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da Accademia delle Scienze dell'URSS, Storia universale vol IX, Teti Editore, Milano, 1975
trascrizione a cura del CCDP

CAPITOLO IX

La crisi economica nei paesi capitalisti negli anni 1929-1933

1 Il sorgere e lo sviluppo della crisi economica mondiale

2 GLI STATI UNITI D'AMERICA

LA CRISI ECONOMICA E LA SITUAZIONE DELLE MASSE LAVORATRICI

Negli anni della crisi economica il calo della produzione negli Stati Uniti fu maggiore che negli altri paesi capitalisti. L'estrazione del carbone si ridusse del 41%, la fusione della ghisa scese del 79,4%, quella dell'acciaio del 76%, la produzione di automobili dell'80%. Dei 279 altiforni ne restarono in funzione soltanto 44. Nel complesso la produzione industriale nel 1932 si era ridotta in confronto al 1929 del 46%; in particolare la fabbricazione dei mezzi di produzione era diminuita del 72%. Migliaia di fabbriche e di stabilimenti erano fermi. Si era notevolmente ridotto anche il consumo di materie prime agricole da parte dell'industria.

Il reddito nazionale del paese dagli 87,8 miliardi di dollari del 1929 si ridusse ai 40,2 miliardi del 1933. Fallirono più di 135.000 ditte commerciali, industriali e finanziarie. Il numero totale delle banche scese da 25.000 a 15.000. Nei primi tre anni della crisi il valore dei titoli quotati in borsa diminuì di 160 miliardi di dollari.

La riduzione della produzione, la chiusura delle fabbriche e delle officine e l'attività ridotta di quelle in funzione provocarono un'enorme disoccupazione. Nel marzo del 1933 l'esercito dei disoccupati raggiunse i 17 milioni di persone, non considerando alcuni milioni di semioccupati. Mancando una legge sull'assicurazione sociale, i disoccupati erano privi di ogni mezzo di sussistenza. La crescita della disoccupazione fu accompagnata da una continua intensificazione dei ritmi di lavoro e dalla diminuzione del salario, che in media fu ridotto di quasi due volte. Centinaia di migliaia di persone furono private dell'abitazione, non essendo in grado di pagare il fitto. Nelle periferie di molti centri industriali i disoccupati e le loro famiglie vennero sistemati in campi, soprannominati " città di Hoover

("Hoovervilles", dal nome del presidente in carica). La rovina dei farmers fu quasi generale. I prezzi dei prodotti agricoli scesero negli anni della crisi del 54%. Circa il 40% del reddito totale dei farmers nel 1932 era divorato dagli interessi per i debiti, dalle tasse e dalla rendita fondiaria. I monopolisti rovinarono i farmers sostenendo artificiosamente i prezzi delle merci industriali. Dal 1929 al 1933 cambiarono padrone per vendita forzosa circa 1 milione di fattorie. I farmers rovinati diventavano salariati agricoli o andavano nelle città a ingrossare le file dei disoccupati.

La crisi incise nel modo più grave sui lavoratori negri, che erano licenziati per primi dalle imprese industriali. Gli affittuari negri furono fra tutta la popolazione agricola del paese i più duramente colpiti dalla crisi. La borghesia americana inasprì la discriminazione razziale e i negri furono sempre più spesso vittime di linciaggi e di altre azioni terroristiche.

L'amministrazione Hoover tentò di attenuare le conseguenze della crisi nei confronti della borghesia. Per mezzo della "National Credit Association", trasformata nel gennaio del 1932 in "Reconstruction Finance Corporation" (capitale di 3 miliardi e mezzo di dollari), essa finanziò le compagnie industriali e ferroviarie, cercando di salvarle dalla bancarotta. Un'altra organizzazione governativa, il "Federal Farm Board", ebbe l'incarico di sostenere il livello dei prezzi della produzione agricola. Dopo aver ricevuto dalle casse statali 500 milioni di dollari, questo ufficio, nel corso di un anno e mezzo, accumulò oltre 250 milioni di staie di grano e circa 1,3 milioni di balle di cotone, senza però riuscire nel suo scopo fondamentale. Nella seconda metà del 1931 l'ufficio incominciò la vendita delle scorte accumulate, causando uno stato di completa disorganizzazione del mercato, un ulteriore danneggiamento dei farmers e un aggravamento della crisi nell'agricoltura.

Nella speranza di migliorare le condizioni di smercio dei prodotti sul mercato interno, il governo varò nel giugno del 1930 una legge che stabiliva barriere doganali per le importazioni. Gli altri paesi capitalisti in risposta elevarono a loro volta le tariffe sulla importazione e lo smercio dei prodotti americani sui mercati stranieri divenne ancora più difficile. Tutti i tentativi del governo Hoover di superare la crisi si chiusero così con un completo fallimento.

IL MOVIMENTO OPERAIO E DEI FARMERS

Negli anni della crisi si sviluppò largamente il movimento degli scioperi, particolarmente nei rami delle industrie mineraria, tessile, automobilistica e dell'abbigliamento.
Per la loro organizzazione e capacità di resistenza si distinsero gli scioperi dei minatori negli Stati della Pennsylvania, dell'Ohio e della Virginia occidentale, avvenuti verso la metà del 1931 sotto la parola d'ordine di "sciopero contro la morte per fame". I padroni delle miniere effettuarono dure rappresaglie nei confronti dei partecipanti allo sciopero. Negli scontri con la polizia trovarono la morte 25 minatori; i feriti si contavano a centinaia, il numero degli arrestati superò il migliaio, più di duemila persone furono intossicate dai gas lanciati dai poliziotti. Nonostante il terrore esercitato dalle autorità, il numero degli scioperi aumentò. Nel 1930 scioperarono 157.000 operai, nel 1931 337.000 e nel 1933 il numero degli scioperanti superò il milione. Ma gli scioperi scoppiavano isolati, senza alcun collegamento fra loro, a causa dell'insufficiente organizzazione della classe operaia. Il partito comunista era poco numeroso e non aveva una grande influenza sulle masse operaie. La borghesia americana invece possedeva una grande esperienza, disponeva delle forze armate per soffocare il movimento degli scioperi e agiva tramite i suoi agenti, dirigenti reazionari della Federazione americana del lavoro e delle altre organizzazioni sindacali.

Negli anni della crisi assunsero notevoli dimensioni le azioni dei farmers contro la vendita forzosa delle fattorie per mancato pagamento dei debiti e delle tasse. Centinaia di migliaia di farmers parteciparono alle marce della fame e in varie località si verificarono scontri armati con la polizia, che fece uso di bombe lacrimogene. Con l'aiuto dei disoccupati e degli operai agricoli i farmers erigevano barricate sulle strade, fermavano gli autocarri delle grosse aziende agricole che si rifiutavano di associarsi al movimento dei farmers, sequestravano senza pagarli i loro prodotti e li distribuivano gratuitamente ai bisognosi. Il partito comunista riuscì in vari luoghi a dirigere il fronte unico dei farmers e degli operai. I comunisti dedicarono una particolare attenzione agli affittuari e ai salariati agricoli del sud, che erano in grande maggioranza negri.

A Washington e a Chicago nel 1933 si tennero delle conferenze nazionali dei farmers nelle quali un ruolo importante fu esercitato dai comunisti. I partecipanti alle conferenze invitavano i farmers a lottare assieme agli operai per il soddisfacimento delle vitali esigenze comuni dei lavoratori, per cercare di ottenere una moratoria per i debiti degli agricoltori e un aumento dei prezzi dei prodotti agricoli. Le conferenze favorirono la coesione e l'organizzazione della lotta dei farmers e dei lavoratori per i loro interessi vitali.

Il movimento dei disoccupati raggiunse grandi dimensioni. Per iniziativa del partito comunista il 6 marzo 1930 si tennero a New York, Chicago, Detroit, Pittsburgh, comizi di massa e manifestazioni, ai quali parteciparono 1 milione 250.000 disoccupati. Per disperdere i dimostranti il governo concentrò a New York ingenti forze di polizia, che non permisero ai disoccupati di presentare le loro richieste al sindaco della città e arrestarono i dirigenti della dimostrazione con alla testa uno dei più noti rappresentanti del movimento operaio americano, W. Z. Foster. Il movimento dei disoccupati si dimostrò altamente organizzato. In tutto il paese vennero creati "consigli dei disoccupati" e nel luglio del 1930, al congresso di Chicago, 1220 rappresentanti di questi consigli istituirono il "Consiglio nazionale dei disoccupati".

Nel dicembre 1931, in coincidenza con l'apertura della sessione del Congresso, venne organizzata da parte dei disoccupati una marcia nazionale della fame su Washington. Lungo il percorso si ebbero comizi e dimostrazioni. Da tutte le parti del paese giunsero a Washington 1200 delegati in rappresentanza di milioni di disoccupati. Al canto dell'"Internazionale" essi sfilarono dinanzi al palazzo del Congresso, chiedendo aiuti immediati per i disoccupati.

Nell'estate dell'anno seguente (1932) 23.000 veterani della guerra mondiale effettuarono a loro volta una marcia su Washington per ottenere il pagamento dei sussidi promessi a suo tempo. Sulla strada verso la capitale essi più di una volta si scontrarono con la polizia e s'impadronirono di treni e automobili. Alla fine di luglio i veterani s'accamparono nelle vicinanze di Washington e inviarono una delegazione dal presidente per presentare le loro richieste. Hoover rifiutò di riceverla e il capo di stato maggiore dell'esercito americano, il generale MacArthur, inviò contro i partecipanti alla marcia le truppe regolari (fanteria armata di mitragliatrici, di bombe e di gas lacrimogeni, cavalleria e carri armati). Il campo dei veterani fu demolito e bruciato.

LE ELEZIONI PRESIDENZIALI DEL 1932. L'ELEZIONE DI FRANKLIN DELANO ROOSEVELT

Nel 1932 si svolsero le elezioni presidenziali.
Il partito repubblicano presentò nuovamente la candidatura di Herbert Hoover; quale candidato del partito democratico si presentò Franklin Delano Roosevelt. Questi aveva iniziato la sua attività politica nel 1910, quando era stato eletto al Senato dallo Stato di New York; dal 1913 al 1920 era stato viceministro della marina nel governo Wilson e dal 1928 al 1930 governatore dello Stato di New York. La borghesia americana riponeva in lui grandi speranze, poiché egli aveva promesso di superare la crisi mediante la pianificazione economica e l'instaurazione della "pace di classe". Durante la campagna elettorale Roosevelt aveva condannato la politica dell'"individualismo grossolano", attuata da Hoover, e aveva promesso di introdurre le assicurazioni sociali e d'incrementare i lavori pubblici. La stampa borghese sostenne il suo programma, sperando che il presidente avrebbe potuto consolidare il capitalismo americano e indebolire il movimento operaio e dei farmers.

F. D. Roosevelt si acquistò la fiducia di gran parte degli elettori e nelle elezioni ottenne una vittoria schiacciante. Per lui votarono 22 milioni 809.000 elettori, mentre Hoover, fortemente compromesso con la promessa non mantenuta di " sbrigare la crisi in 60 giorni e di dare al paese un'eterna prosperità ", ottenne solo 15 milioni 758.000 voti.


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4 La Germania (prossima pubblicazione)
5 La Gran Bretagna (prossima pubblicazione)
6 La Francia (prossima pubblicazione)
7 L'Italia (prossima pubblicazione)
8 La Spagna (prossima pubblicazione)
9 I paesi dell'Europa Centrale e Sud Orientale (prossima pubblicazione)