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Anita Prestes, l'eredità di un paese

María Carla Gárciga | lajiribilla
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

14/01/2017

Anita Prestes ha dedicato la sua vita a perpetuare la lotta dei suoi genitori per la giustizia e l'uguaglianza sociale, sia nella teoria che nella propria attività rivoluzionaria instancabile che l'ha portata a vivere esperienze molto simili a quelle sperimentate dai genitori, combattenti comunisti, Olga Benario e Luis Carlos Prestes.

La sua storia è stata, fin dall'inizio, segnata dall'esilio: è nata in una prigione in Germania, dove sua madre era stato estradata dal Brasile ed è stata salvata un anno e due mesi più tardi, grazie a una campagna internazionale guidata dalla nonna paterna. La maggior parte della sua infanzia è trascorsa in Messico fino all'incontro con suo padre nel 1945, dopo l'amnistia dei prigionieri politici. Sua madre era morta quell'anno, in un campo di concentramento tedesco.

"Mia zia e mia nonna mi hanno sempre raccontato dei miei genitori, da quando ero molto piccola. Non hanno mai nascosto nulla. Crescevo in concomitanza alla conoscenza dei fatti, così non ho mai sofferto per forti impatti emotivi. Mi sono allenata in una famiglia comunista e naturalmente ho seguito quel percorso, influenzata da mio padre e dalle mie zie", dice Anita.

"Siamo stati sempre perseguitati, perché c'era molto repressione. Quando avevo 14 anni, sono andata con le mie zie in Unione Sovietica dove ho compiuto la scuola secondaria. Il Brasile era molto pericoloso per la repressione, le minacce e i rapimenti. Sono tornata nel 1957, a 20 anni e ho studiato Chimica Industriale presso l'Università ".

Tuttavia, ancora una volta, la giovane militante è stata obbligata a lasciare il suo paese: nel 1964 si verifica il colpo di stato; inizialmente Anita ha cercato di rimanere in Brasile e lavorare con la sua professione, ma era impossibile. Si dedicò allora al lavoro politico nel Partito comunista brasiliano e per il suo attivismo è stato perseguitata e condannata a quattro anni di carcere. L'esilio la portò fuori nuovamente e potè tornare solo nel 1979, quando ci fu l'amnistia.

"Quell'anno mio padre ritornò. Ho sempre avuto un grosso legame con lui e ho continuato a sostenere il suo lavoro politico. Ho continuato ad aiutarlo fino alla sua morte nel '90.

Dopo Chimica ho fatto un Dottorato in Storia. La mia tesi fu ovviamente sulla Colonna Prestes, che ho pubblicato in un libro che è stato anche premiato qui a Cuba. Ho passato gran parte della mia vita a lavorare come insegnante e ricercatrice della storia dei comunisti in Brasile, così come sulla biografia politica di mio padre, che ho studiato a più riprese", spiega l'eccezionale combattente che è stata a Cuba di recente per un evento dedicato alle sinistre latinoamericane celebrato nell'Istituto Juan Marinello.

Ha dedicato un intenso lavoro alla figura di suo padre. Come si è sviluppato il processo di ricerca, dato il suo grande legame con Luis Carlos Prestes, sia ideologicamente, che affettivamente?

Sono arrivata a lui dopo aver investigato sui diversi periodi della sua vita. Nei primi anni '80, io e alcuni amici abbiamo iniziato a registrare delle interviste con mio padre. Questo è diventato un importante materiale utilizzato molto nel libro della Colonna; ma ho anche studiato molti documenti e articoli: sono andata a Mosca per esaminare i documenti sull'Internazionale Comunista, ho cercato informazioni in diversi luoghi, nella stampa, nella corrispondenza ... la documentazione è stata molto varia. Tutto è nei libri, non affermo nulla che non sia documentato e mi concentro sull'azione politica, non tanto sulla sua vita personale, quel tanto che basta per disegnare il contesto.

Così ho pubblicato diversi libri, oltre alla Colonna. Ne ho scritto uno sulla Campagna di Prestes diretta da mia nonna per il rilascio dei prigionieri politici, dei miei genitori e quindi anche del mio. Il lavoro copre un periodo che va dal 1936 - 1945.

Tredici anni fa abbiamo pubblicato la corrispondenza di mio padre, che mia zia ha avuto la preoccupazione di mantenere e preservare, dal carcere in tre volumi. Ci sono lettere dirette a mia nonna, mia madre, alle mie zie e ad altri parenti e amici. Quello che è riuscita a salvare è interessante, perché rivela l'aspetto della sua vita personale; nelle lettere non poteva parlare di politica perché erano censurate. I tre volumi sono intitolati Anni tempestosi: la corrispondenza di Prestes in carcere.

Il mio ultimo lavoro è un libro che raccoglie 30 anni di ricerca sulla partecipazione di Prestes all'attività politica in Brasile. E' intitolato Luis Carlos Prestes: un comunista brasiliano e ho donato una copia alla biblioteca dell'Istituto Cubano di Ricerca Culturale Juan Marinello.

Ha commentato il lavoro del padre, cui ha dedicato più di un paio di volumi. Per quanto riguarda l'attivismo politico di sua madre, Olga Benario, prevede di studiare o scrivere qualcosa?

Recentemente è apparso un elemento interessante su Internet, che è il seguente: quando l'Esercito Sovietico ha preso Berlino, il bottino di guerra includeva anche l'archivio della Gestapo tedesca. È rimasto in Russia e di recente c'è stato un accordo tra i governi russo e tedesco per digitalizzare quegli archivi e renderli disponibili sul web.

C'è una grande documentazione, tra cui circa 2000 scritti su mia madre con molte cose che nessuno sapeva. E' l'unica persona di tutti gli indagati presenti che ha una così vasta documentazione nell'archivio dell'Internazionale. La maggior parte è in tedesco, ma io non so il tedesco, quindi ho optato per un team di traduttori composto da diversi professori di varie università del Brasile. Recentemente è stata completata la traduzione di tutto e sto scrivendo il libro, spero di finire presto.

Credo che il testo sarà molto lungo, perché ci sono nuovi e molto interessanti materiali, tra cui una significativa quantità di lettere di lei e di mio padre che penso di pubblicare interamente, sulla collaborazione tra polizia brasiliana e la Gestapo, sul suo comportamento negli interrogatori e i commenti degli ufficiali su questi ... Tutto è molto ben conservato e completo, perché i tedeschi sono molto dettagliati ed organizzati.

Sono registrate le storie incredibili che inventava, quando volevano che parlasse a proposito del suo lavoro nel Comintern. Sicome non disse mai niente su questo e veniva punita ancora di più e tutto è scritto e documentato. Mia madre venne messa a confronto in un interrogatorio con un altro comunista tedesco che aveva parlato e più volte disse: "Anche se ci sono traditori, io non lo sarò mai". Ha mantenuto una grande fermezza fino alla fine e il governo di Hitler ha dato più importanza a lei in quanto comunista, che ebrea.

Dalla letteratura al cinema sono state evocate le figure dei suoi genitori. Sto pensando al libro di Fernando Morais, Olga; e al film con lo stesso nome che si basa su questo lavoro, che ha fatto conoscere al mondo la storia d'amore di due combattenti ...

Il libro è molto buono, mio padre stesso l'ha riconosciuto come un lavoro fatto seriamente. Fernando Morais ha viaggiato, studiato e intervistato molte persone che erano ancora vive al momento e registrato nei principali archivi; chiaramente le cose possono essere migliorate, ma fondamentalmente si tratta di un buon libro.

Il film pecca a mio giudizio di superficialità: anche il regista lo ha detto nelle interviste che non era interessato né alla politica, né nella storia, né alla vita di Prestes, ma a raccontare una storia d'amore che sembrava molto bella. Il film rivela poco la lotta per la Campagna Prestes, che fu molto importante; inoltre mostra fatti che non sono accaduti esattamente così, ma d'altra parte, è diventato importante perché ha denunciato all'opinione pubblica del Brasile il ruolo di Getúlio Vargas, che di solito è negato; e la verità, che Vargas fu il principale responsabile. Un altro aspetto positivo del film è che non ha un carattere anti-comunista e dimostra che i comunisti sono gente normale, il che è buono perché c'è una tradizione anti-comunista sostenuta da molta propaganda, in Brasile.

Il film riscatta una storia che, a causa di tutti gli anni della dittatura, era dimenticata. Le nuove generazioni non avevano informazioni su questi eventi e il film Olga è stato visto da più di quattro milioni di brasiliani. La gente si è emozionata molto e la pellicola è piaciuta perché è romantica. Le ripercussioni sono state grandi, ho ricevuto un sacco di lettere ed è interessante quanto spesso continuino a passare il film in tv.

Non è la prima volta che visita il nostro paese. Potrebbe parlarmi dei suoi primi approcci con l'Isola e la sua relazione con Cuba?

Sono venuta per la prima volta quando avevo solo sei anni durante la Campagna Prestes e vi ho trascorso quattro mesi. Mia nonna conosceva i comunisti dell'epoca; il Partito Socialista Popolare era molto forte, con deputati, senatori e anche i ministri durante il primo governo di Batista. Hanno invitato mia zia e io andai con lei; ricordo le grandi manifestazioni, sono state impressionanti, con una solidarietà che mi entusiasma ancora perché ha significato un grande sostegno, non solo a L'Avana, ma anche in altre città di Cuba.

Dopo la Rivoluzione venni con una delegazione brasiliana di più di 90 persone, il 2 gennaio 1962. Ero una studentessa e mi ricordo la sfilata in Piazza della Rivoluzione. Siamo andati anche a Santiago, Santa Clara, Pinar del Rio, Camaguey, ho visitato il paese, le scuole ... E' stata un'epoca di grande entusiasmo, la gente cantava tutto il giorno, era un'atmosfera diversa perché era appena finita la Campagna di alfabetizzazione.

La terza volta che sono venuta è stato nel 2011 per la pubblicazione del mio libro La Colonna Prestes alla Fiera del Libro a l'Avana e ora sono tornata per l'evento La sinistra in America Latina nel corso del XX secolo, in cui ho presentato la mia relazione "La Actualidad de la Alianza Libertadora".

Dalla sua posizione di intellettuale comunista e cittadina brasiliana, come valuta la situazione in Brasile, oggi dopo l'impeachment contro la presidente Dilma Russeff?

E' tutto molto difficile dopo questo colpo di stato parlamentare. Il Partito dei Lavoratori (PT) non ha risolto i problemi; ha leggermente migliorato la situazione dei più poveri, ma senza mobilitarli e renderli consapevoli e ora stanno perdendo tutto. Ha colpito molto la propaganda dei media, oltre alla corruzione all'interno del Partito, che ha approfittato per demoralizzarli. Le persone non vedono più Dilma con simpatia; Lula ha ancora un certo prestigio, ma è diminuito, ma non vi è nessun altro leader in Brasile, né la destra ha una leadership. Il PT ha contribuito molto alla demoralizzazione della sinistra e del socialismo; gran parte della popolazione ha uno senso di ripudio della politica e dei partiti, una strada molto pericolosa che la destra ha usato in suo favore.

L'impeachment è stato condotto in maniera scandalosa e ora stanno approvando una legge per limitare la spesa pubblica, porre fine a tutte le conquiste dei lavoratori e ridurre i soldi per l'istruzione e la salute. Le scuole sono occupate da studenti che si stanno mobilitando in questo momento, in particolare nelle secondarie e nelle università. Ma la situazione è molto complicata perché il popolo in generale, benchè sia scontento, è smobilitato e molto disorganizzato, passivo e senza iniziativa.

Benché ci siano paesi del continente che hanno progredito, come il Venezuela, vi è una contro-offensiva dell'imperialismo. In Venezuela il popolo va in piazza per difendere, ma Dilma non ha quel supporto. Ci sono stati anche golpe parlamentari in Honduras e Paraguay, quindi la situazione è complicata e non so quanto i movimenti popolari riescano ad ottenere di cambiare la situazione. Credo che la violenza stessa e la situazione economica precaria del popolo porterà ad organizzarsi e a lottare, ma è un processo che tarda in Brasile, perché, a differenza di Argentina, Cile e Uruguay, non esiste una tradizione di organizzazione popolare e le classi dominanti brasiliane sono sempre riuscite a reprimere ogni tentativo di movimento popolare. Le insurrezioni sono tutte soppresse con una violenza molto forte, è questo il peso che ci portiamo oggi.

Articolo tradotto su Resistenze.org di Anita Leocádia Benario Prestes


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