www.resistenze.org - osservatorio - mondo - politica e società - 14-01-21 - n. 775

I falsi storici dell'anticomunismo

Fabrizio Poggi, Nuova unità n.7 * | nuovaunita.info

dicembre 2020

Si vuole incuneare nelle menti il rifiuto "cosciente" del comunismo, l'assioma che i comunisti nella storia si sono macchiati di vari crimini

L'anticomunismo è nato con il comunismo; è nato con la presa di coscienza della propria condizione da parte della classe operaia, sottoposta alla diretta oppressione della moderna classe dominante, la borghesia. Marx ed Engels cominciavano il Manifesto del Partito comunista con le parole "Uno spettro si aggira per l'Europa - lo spettro del comunismo. Tutte le potenze della vecchia Europa, il papa e lo zar, Metternich e Guizot, radicali francesi e poliziotti tedeschi, si sono alleati in una santa caccia spietata contro questo spettro. Qual è il partito di opposizione, che non sia stato tacciato di comunista dai suoi avversari che si trovano al potere?". Il comunismo faceva e fa paura: continua a ricordare alla classe borghese il destino che la attende. Nei decenni, l'anticomunismo ha assunto varie forme, è ricorso agli interpreti e ai mezzi più diversi: dai più estremi e terroristici, ai più sofisticati. L'obiettivo è sempre quello di scongiurare la presa di coscienza delle condizioni di vita e di sfruttamento da parte delle classi sottomesse e, dunque, irretire la loro aspirazione a liberarsi.

La vittoria degli operai e dei contadini in Russia, nel 1917, con la creazione del proprio Stato, di un tipo del tutto nuovo rispetto alla macchina con cui la borghesia tiene sottomesse le classi sfruttate, imbestialirono oltre ogni limite le classi dominanti. Attacchi armati contro il primo Stato socialista; interventi diretti e armamento delle potenze fasciste per indirizzarle contro quello Stato; poi, falliti gli attacchi armati, costruzione di "cortine di ferro", insurrezioni reazionarie contro le democrazie popolari, addestramento delle quinte colonne chiamate a realizzare le "rivoluzioni per la libertà": senza sosta, il ricorso permanente alla menzogna ideologica, ora più aperta, ora più sottile. Soltanto l'obiettivo non cambia: cercare di assuefare le coscienze delle classi sottomesse alla "universalità" dell'ordine capitalista, alla sua "naturale" eternità, alla irrealizzabilità di un diverso ordine sociale, senza sfruttamento dell'uomo sull'uomo.

In questa campagna, fanno da sempre da stampella alla borghesia gli elementi opportunisti e revisionisti tra le file del movimento operaio: cent'anni fa i social-patrioti, poi i revisionisti, fino ai dottrinari inconcludenti attuali.

Si è ormai arrivati al punto che, diononvoglia ci si azzardi a mettere in discussione la vulgata sulle cosiddette "repressioni staliniane" e il GULag: si viene subito equiparati a quelli che "giustificano il fascismo perché ha fatto anche cose buone". A tal punto le menti sono state obnubilate dalle giaculatorie europeiste e dalla costante instillazione mediatica su "i crimini comunisti". Pezzo forte della campagna sono i premi Nobel ai vari Pasternak, Sakharov, Solženitsyn, Gorbačëv, Aleksievič; il premio "Sakharov" ai vari "Memorial", Oleg Sentsov o opposizione "democratica" bielorussa.

Falsificazione della storia

Nella campagna anticomunista, la borghesia ricorre all'aperta falsificazione della storia. Operano in tal senso, i programmi scolastici e educativi, insieme all'indottrinamento mediatico, da quello più becero a quello più raffinato. In parallelo, si ostenta capillarmente una semplificazione dell'insegnamento e una volgarizzazione del linguaggio, una loro mondializzazione per l'esigenza del capitale internazionale di uniformare le conoscenze minime atte a servire i suoi interessi.

Non fanno eccezione nemmeno in Russia i manuali scolastici adottati negli ultimi decenni e i serial televisivi (equivalente dell'italico Giorno del ricordo e dei film sulle foibe) sfornati a ritmo costante sui "crimini" di GPU-NKVD: tra giustificazioni della dittatura cilena, vomitevoli condanne dei "regimi totalitari comunisti" e santificazione delle "vittime innocenti dello stalinismo". Sembra che lo slogan della perestrojka, "Con Stalin colpiamo il socialismo, e poi con il socialismo colpiamo Lenin", sia stato fatto proprio anche da Vladimir Putin. Di recente, è tornato proprio sul ruolo di Lenin, "distruttivo per la Russia", a proposito della possibilità, sancita dalle Costituzioni sovietiche, di uscita volontaria dall'URSS: se qualche mese fa aveva parlato di una "bomba atomica", ora Putin è passato a una "mina a scoppio ritardato", che oggi insidierebbe l'unità della Russia. Eppure Putin dovrebbe sapere che gli storici, sulla base dei diari delle segretarie e dei medici, tendono a dubitare che Lenin fosse stato in grado di dettare l'articolo "Sulla questione delle nazionalità o della "autonomizzazione" - come anche i famosi "Lettera al Congresso", o "Come riorganizzare la RabKrIn" - in cui avrebbe proposto la fondazione di una Unione con facoltà di separazione per le singole Repubbliche, in contrasto con l'idea di uno Stato unitario sostenuta da Stalin. Lo slogan "prendetevi tutta l'autonomia che volete" è stato lanciato alle regioni russe da Eltsin e non da Lenin.

Qualche settimana fa, Putin ha detto che "nei decenni passati e nel periodo della guerra, c'era molto di ideologico nei programmi scolastici. Oggi noi cerchiamo di ripulire i programmi da tale ideologizzazione", cioè dalla presunta ideologizzazione dell'eroismo dei soldati sovietici. Dunque, la de-ideologizzazione della vittoria sul nazismo non è altro che de-sovietizzazione. È così che il 7 novembre si tiene da qualche anno la parata sulla Piazza Rossa, in ricordo della parata del 7 novembre 1941, ma non si dice che allora essa si svolse per celebrare il 24° anniversario della Rivoluzione d'Ottobre: si evita così di ricordare il nome di Stalin quale Comandante in capo, oppure si sentenzia che la vittoria fu ottenuta nonostante Stalin e il partito bolscevico. Scrivendo per l'americana The National Interest su "Le vere lezioni del 75° anniversario della Seconda guerra mondiale", Putin ha parlato del ruolo di Stalin nella storia sovietica e non ha mancato di infilare "i crimini commessi dal regime contro il proprio popolo e gli orrori delle repressioni"; ipse dixit.

Chi ha sconfitto il nazismo

In generale, negli ultimi tempi, la campagna anticomunista mondiale di falsificazione storica punta particolarmente (non solo, ovviamente) sulla passata storia sovietica e sul ruolo dell'URSS nella sconfitta del nazismo.

Il 9 maggio 2020 si è celebrato il 75° anniversario della vittoria e della fine della Seconda guerra mondiale, costati ai popoli del mondo settanta milioni di morti, di cui oltre i tre quarti ai popoli di Cina e Unione Sovietica. Prima dello scoppio della guerra, le "democrazie liberali" avevano cercato in ogni modo di utilizzare il nazismo tedesco per l'obiettivo cui non avevano mai rinunciato sin dal 1917: quello di soffocare il primo Stato socialista al mondo. Scoppiato il conflitto, si erano unite - loro malgrado e non subito - all'URSS nella lotta contro il nazifascismo. Oggi, cercano di appropriarsi di una vittoria cui avevano dovuto contribuire; peraltro, in misura molto ridotta, rispetto allo sforzo militare e sociale sovietico. Così, capovolgono e stravolgono date, avvenimenti, protagonisti.

Il tema, naturalmente, non è nuovo; ma la campagna "alleata" ha assunto aspetti grotteschi in coincidenza con l'anniversario della vittoria. Medaglie commemorative delle "tre potenze vincitrici" sul nazismo: USA, Gran Bretagna, Francia; apoteosi di sbarchi a Occidente che, in realtà, in assenza di adeguate controffensive sul fronte orientale, avrebbero rischiato di trasformarsi in disfatte; e via di questo passo. Solo infamie sul ruolo dell'URSS.

Ma, il vero obiettivo della "campagna alleata" era già stato messo in chiaro dal Parlamento europeo il 19 settembre 2019, con l'approvazione della risoluzione che vorrebbe equiparare nazismo e comunismo. L'obiettivo non è affatto, o non solamente, storico. Non per nulla, a farsi promotori del documento di Strasburgo, erano stati incaricati quei paesi d'Europa orientale che, più di tutti, videro masse intere di Komplizen e Hilfswilligen delle SS e che oggi, tra parate in uniformi naziste e celebrazioni di quegli "eroi" autori di massacri contro civili, soldati sovietici, comunisti, ebrei, tsigani, intendono dar lezioni al mondo su come "la legge vieta le ideologie comuniste e naziste".

Il fronte comunista oggi

Si è insomma in presenza di una tempesta mediatica su tutte le questioni riguardanti la storia del movimento comunista, in generale, e dell'Unione Sovietica degli anni '30 e '40, in particolare. Sotto l'insegna della "informazione" e della "Storia" servite al "più vasto pubblico", si propagandano miti che, ripetuti migliaia di volte, secondo un metodo sperimentato nella Germania hitleriana, penetrano e rimangono infissi nelle menti.

In questa situazione, difficile stabilire cosa significhi oggi essere "obiettivi". Ci troviamo da una parte del fronte, sottoposti al martellamento dell'avversario, il quale non ha mai smesso di far fuoco con le "armi leggere" e negli ultimi anni ha messo in azione anche i "grossi calibri". L'artiglieria martella menti e coscienze, cominciando col riscrivere la storia dei comunisti, in tutte le sue pagine, non solo in Unione Sovietica, e spiana così la strada alle divisioni corazzate contro i comunisti di oggi: l'obiettivo è quello di decretare per legge il bando del comunismo e dei comunisti, e fare in modo che la coscienza "di massa" lo accolga come un "atto necessario", dopo di che, "andrà tutto bene".

Un po' come avvenuto con la campagna avviata durante la pandemia, allorché, tramite Covid-19, si è imposta una delazione poliziesca di massa, facendola accettare alle persone come "doverosa" e "naturale", opportuna "per il bene di tutti", appellandosi alla "unità della nazione" attorno al tricolore, nell'abbraccio patriottico teso a pacificare lo scontro tra le classi e mettere sullo stesso piano partigiani e "ragazzi di Salò", all'insegna di "consumatori", "famiglie", in cui scompare ogni differenza di classe.

Cosa significa dunque, in queste condizioni, essere "obiettivi"? Significa opporre ai colpi del nemico un martellamento uguale e contrario delle nostre artiglierie "storiche", per non essere impreparati all'attacco "politico" contro i comunisti di oggi. Si deve esser consapevoli dell'urgenza di rispondere a ogni colpo dell'avversario, sapendo che i "dettagli storici" da contrapporgli servono solo per mantenere quanto più possibile intatte le nostre forze politiche.

Un attacco di classe

Quello del nemico di classe non è un attacco "storico"; il martellamento delle artiglierie "storiche" del nemico di classe non è che un aspetto dell'attacco di classe cui i comunisti sono da sempre sottoposti. Di fronte all'attacco nient'affatto storico e tantomeno "imparziale", da parte di coloro il cui unico obiettivo dichiarato è quello di tentare di diffamare il comunismo e i comunisti, per arrivare a mettere l'uno e gli altri fuori della legge borghese, restare "imparziali" significa stare dalla parte di un anticomunismo che, ormai da trent'anni, cerca di riprendere il lavoro solo parzialmente interrotto nel periodo a cavallo tra gli anni '40 e '50 del XX secolo.

Lo scontro non è "storico" o "intellettuale": è uno scontro di classe, in cui si usano anche armi "storiche" e "intellettuali". Non si tratta di una disputa storico-accademico. Si tratta di un attacco di classe, che passa per la falsificazione della storia, e l'obiettivo è sempre lo stesso: prendere di mira la prospettiva della società socialista per cercare di eliminarla dalla coscienza della classe operaia e delle masse lavoratrici e arrivare quindi mettere fuori legge i comunisti, oggi, con il "beneplacito" della cosiddetta "opinione pubblica".

Si vuole insomma incuneare nelle menti il rifiuto "cosciente" del comunismo, l'assioma che "i comunisti nella storia si sono macchiati di tali e talaltri crimini". Ne deve conseguire che i comunisti di oggi non possono esser diversi da quelli di ieri e siano quindi pronti a macchiarsi di crimini allo stesso modo dei loro predecessori.

Se ieri i comunisti si erano macchiati dell'olocausto - ormai si arriva a dire questo: se Stalin "si è alleato con Hitler", significa che è parimenti responsabile non solo della "invasione della Polonia", non solo della "spartizione dell'Europa", ma anche degli stessi crimini del nazismo: anzi, se non fosse stato per Stalin, Hitler non avrebbe nemmeno cominciato la guerra - allora "non c'è da aspettarsi nulla di diverso dai comunisti di oggi". Questo vien fatto diventare un assioma; si insinua nelle menti, e queste accettano come un atto dovuto che i comunisti vadano messi fuori legge in quanto "criminali" come i loro predecessori. Per il "bene comune", il comunismo deve essere abolito per legge e la massa deve arrivare a richiederlo, per la "propria sicurezza".

Così, proprio in corrispondenza con il 75° anniversario della fine della guerra, si sono accentuate le accuse all'Unione Sovietica di essere stata corresponsabile del suo scoppio, unite alle falsità sui reali artefici della disfatta del nazismo. Accuse e falsità che nascondono almeno due obiettivi, che è necessario tenere ben distinti. Da una parte, la disputa geopolitica sul ruolo della Russia moderna: su questo versante, non crediamo che Mosca abbia necessità di esser difesa dall'esterno e ci sembra anzi quantomeno zoppicante l'intreccio, teorizzato anche in certa sinistra, secondo cui "chiunque pratichi l'antisovietismo, giunge inevitabilmente alla russofobia". Una variante di tale "teoria" è in Russia quella dei cosiddetti nazional-patrioti di "sinistra", che esaltano forza e potenza dell'URSS, ma sono estranei al marxismo e ripetono i mantra dei nazionalisti borghesi, i quali tacciono sul fatto che le conquiste dell'URSS fossero il frutto del potere sovietico, delle scelte del partito bolscevico, di Lenin e di Stalin.

Dall'altra parte, c'è invece il più becero antisovietismo, e questo riguarda molto direttamente i comunisti in ogni parte del mondo, dal momento che l'attacco alla bandiera con falce e martello issata sulle rovine del Reichstag, non rappresenta che il viatico per dare forma "legale" alla moderna crociata contro il comunismo e i comunisti.

L'anticomunismo "istituzionalizzato"

In questo senso, la risoluzione del Parlamento europeo del 19 settembre 2019, è stata solo una tappa nella "istituzionalizzazione" della tesi sulla pari responsabilità di Germania nazista e URSS nello scatenamento della guerra e su un fantomatico "retaggio europeo comune dei crimini commessi dalla dittatura comunista, nazista e di altro tipo", dato che, già da anni, si sta percorrendo quella strada. Per un sommario e incompleto elenco di simili obbrobri, basti citare la risoluzione del 1996 su "Misure per smantellare l'eredità degli ex sistemi totalitari comunisti"; del 2006 su "Necessità di condanna internazionale dei crimini dei regimi totalitari comunisti"; del 2008 su "Coscienza europea e comunismo"; del 2012 su "Regolamentazione giuridica dei crimini comunisti", insieme a tutte le sparate di paesi come Polonia e Baltici che, mentre proibiscono "ideologia e simbologia comunista", celebrano i veterani locali delle divisioni SS e istituzionalizzano le loro sfilate.

Curioso peraltro notare come quelle risoluzioni, oltre ai simboli, mirino alla sostanza dell'ideologia che rappresentano, laddove, ad esempio, sentenziano che "le proprietà, comprese quelle delle chiese, sequestrate illegalmente o ingiustamente dallo Stato, nazionalizzate, confiscate o altrimenti espropriate durante il regno dei sistemi totalitari comunisti, in linea di principio, siano restituite ai proprietari originari in integrum, se questo è possibile senza violare i diritti degli attuali proprietari". Proprietari che, spesso, fino a trent'anni fa, rivestivano ruoli dirigenti nei partiti e negli Stati ex socialisti.

D'altronde, come detto, le sparate "europeiste" incontrano un terreno fertile nella stessa Russia eltsiniano-putiniana.

Come scriveva pochi anni fa il comunista lituano Juozas Ermalavičjus "Gli attacchi sofisticati dell'anticomunismo sono diretti contro lo strumento principale della liberazione rivoluzionaria dell'uomo: quella scienza che ha ricevuto una base teorica e metodologica onnipotente nella dottrina filosofica del materialismo dialettico... Guidati dal loro approccio dialettico-materialista, K. Marx e F. Engels hanno rivelato che la causa fondamentale della schiavitù umana è la proprietà privata dei mezzi di produzione". Oggi "l'escalation globale dell'anticomunismo è fondamentalmente l'incarnazione dell'agonia generale del capitalismo monopolistico transnazionale.

Gli intrighi controrivoluzionari del dominio indiviso del sistema sociale capitalista su scala globale sono oggettivamente destinati al fallimento... Il degrado sociale e spirituale della società borghese porta al completo esaurimento del suo potenziale creativo, quindi si conclude con la cessazione della sua esistenza... Gli sforzi anticomunisti della borghesia imperialista testimoniano del suo destino fatale. L'anticomunismo è la manifestazione più caratteristica dell'impotenza e della disperazione del capitalismo monopolistico transnazionale".

Note:

*) è in distribuzione il n. 7 di "nuova unità" dal quale vi segnaliamo alcuni articoli:
editoriale n. 7: No all'offensiva capitalista
Miseria, povertà e ricchezza nel corona virus, pagina 2
SMEV uccide, chiude, licenzia tutti i dipendenti e trasferisce la produzione, pagina 3
Dalla Peste al Coronavirus: le pandemie nella storia dell'uomo, pagina 3
I falsi storici dell'anticomunismo, pagina 4/5
La Wiphala sventola di nuovo, pagina 6
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