del Partito Comunista più forte d'Europa, almeno elettoralmente, consigliava già allora (ma forse imponeva) l'adozione di una politica di contenimento del "pericolo rosso" basata sulla partecipazione alla vita politica della Nazione di ampi strati della piccola borghesia urbana e di contadini da contrapporre al proletariato industriale ed agricolo, per la gran parte influenzato dai comunisti e dalla sinistra.
Nell'ambito di questa politica di contenimento non mancarono tentativi di sovvertire l'ordine e l'equilibrio raggiunti con la Resistenza, cambiando la legge elettorale da proporzionale in maggioritaria, come avvenne nel 1953 con la 'legge truffa'. Così come si perseguirono propositi golpisti, come con Gladio, tenuti oculatamente nascosti.
Ma nonostante questi "colpi di testa", più o meno isolati, la strategia di fondo della DC e dei partiti satelliti rimase per quarant'anni circa basata sul contenimento del consenso e sul contrasto verso i comunisti attraverso la partecipazione di strati popolari organizzati nei partiti e nelle associazioni collaterali. Questa strategia rafforzava la sua credibilità mano a mano che anche il PCI, abbandonata sin dall'immediato dopoguerra la prospettiva insurrezionale, orientava sempre più la propria azione politica nella direzione delle "riforme di struttura", da conquistare per via parlamentare, e riaffermava la sua sempre maggiore autonomia da Mosca.
Caduto successivamente il muro di Berlino, entrata la Cina nel mercato mondiale del capitale, avviata la formazione della U.E. attrezzata con una moneta unica, un mercato interno di centinaia di milioni di consumatori ed un apparato industriale e finanziario fra i più grossi al mondo, è iniziata, a partire dagli anni '90, quella pressione per trasformare progressivamente del sistema politico italiano, che nell'articolo scritto tre anni fa ho cercato di descrivere sinteticamente.
Arriviamo, così, ai giorni nostri, quando diventa evidente la diversità dal passato sul modo con cui deve gestirsi il potere politico.
Rappresentatività e partecipazione non sono considerati più valori che l'ordinamento giuridico deve tutelare, bensì ostacoli alla governabilità della cosa pubblica, che deve essere gestita con celerità, per adeguarsi ai ritmi dell'economia capitalistica internazionale, che, comunque, rivendica ed affermala sua supremazia sulla politica.
La partecipazione dei cittadini al voto non è più un valore essenziale per la democrazia, come invece lo era in passato, quando si finiva, ad esempio, per annotare sulle liste elettorali il nome di quanti non si recavano a votare. Ora non desta più scandalo che non si rechi a votare neanche il 50 % degli aventi diritto, come è successo in alcune consultazioni recenti; il Presidente del Consiglio invita i cittadini a non recarsi alle urne in occasione di un referendum promosso da 10 Regioni; viene soppressa la votazione per eleggere i consiglieri provinciali, viene soppressa la votazione per eleggere i Senatori.
Si è persino teorizzato apertamente che è sbagliato che il popolo si pronunci direttamente in un Referendum (Brexit) su questioni molto complesse, come quelle di un trattato internazionale!!!
Di conseguenza, se questo è il clima generale, anche la legge elettorale Italicum, ricalcando il Porcellum, approvato dal centro-destra e dichiarato incostituzionale dalla Corte con la sentenza n.1 del 2014, si propone di garantire governabilità a discapito della rappresentanza.
Infatti, divisa l'Italia in 100 collegi elettorali, da cui usciranno i 630 Deputati che comporranno la Camera, un grosso premio di maggioranza (340 Deputati su 630) viene assegnato a quel Partito che al primo turno otterrà il 40 % dei consensi e, ove questa ipotesi non si verificasse, a quel Partito, fra i due maggiormente votati nel primo turno, che nel ballottaggio dovesse avere più consensi.
In nome della governabilità si consegna la maggioranza di quella che sarà la Camera più importante ad un Partito (o ad una coalizione se verranno accolte le richieste dei "cespugli" di centro-sinistra e di Forza Italia) che al più potrà raggiungere il 30 % dei consensi, stante l'attuale tripartizione degli stessi più o meno equa fra centro-sinistra, centro-destra e M5s.
Si badi bene: si sta parlando del 30 % di quanti si recano alle urne. Per bene che vada questo vuol dire il 20 % dei cittadini !!!
A questo Partito (o coalizione) minoritario l'Italicum regala la maggioranza di 340 Deputati, con cui si potrà eleggere a suo piacimento il Capo dello Stato, nominare i Giudici Costituzionali, nominare parte dei membri del C.S.M., organo di autogestione della Magistratura, che sono tutti strumenti costituzionalmente predisposti per il controllo. Per non parlare del fatto che non sarà difficile con una maggioranza così consistente tentare la stessa modifica della Costituzione.
La legge, poi, interviene anche nella composizione della Camera, limitando la scelta di voto degli elettori, perché assegna una posizione privilegiata ai capo-lista di ogni lista presente nei 100 collegi elettorali. Infatti, il capolista, messo in quella posizione dalle Segreterie dei vari Partiti, avrà precedenza nella nomina, anche se non sarà il più suffragato nella lista di quel Collegio. E' stato calcolato che la Camera dei Deputati, eletta in futuro con il sistema dei capo-lista bloccati, avrà 1/3 di eletti dai cittadini a fronte di ⅔ di "nominati" dalle Segreterie dei Partiti, a cui questi "miracolati" saranno devoti e fedeli nel corso di tutta la legislatura, non foss'altro che per essere riconfermati in quella successiva.
Inoltre, la prassi codificata negli statuti dei due schieramenti più simili, centro-destra e centro-sinistra, o di indicare sulla scheda il nome del futuro premier, o di far svolgere le funzioni di premier al segretario del maggior partito della coalizione, accentua la concentrazione di potere nelle mani di un uomo solo che, controllando Partito e Governo può determinare senza mediazioni tutte le scelte politiche più importanti.
Passiamo in questo modo da una Repubblica Parlamentare ad un Premierato assoluto, svincolato, cioè, da qualsiasi forma di controllo !!!
Infine, la legge elettorale riconferma le soglie di sbarramento che colloca al 3 % (mentre i sostenitori del premio di maggioranza alla coalizione e non al Partito la vorrebbero fissata all'8 %). Con la soglia di sbarramento si vorrebbe impedire la rappresentanza in Parlamento alle forze minori, costringendole a coalizzarsi con le forze maggiori, tutto questo in nome del contrasto alla frammentazione politica.
Ma questa furbissima trovata, in voga da trent'anni, se ha sicuramente estromesso i comunisti dal Parlamento, come auspicavano i loro avversari, ha per altro verso centuplicato la frammentazione politica, che si diceva di voler combattere, favorendo la crescita di un fenomeno tristemente noto in Italia, che si chiama trasformismo.
Infatti, i vari Mastella hanno capito bene che per entrare in un Parlamento "sbarrato" è necessario presentarsi alle elezioni politiche all'interno di grosse coalizioni, per poi uscirne, una volta eletti, portandosi dietro "in dote" anche la quota-parte del finanziamento pubblico che tocca ai Partiti in relazione ai Parlamentari eletti, potendo così meglio contrattare il proprio voto volta per volta.
Una recente Circolare del Ministero dell'Interno (Circolare n. 5 del 26 febbraio 2016) così elencava i gruppi parlamentari presenti alla Camera ed al Senato:
c) Partiti o gruppi politici presenti in Parlamento (art. 52 della legge 25 maggio 1970, n. 352)
Si trascrivono qui di seguito le liste che, nelle elezioni politiche del 24 e 25 febbraio 2013, hanno conseguito almeno un seggio al Senato, come da comunicazione del Segretario Generale del Senato stesso in data 25 febbraio 2016:
CON MONTI PER L'ITALIA
GRANDE SUD
IL MEGAFONO – LISTA CROCETTA
IL POPOLO DELLA LIBERTA'
LEGA NORD
MOVIMENTO ASSOCIATIVO ITALIANI ALL'ESTERO
MOVIMENTO 5 STELLE BEPPEGRILLO.IT
PARTITO DEMOCRATICO
PD – SVP
SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
SVP
SVP – PATT – PD – UPT
VALLEE D'AOSTE.
Inoltre, come dalla predetta comunicazione, sono presenti in Senato i seguenti Gruppi parlamentari:
PARTITO DEMOCRATICO
FORZA ITALIA – IL POPOLO DELLA LIBERTA' XVII LEGISLATURA
MOVIMENTO 5 STELLE
AREA POPOLARE (NCD-UDC)
PER LE AUTONOMIE (SVP-UV-PATT-UPT)-PSI-MAIE
ALLEANZA LIBERALPOPOLARE-AUTONOMIE
GRANDI AUTONOMIE E LIBERTA' (GRANDE SUD, POPOLARI PER L'ITALIA, MODERATI, IDEA, EURO-EXIT, M.P.L.-MOVIMENTO POLITICO LIBERTAS)
LEGA NORD E AUTONOMIE
CONSERVATORI E RIFORMISTI
MISTO, cui appartengono le seguenti componenti:
SINISTRA ECOLOGIA E LIBERTA'
FARE!
L'ALTRA EUROPA CON TSIPRAS
ITALIA DEI VALORI
MOVIMENTO X
LIGURIA CIVICA
LA PUGLIA IN PIU'-SEL
Si riportano, altresì, in conformità a quanto comunicato dal Servizio Prerogative e Immunità della Camera dei deputati, con nota del 23 febbraio 2016, le liste che nelle elezioni politiche del 24 e 25 febbraio 2013 hanno ottenuto seggi presso detta Assemblea:
nelle circoscrizioni nazionali:
CENTRO DEMOCRATICO
FRATELLI D'ITALIA
IL POPOLO DELLA LIBERTA'
LEGA NORD
MOVIMENTO 5 STELLE BEPPEGRILLO.IT
PARTITO DEMOCRATICO
SCELTA CIVICA CON MONTI PER L'ITALIA
SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
SUDTIROLER VOLKSPARTEI
UNIONE DI CENTRO
nella circoscrizione Estero:
CON MONTI PER L'ITALIA
IL POPOLO DELLA LIBERTA'
MOVIMENTO ASSOCIATIVO ITALIANI ALL'ESTERO
MOVIMENTO 5 STELLE BEPPEGRILLO.IT
PARTITO DEMOCRATICO
UNIONE SUDAMERICANA EMIGRATI ITALIANI.
Nel collegio uninominale Valle d'Aosta ha ottenuto il seggio il candidato con il contrassegno VALLEE D'AOSTE.
Sono inoltre costituiti presso la Camera dei deputati, alla data del 23 febbraio 2016, come dalla predetta comunicazione, i seguenti Gruppi parlamentari:
AREA POPOLARE (NCD-UDC)
DEMOCRAZIA SOLIDALE – CENTRO DEMOCRATICO
FORZA ITALIA – IL POPOLO DELLA LIBERTA' – BERLUSCONI PRESIDENTE
FRATELLI D'ITALIA – ALLEANZA NAZIONALE
LEGA NORD E AUTONOMIE – LEGA DEI POPOLI – NOI CON SALVINI
MISTO
MOVIMENTO 5 STELLE
PARTITO DEMOCRATICO
SCELTA CIVICA PER L'ITALIA
SINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'.
Nell'ambito del Gruppo Parlamentare Misto sono altresì costituite, alla medesima data, ai sensi dell'art. 14, comma 5, del Regolamento della Camera dei deputati, le seguenti componenti politiche:
ALLEANZA LIBERALPOPOLARE AUTONOMIE ALA-MAIE - MOVIMENTO ASSOCIATIVO ITALIANI ALL'ESTERO
ALTERNATIVA LIBERA-POSSIBILE
CONSERVATORI E RIFORMISTI
MINORANZE LINGUISTICHE
PARTITO SOCIALISTA ITALIANO (PSI) – LIBERALI PER L'ITALIA (PLI)
USEI (UNIONE SUDAMERICANA EMIGRATI ITALIANI).
Alla faccia del contenimento della frammentazione politica !!!!!
Per quanto riguarda la riforma istituzionale prefigurata dal progetto di revisione governativo, la principale modifica in esso contenuta è la trasformazione del Senato da assemblea eletta dal popolo, in consesso di nominati scelti dai Partiti nei Consigli regionali.
Il nuovo Senato, ridotto a 100 unità, sarà composto da 5 senatori nominati dal Capo dello Stato, 21 Sindaci e 74 Consiglieri regionali scelti dai politici con gli stessi criteri spartitori con cui si sono formate le Province e le Città metropolitane. Ancora una volta viene svalutato il voto dei cittadini e viene valorizzato il potere degli apparati di Partito.
La propaganda di regime presenta la modifica del Senato come una riduzione della spesa, per il fatto che i nuovi Senatori non avranno stipendi, essendo pagati da Regioni e Comuni. In realtà la riduzione della spesa, come è stato calcolato dalla Ragioneria dello Stato, inciderà sul bilancio complessivo del Senato per un importo pari al 20 % della spesa complessiva, che per il restante 80 % consiste, non degli stipendi dei Senatori, ma delle spese dell'apparato complessivo del Senato (immobili, personale, attrezzature, ecc.) che la riforma non tocca assolutamente.
Inoltre, ci si fa vanto di aver ridotto il numero di parlamentari, cavalcando così il disgusto nutrito dall'opinione pubblica per effetto degli scandali di cui sono protagonisti ogni giorno proprio i rappresentanti del centro-destra e centro-sinistra. In realtà, riducendo il numero dei rappresentati eletti, si riduce contestualmente la partecipazione popolare alla gestione della cosa pubblica, perché occorrerà un numero sempre maggiore di voti per mandare un proprio rappresentante nelle assemblee elettive, con l'effetto che, non vedendosi rappresentata, una parte sempre maggiore degli aventi diritto non si recherà a votare.
La via maestra è quella di combattere la corruzione dilagante, non riducendo il numeri dei rappresentanti, ma riducendo i loro emolumenti, approvando leggi che impediscano la candidatura o dichiarino automaticamente la decadenza di quanti sono coinvolti in processi penali o non partecipano sistematicamente all'attività delle commissioni o dell'aula.
In sintesi la revisione costituzionale sulla quale ci dovremo pronunciare in autunno ci consegna un Parlamento ridimensionato e più controllato dalle segreterie di partito, condizionato dalla prospettiva di essere in qualsiasi momento "licenziato" e quindi sempre pronto a votare la "fiducia" al premier, vero "dominus" della futura vita politica.
Ne abbiamo avuto un anticipazione in questi due anni di Governo Renzi !!!
Ultimo tratto saliente della revisione costituzionale è la nuova modifica del Titolo V della Costituzione, che riporta in capo al Governo competenze e prerogative che in passato erano state spostate verso le Regioni, in ossequio al decentramento del potere decisionale, già previsto in Costituzione. Anche di questo ne abbiamo avuto triste anticipazione con le vicende delle autorizzazioni concesse dal Governo ai petrolieri per le trivellazioni in mare, che hanno visto ben 10 Regioni, molte amministrate dal PD, chiedere un Referendum contro le scelte governative.
Seguendo questa strada le Regioni si trasformeranno sempre più, da centri decisionali periferici, in centri amministrativi di spesa, dove è più facile che attecchiscano clientelismo e corruzione. Sarà forse questa la ragione che ha portato le leggi elettorali regionali a prevedere, oltre che premi di maggioranza spropositati, anche alte soglie di sbarramento, per impedire che alla spartizione della torta possano partecipare forze politiche minori.
Volendo fare una sintesi finale dei tratti caratteristici del progetto di revisione costituzionale approntato da Renzi, che ci troveremo in autunno a ratificare o respingere, possiamo dire che passeremo da una Repubblica parlamentare ad un Premierato assoluto, che vedrà concentrato nelle mani del Segretario-Capo del principale Partito (coalizione) un potere decisionale svincolato da qualsiasi forma di controllo, che potrà attuare decisioni antipopolari e antidemocratiche, infischiandosene di lotte e scioperi, perché avrà un Parlamento completamente asservito ed addomesticato.
Questa è la ragione che spiega perchè queste sedicenti "riforme", siano state auspicate dal capitale finanziario internazionale
Emblematico ed illuminante il report de Il Fatto quotidiano del 19/6/2013
Jp Morgan, storica società finanziaria statunitense (con banca inclusa), che è stata tra le protagoniste dei progetti della "finanza creativa" e quindi della crisi dei subprime del 2008, formalmente denunciata nel 2012 dal governo federale americano come responsabile della crisi, in particolare per l'acquisto della banca d'investimento Bear Sterns, in un documento di 16 pagine datato 28 maggio 2013, consigliò ai governi nazionali d'Europa di liberarsi al più presto delle costituzioni antifasciste, per sopravvivere alla crisi del debito.
I sistemi politici dei paesi del sud, e in particolare le loro costituzioni, adottate in seguito alla caduta del fascismo, presentano una serie di caratteristiche che appaiono inadatte a favorire la maggiore integrazione dell'area europea"
…. "Le costituzioni mostrano una forte influenza delle idee socialiste, e in ciò riflettono la grande forza politica raggiunta dai partiti di sinistra dopo la sconfitta del fascismo".
E per colpa delle idee socialiste insite nelle costituzioni, secondo Jp Morgan, non si riescono ad applicare le necessarie misure di austerity. "I sistemi politici e costituzionali del sud presentano le seguenti caratteristiche: esecutivi deboli nei confronti dei parlamenti; governi centrali deboli nei confronti delle regioni; tutele costituzionali dei diritti dei lavoratori; tecniche di costruzione del consenso fondate sul clientelismo; e la licenza di protestare se sono proposte modifiche sgradite dello status quo. La crisi ha illustrato a quali conseguenze portino queste caratteristiche. I paesi della periferia hanno ottenuto successi solo parziali nel seguire percorsi di riforme economiche e fiscali, e abbiamo visto esecutivi limitati nella loro azione dalle costituzioni (Portogallo), dalle autorità locali (Spagna), e dalla crescita di partiti populisti (Italia e Grecia)".
Quindi Jp Morgan, dopo avere attribuito all'Europa l'incapacità di uscire dalla crisi per la colpa originaria della forza politica dei partiti di sinistra e delle costituzioni antifasciste nate dalle varie lotte di liberazione continentali, ammonisce che l'austerity si stenderà sul vecchio continente "per un periodo molto lungo".
Non dobbiamo, quindi, meravigliarci se oggi queste riforme siano sostenute in Italia anche da Confindustria e dai poteri forti, che terrorizzano l'opinione pubblica minacciando la catastrofe in caso di vittoria del NO.
Tutto ciò impone ai comunisti l'impegno ad adoperarsi con tutte le loro forze per impedire che questo disegno venga portato a compimento.
La prima scadenza è il referendum in autunno. Ma qualunque sia l'esito, è una battaglia che continuerà in futuro.
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