www.resistenze.org
- cultura e memoria resistenti - storia - 18-03-10 - n. 311
da Accademia delle Scienze dell'URSS, Storia universale vol. VII, Teti Editore, Milano, 1975
Capitolo I
La Comune di Parigi
Parte Seconda
LA POSIZIONE INTERNAZIONALE DELLA COMUNE
La Comune fu, secondo quanto scrive Marx, “l’espressione spontanea di tutti gli elementi sani della società francese...” (K. Marx “La guerra civile in Francia”).
Essa ebbe anche una notevole importanza sul piano internazionale, poiché il suo motto era la “lotta per la liberazione dai lavoratori di tutti i paesi dallo sfruttamento capitalistico”.
Come segno delle sue intenzioni pacifiche, del suo profondo odio per il militarismo e per la politica di conquista delle classi dominanti, la Comune abbatte la colonna eretta a ricordo delle vittorie di Napoleone I, in piazza Vendome, che venne ribattezzata piazza dell’Internazionale.
I comunardi cercarono di instaurare relazioni con altri Stati: il 5 aprile, il delegato (commissario) per i rapporti con l’estero, Paschal Grousset, presentò ai rappresentanti delle potenze straniere una dichiarazione ufficiale sulla costituzione della Comune di Parigi e sulle sue intenzioni di mantenere buoni rapporti con tutti gli Stati.
La maggioranza dai diplomatici rifiutò di accogliere questa dichiarazione a si trasferì a Versailles, prendendo posizione a favore del governo Thiers, contro la Comune.
Un peso notevole nella disfatta della Comune di Parigi ebbe il militarismo tedesco, che sostenne il governo di Versailles.
Venuto a conoscenza degli avvenimenti del 18 marzo, Bismarck fece immediatamente sapere a Thiers che le truppe di occupazione tedesca l’avrebbero sostenuto nella lotta contro la rivoluzione di Parigi.
Gli junkers e la borghesia tedesca temevano che gli avvenimenti francesi potessero influire sul movimento operaio del loro paese; i circoli governativi, a loro volta, temevano che il nuovo governo di Parigi non mantenesse fede al trattato di pace, concluso nel febbraio del 1871, e rinnovasse la guerra contro la Germania.
Il Comitato Centrale della Guardia Nazionale aveva già fatto sapere, per iscritto, al comando del III corpo dell’esercito tedesco, di stanza alla periferia di Parigi, che la rivoluzione del 18 marzo non era diretta contro gli eserciti tedeschi e che i comunardi non intendevano rivedere le condizioni del trattato di pace, accettate dall'Assemblea Nazionale.
Volendo garantire Parigi da un possibile intervento tedesco, la Comune si dichiarò pronta a pagare alla Germania 500 milioni di franchi come primo acconto sulle riparazioni di guerra, purché il governo tedesco mantenesse la neutralità nella lotta tra Parigi e Versailles.
Le trattative condotte il 26 aprile dal delegato militate della Comune, Cluseret, con it diplomatico tedesco von Holstein non portarono, però, a un buon risultato.
Bismarck voleva solo approfittare di queste trattative per esercitare pressioni su Thiers e affrettare la firma del trattato di pace definitivo con le pesanti condizioni imposte alla Francia.
Il 10 maggio del 1871, a Francoforte sul Meno, venne firmato il trattato di pace e da quel momento la cooperazione degli occupanti tedeschi con i controrivoluzionari di Versailles divenne ancor più stretta.
La grande borghesia francese, venendo meno agli interessi nazionali del proprio paese, entrò in trattative con i conquistatori tedeschi, contro il proprio popolo.
Contrari alla Comune furono anche i circoli dirigenti di altre potenze.
Il governo della Russia zarista cooperò alla costituzione di una rete poliziesca contro gli attivisti della Comune e dell’Internazionale.
L’ambasciatore degli Stati Uniti, Washburne, non nascose mai i suoi sentimenti fortemente ostili nei confronti della Comune e dei suoi dirigenti.
Nei giorni più critici della vita della Comune, il console americano disorientò i comunardi con l’assicurazione che, grazie alla sue intercessione, i tedeschi avevano concesso il permesso di lasciar passare i reggimenti dei comunardi attraverso le linee tedesche.
Credendo a queste assicurazioni, gruppi di soldati della Comune si diressero verso gli avamposti tedeschi, ma qui vennero catturati e consegnati al governo di Versailles.
Il Consiglio Generale dell’Internazionale, con un messaggio scritto da Marx, bollò il comportamento del console americano.
Attorno alla Comune si chiudeva un anello di blocchi della reazione internazionale.
LA SOLIDARIETÀ DEL PROLETARIATO INTERNAZIONALE CON I COMUNARDI PARIGINI
La rivoluzione del 18 marzo e la proclamazione della Comune di Parigi suscitarono una ondata di solidarietà internazionale dei lavoratori con l’eroico proletariato parigino.
Il Consiglio Generale dell’Internazionale e le sue sezioni in Germania, Inghilterra, Belgio, Svizzera, America e in altri Stati espressero la loro solidarietà alla Comune di Parigi e affermarono che l’esito vittorioso di questa lotta interessava il proletariato di tutto il mondo.
Nel settembre del 1870 (alla convocazione del Consiglio Generale per la questione della guerra franco-prussiana) Marx aveva ammonito gli operai francesi e i loro dirigenti a non sollevarsi prematuramente, perché sarebbe stata una “tremenda pazzia”.
Nel marzo del 1871, però, quando l’insurrezione del proletariato di Parigi era ormai avvenuta, Marx la sostenne con tutte le sue forze.
Nella lettera del 12 aprile al socialista tedesco Kugelmann, egli parlava con entusiasmo dei comunardi come di uomini pronti ad “attaccare il cielo”: “Quale coraggio, quanta intraprendenza storica, quale capacità di donarsi hanno questi parigini! La storia non ha ancora vista un uguale eroismo” (K. Marx: “Lettera a Kugelmann del 12 aprile 1871”).
Pur indicando gli errori compiuti dai dirigenti della Comune, Marx sottolineava anche il suo enorme significato storico: “L’attuale insurrezione di Parigi - anche se sconfitta dai lupi, dai maiali della vecchia società - rappresenta il più glorioso passo in avanti del nostro partito dal tempo dell’insurrezione di giugno” (K. Marx: “Lettera a Kugelmann del 12 aprile 1871”).
In un’altra lettera a Kugelmann, Marx notava: “La lotta della classe operaia contro la classe dei capitalisti e contro lo Stato, che ne rappresenta gli interessi, è entrata, grazie alla Comune di Parigi, in una nuova fase. Comunque finisca, questa volta un nuovo punto di partenza di importanza storica mondiale e stato conquistato” (K. Marx: “Lettera a Kugelmann del 17 aprile 1871”).
Nelle lettere e nelle istruzioni orali mandate a Parigi attraverso persone fedeli, Marx dava consigli ai dirigenti della Comune, rispondeva alle loro domande, spiegava i loro errori, faceva loro una serie di ammonizioni.
Nella lettera del 13 maggio a Fraenkel e Varlin, Marx indicava per sommi capi, i più importanti particolari dell’accordo di Bismarck con Thiers e Favre contro la Comune e avvertiva i comunardi che il governo tedesco “avrebbe in ogni modo favorito il governo di Versailles per affrettare la presa di Parigi”. “La Comune perde, secondo me, troppo tempo nelle piccole cose e nelle contese di carattere personale” affermava in quella lettera. “È evidente che, oltre all’influenza dei lavoratori, c’è anche qualche altra influenza. Ma questo non avrebbe importanza se desse la possibilità di riguadagnare il tempo perduto” (K. Marx: “Lettera a L. Fraenkel e L. Varlin del 13 maggio 1871”).
Il Consiglio Generale condannò il comportamento proditorio del socialista francese Tolain, passato nelle file del governo di Versailles e confermò la decisione del Consiglio Federale di Parigi di escluderlo dall’Internazionale.
Per iniziativa di Marx il Consiglio Generale invio, attraverso i propri segretari-corrispondenti, a tutti i paesi nei quali esisteva una sezione dell’Internazionale alcune centinaia di copie di un indirizzo, scritto dallo stesso Marx, per spiegare il significato della rivoluzione che avveniva a Parigi.
Il Consiglio Generale, nelle riunioni di marzo, aprile e maggio 1871, esaminò più di una volta la situazione di Parigi, indicando i mezzi per dare aiuto ai comunardi.
Secondo l’espressione di Lenin, Marx, allora in esilio a Londra, visse gli avvenimenti della Comune “come un partecipante alla lotta delle masse”, “con tutto il suo ardore e la sua passione”. (V. I. Lenin: “Prefazione alla traduzione russa delle lettere di K. Marx a L. Kugelmann”).
Il comportamento della parte avanzata del proletariato tedesco nei giorni della Comune fu genuinamente internazionalista.
I suoi capi August Bebel e Wilhelm Liebknecht dalle tribune del Reich-stag e nell’organo centrale del partito socialdemocratico tedesco, il “Volksstaat” (“Stato popolare”) affermarono chiaramente la loro solidarietà con la Comune di Parigi.
Essi sottolinearono l’enorme significato della lotta della Comune per la liberazione di tutto il proletariato internazionale, smascherarono la politica aggressiva delle classi dominanti della Germania e il loro accordo con la controrivoluzione di Versailles.
Nel periodo marzo-maggio del 1871, a Berlino, Amburgo, Dresda, Hannover e Monaco e in molte altre città della Germania vennero organizzate delle riunioni di operai per manifestare la loro solidarietà con i comunardi parigini.
Grande impressione fece, non solo in Germania, ma in tutta Europa, il coraggioso discorso di Bebel al Reichstag il 25 maggio del 1871, nel quale egli esprimeva la sua convinzione che in un futuro non lontano le parole d’ordine dei comunardi parigini sarebbero diventate il grido di guerra di tutto il proletariato europeo...
La Comune di Parigi venne salutata anche dai membri russi dell’Internazionale come “repubblica dei proletari”.
Anche il socialista bulgaro Christo Botev espresse tutta la sua ammirazione per la lotta eroica dei comunardi.
I partecipanti al comizio popolare tenuto ad Hyde Park il 16 aprile inviarono alla Comune un messaggio di saluto.
Anche Garibaldi, il grande democratico e rivoluzionario italiano, ebbe parole favorevoli per i comunardi parigini.
Un eminente pubblicista inglese, E. Bresly, difendendo la causa della Comune, scrisse sul giornale “Behave”: “I lavoratori di tutti i paesi possono essere orgogliosi delle grandi qualità manifestate dai loro fratelli parigini: la loro audacia, pazienza, ordine, disciplina, intelligenza sono state veramente eccezionali”. Un altro pubblicista progressista inglese, Fox Harrison, pubblicò un articolo nel quale affermava che “i principi della Comune si diffonderanno per tutta l’Europa e alla fine diverranno la base della società”.
In Russia non esisteva allora un movimento politico autonomo della classe operaia: per questo i sentimenti di simpatia verso la Comune vennero manifestati in prevalenza dall’intellighenzia democratica rivoluzionaria.
Uno dei suoi rappresentanti, lo studente rivoluzionario Nikolaj Končarov, diffuse manifestini nei quali invitava “tutti gli uomini onesti” a sostenere la causa della Comune e ne metteva in evidenza il significato pacifico.
N. A. Nekrasov dedicò agli eroi della Comune una poesia e Gleb Uspenskij un suo scritto.
LA LOTTA ARMATA TRA I COMUNARDI E I VERSAGLIESI
Il periodo dell’esistenza pacifica della Comune fu breve.
Già il 2 aprile gli eserciti di Versailles attaccarono gli avamposti dei comunardi attorno a Parigi.
L’attacco non era stato previsto della Comune, tra i cui membri prevaleva la convinzione che sarebbe stato possibile evitare la guerra civile, e provocò grande agitazione.
Il 3 aprile le formazioni della Guardia Nazionale, in 3 colonne separate, si diressero verso Versailles.
La spedizione, però, era stata intrapresa senza la necessaria preparazione: molti combattenti non avevano armi, pochissimi erano i cannoni, poiché si pensava che le truppe di Versailles non avrebbero opposto una seria resistenza.
Ma questi calcoli si rivelarono errati.
Una colonna si trovò sotto il fuoco micidiale del forte di Mont Valerien, che, anche dopo il 18 marzo, era rimasto nelle mani dei governativi.
Un’altra colonna si avvicinò alle postazioni dei versagliesi, ma presto dovette ritirarsi con gravi perdite.
Il 4 aprile fu fermata anche l’avanzata di altre formazioni comunarde.
Dopo questi insuccessi il commissario alla guerra Cluseret passò alla difensiva.
All’inizio di aprile venne riorganizzata la Guardia Nazionale, e furono costituite numerose formazioni di volontari: “I vendicatori di Parigi”, “I vendicatori di Flourens”, “I cacciatori volontari della rivoluzione” eccetera.
Comunque, le notevoli risorse militari (soprattutto di artiglieria), di cui la Comune disponeva, non vennero usate a sufficienza.
Gli organismi militari erano troppi e spesso intralciavano l’un l’altro la propria attività.
I tribunali militari, creati per mantenere la disciplina, agivano con poca efficacia.
Conseguenze negative ebbe anche la mancanza di specialisti militari, poiché soltanto alcuni ufficiali si erano schierati con la Comune, e tra di essi alcuni erano emissari di Versailles, che, con la loro azione, sabotavano le capacità militari delle forze armate della Comune.
Nonostante queste condizioni poco favorevoli, i federati - così erano chiamate le Guardie Nazionale della Comune - si battevano con grande eroismo.
Particolare menzione per il loro impeto meritano gli artiglieri del battaglione delle porte Maillot e Ternes, che difendevano il forte d’Issy.
Le donne non erano da meno degli uomini, dalle più giovani alle più anziane.
Anche i nemici della Comune dovettero ammettere che il governo di Versailles aveva a che fare con avversari coraggiosi.
Il 6 aprile venne nominato maresciallo in capo dell’esercito di Versailles Mac Mahon e a capo delle formazioni di riserva il generale Vinoy.
Il 9 aprile i versagliesi sottoposero Parigi al fuoco dell’artiglieria che, a eccezione della tregua del 25 aprile, durò per tutto il tempo delle ostilità.
Negli ultimi giorni di aprile la vittoria era ormai delle truppe di Versailles, composte già allora da più di 100 mila uomini, mentre le formazioni della Comune erano formate da non più di 35-40 mila uomini (secondo altri dati questa cifra va portata a 60 mila persone).
I governativi attaccavano su tutti i fronti.
Il 30 aprile il forte d’Issy, sul fronte meridionale, fu abbandonato dai suoi difensori, ma dopo poche ore i comunardi riuscirono a conquistarlo nuovamente.
Con il peggiorare della situazione militare, aumentava l’insoddisfazione per l’operato del delegato Cluseret, che venne deposto, arrestato e sottoposto a giudizio (più tardi fu però prosciolto).
Il suo posto venne occupato da un giovane ufficiale della guardia, il colonnello Rossel.
Le sue prime misure, dirette a rafforzare la disciplina, furono assai tempestive, ma il progetto che egli approntò per la riorganizzazione della Guardia, sostituendo le legioni con i reggimenti, incontrò una viva opposizione da parte del Comitato Centrale, timoroso che Rossel volesse instaurare una dittatura personale.
Frattanto, la situazione sul fronte peggiorava sempre più.
Il 9 maggio gli eserciti di Versailles s’impadronirono del forte d’Issy.
La caduta di questo importante punto d’appoggio dei comunardi provocò grande agitazione a Parigi.
Rossel pubblicò sui giornali una lettera, nella quale esponeva i punti deboli della Comune, accusava i membri del Comitato Centrale della Guardia Nazionale di non aver accettato le misure per il rafforzamento della difesa di Parigi e chiedeva di essere esonerato dal suo incarico.
La pubblicazione di questa lettera portò non poco danno alla Comune, poiché rivelò al nemico la debolezza del suo apparato militate.
Per ordine della Comune, Rossel venne arrestato e messo in prigione, ma ben presto fuggì.
Arrestato in seguito dagli eserciti di Versailles, venne mandato davanti al tribunale militare e fucilato.
Il posto di Rossel venne affidato a Delescluze, uno dei più fedeli esponenti della Comune, che però non aveva alcuna capacità militare.
L’avanzata dei versagliesi continuava.
Il 13 maggio venne preso il forte di Vanves.
L’artiglieria distrusse gran parte delle mura difensive di Parigi e il 20 maggio il comando supremo di Versailles ordinò un attacco generale alla città.
LA “SETTIMANA DI SANGUE DI MAGGIO”. LA CADUTA DELLA COMUNE
Il 21 maggio le forze di Versailles entrarono in Parigi dopo aver distrutto la porta di Saint-Cloud.
Nella notte del 22 maggio le truppe governative penetrarono in Bitty anche attraverso altre porte, e presto in Parigi ci furono circa 100 mila versagliesi.
Nonostante l’enorme superiorità numerica e tecnica dei controrivoluzionari, il proletariato di Parigi oppose una strenua resistenza.
In brevissimo tempo nelle strade della città furono costruite più di 500 barricate, alla cui difesa parteciparono donne e bambini.
Il 24 maggio la Comune dovette trasferirsi nel palazzo comunale dell’XI circondario.
Verso sera i federati furono scacciati da tutti i quartieri borghesi e la lotta si trasferì a Belleville, Menilmontant e in altri quartieri proletari, dove gli eserciti di Versailles trovarono una resistenza accanita da parte di quanti erano in grado d’imbracciare un arma.
Sulla piazza intitolata a Giovanna d’Arco alcune migliaia di comunardi, al comando del generale Wroblewski, sostennero per 36 ore con successo gli attacchi di un intero corpo dell’esercito di Versailles e passarono anche al contrattacco; ma le forze preponderanti del nemico li costrinsero infine a ritirarsi.
Il 25 maggio tutta la riva sinistra della Senna passò nelle mani delle truppe governative e, alla fine dello stesso giorno, gran parte di Parigi era ormai nelle loro mani.
La Comune si rifugiò nel municipio del XX circondario.
Il 26 maggio gli eserciti di Versailles, debellata la resistenza dei comunardi, presero la porta di Saint-Antoine.
Il 27, dopo aspri combattimenti, caddero in loro mani anche le alture di Belleville e di Chaumont.
In quello stesso giorno avvenne un furioso combattimento presso il cimitero del Pere-Lachaise: la battaglia infuriò e i comunardi presi prigionieri vennero allineati contro un muro e fucilati immediatamente.
Il 28 maggio le forze governative s’impadronirono dell’ultima barricata della Comune, sulla via de Ramponneau.
Cadeva così, dopo più di due mesi di lotta eroica, che aveva stupito tutto il mondo, la Comune di Parigi.
Nelle battaglie del maggio erano già caduti molti esponenti della Comune, battutisi coraggiosamente fino all’ultimo.
In battaglia avevano trovato la morte Delescluze e Dombrowski. Varlin, arrestato il 28 maggio, dopo essere stato esposto a volgari ingiurie, venne fucilato.
Vermorel, gravemente ferito su una barricata, morì nell’ospedale della prigione di Versailles.
I sette giorni di battaglia per le strade di Parigi passarono nella storia della Francia sotto il nome di “settimana di sangue di maggio”.
Le forze militari di Versailles in quei giorni difficili infierirono crudelmente sulle forze della Parigi operaia.
uccidere in massa i prigionieri, ne avevano nelle loro mani la ‘legge’ e sulle loro labbra la parola ‘civilizzazione” . (K. Marx: “La guerra civile in Francia”).
Le strade e le piazze di Parigi erano piene di cadaveri delle persone fucilate, che venivano frettolosamente sepolti insieme a corpi nei quali ancora palpitava la vita.
Più di 30 mila morti, questo fu il bilancio della repressione degli eserciti di Versailles nel maggio del 1871.
Aggiungendo 50 mila prigionieri, inviati all’ergastolo o condannati a morte e alcune migliaia di persone fuggite per sottrarsi alle persecuzioni poliziesche.
Parigi perse circa 100 mila dei suoi figli e delle sue figlie migliori, per la maggior parte operai.
I tribunali militari continuarono a emanare condanne fino al 1875.
GLI INSEGNAMENTI E IL SIGNIFICATO STORICO DELLA COMUNE
Già durante la lotta della Comune, Marx aveva fatto un’analisi profonda del suo significato storico.
Questo documento, adottato all’unanimità dal Consiglio Generale dell’Internazionale il 30 maggio del 1871 e successivamente pubblicato sotto il titolo di “ La guerra civile in Francia “, è una delle più importanti opere della letteratura marxista.
La Comune, sottolineò Marx, fu il primo “governo della classe operaia” il “primo tentativo di dittatura del proletariato”.
“Questa forma di organizzazione politica della società - riconosceva Marx valutando gli insegnamenti della rivoluzione del 1871 - è la più completa per il passaggio dal capitalismo al socialismo. Gli operai parigini e la Comune saranno sempre salutati come i gloriosi precursori della nuova società. I suoi eroi sono impressi per i secoli nel grande cuore della classe operaia. La storia già ora ha inchiodato i suoi giustizieri al palo della vergogna dal quale non potranno mai liberarli tutte le preghiere di tutti i sacerdoti”. (K. Marx: “La guerra civile in Francia”).
La Comune di Parigi ebbe un’enorme influenza non solo sul movimento operaio contemporaneo, ma anche sul movimento operaio internazionale degli anni successivi.
La sua esperienza arricchì la teoria rivoluzionaria di Marx ed Engels, sollecitandoli ad apportare modifiche al “Manifesto del Partito Comunista”.
Nella prefazione alla nuova edizione tedesca del “Manifesto” (1872), Marx e Engels scrivevano: “In particolare la Comune ha dimostrato che la classe operaia non può semplicemente impadronirsi della macchina statale come è, e metterla in moto per i propri obiettivi” K. Marx - F. Engels: “Manifesto del Partito Comunista”).
Come sottolineò successivamente Lenin, “il pensiero di Marx consiste nel fatto che la classe operaia deve rompere e distruggere la macchina statale già pronta e non limitarsi ad impadronirsi di essa” (V. I. Lenin: “Stato e rivoluzione”).
L’eroica lotta degli operai parigini non fu vittoriosa.
Allora la classe operaia francese non aveva un partito marxista, non ebbe l’appoggio dei contadini, che si dimostrarono, come nel 1848, una riserva della borghesia.
Gli errori e gli insuccessi della Comune, sia nelle questioni militari come nella politica economico-sociale, ne affrettarono la caduta.
Ma, come disse Lenin, “nonostante i suoi errori, la Comune è l’esempio più grande del grandioso movimento proletario del XIX secolo” (V. I. Lenin: “La lezione della Comune”).
LA Ia INTERNAZIONALE DOPO LA COMUNE
La Comune di Parigi esercitò una profonda influenza su vasti strati del proletariato internazionale e fu un potente stimolo al rafforzamento della propaganda socialista-rivoluzionaria.
La popolarità dell’Internazionale tra gli operai di diversi paesi crebbe notevolmente.
La reazione internazionale rispose all’aumento di prestigio dell’Internazionale con un deciso rincrudimento della lotta contro di essa.
La coraggiosa difesa della causa della Comune da parte del Consiglio Generale e delle sezioni dell’Internazionale, l’appassionata propaganda delle idee dell’internazionalismo operaio nelle opere di Marx, le sue preoccupazioni per i profughi della Comune diedero lo spunto alla reazione per una feroce persecuzione dei socialisti.
Le persecuzioni giudiziarie e poliziesche resero difficile e talvolta addirittura impossibile l’attività delle sezioni in Francia e in alcuni altri paesi.
Le repressioni governative non erano l’unico pericolo che minacciava l’Internazionale degli operai.
In quella difficile situazione, complicatasi dopo la sconfitta della Comune, la tattica anarchica dei bakuniniani e la loro attività scissionistica all’interno dell’Internazionale furono molto pericolose per il movimento operaio.
Contro il bakuninismo si pronunciò la conferenza dell’Internazionale tenutasi a Londra nel settembre del 1871, con la partecipazione di Marx e di Engels, la quale ebbe un ruolo importantissimo nella storia del movimento operaio internazionale.
Nella sua risoluzione sull’attività politica della classe operaia veniva sottolineata l’importanza della creazione dei partiti proletari nei singoli paesi: “Contro il potere collettivo delle classi abbienti il proletariato può agire come classe solo organizzandosi in partito politico, diverso da tutti i vecchi partiti formati dalle classi abbienti, e contrario ad esse... L’organizzazione della classe operaia in partito politico è indispensabile per assicurare la vittoria alla rivoluzione sociale e al suo fine ultimo, l’abolizione delle classi”.
Il congresso dell’Internazionale, tenutosi all’Aia nel settembre del 1872, ribadì la risoluzione della conferenza di Londra sull’attività politica della classe operaia ed ampliò i poteri del Consiglio Generale, dandogli il diritto di escludere, in caso di necessità, dall’Internazionale singole sezioni e federazioni.
La maggioranza dei voti del congresso escluse Bakunin e James Guillaume dall’Internazionale per le loro attività scissioniste.
Per iniziativa di Marx e Engels il congresso stabilì di trasferire la sede del Consiglio Generale a New York.
La decisione era motivata dal fatto che l’attività del Consiglio Generale in Europa, infierendo contro l’Internazionale la persecuzione delle forze reazionarie, era gravemente ostacolata; altre difficoltà provenivano anche dall’attività dei bakuniniani e dal collaborazionismo dei leaders di destra delle Trade Unions inglesi.
Successivamente, però, i legami tra il Consiglio Generale, negli Stati Uniti, e il movimento operaio europeo divennero sempre più difficili e nel luglio del 1876 la conferenza dell’Internazionale a Filadelfia prese la decisione di sciogliere il Consiglio Generale.
La I Internazionale adempì onorevolmente al compito storico che le stava dinnanzi. Con la sua lotta per il miglioramento della condizione delle masse operaie, contro l’anarchismo e l’opportunismo, con le sue rivoluzioni sulla forma e sui metodi della lotta di classe del proletariato, con i suoi attacchi contro le guerre d’aggressione per la pace tra i popoli, per la fratellanza dei lavoratori di tutti i paesi, essa pose le fondamenta dell’organizzazione internazionale del proletariato.
|
|
Sostieni una voce comunista. Sostieni Resistenze.org.
Fai una donazione o iscriviti al Centro di Cultura e Documentazione Popolare.
Support a communist voice. Support Resistenze.org.
Make a donation or join Centro di Cultura e Documentazione Popolare.
|