www.resistenze.org - cultura e memoria resistenti - storia - 18-11-08 - n. 250

da Accademia delle Scienze dell'URSS, Storia universale vol IX, Teti Editore, Milano, 1975
trascrizione a cura del CCDP

CAPITOLO IX

La crisi economica nei paesi capitalisti negli anni 1929-1933

1 Il sorgere e lo sviluppo della crisi economica mondiale
2 Gli Stati Uniti d'America
3 Il Giappone

4 LA GERMANIA

L'INASPRIRSI DELLA LOTTA DI CLASSE

La crisi economica mondiale inasprì al massimo in Germania le contraddizioni sociali e politiche, che raggiunsero il punto culminante verso la metà del 1932. La produzione industriale era scesa del 46,7% in confronto al 1916. Sotto i colpi della crisi fallirono la Banca Danat, la Banca di Dresda eccetera, e furono costrette a chiudere 68.000 aziende. Decine di migliaia di piccole imprese e banche vennero assorbite dalle grosse banche e dai monopoli, causando un'ulteriore concentrazione del potere economico e politico nelle mani di un gruppo di monopolisti.

La grossa borghesia fin dall'inizio della crisi economica era giunta alla conclusione che fosse necessario imporre un indirizzo politico più forte. Nel marzo del 1930 il governo socialdemocratico di Hermann Muller rassegnò le dimissioni. Il nuovo governo fu formato da una coalizione di partiti borghesi con alla testa Heinrich Bruning, appartenente all'ala destra del Partito popolare cristiano democratico (il Centro) e strettamente legato ai monopoli tedeschi e al Vaticano.

Bruning fin dal primo giorno di governo avviò una politica di graduale eliminazione della democrazia borghese. Utilizzando largamente l'art. 48 della costituzione che consentiva al presidente della repubblica di non tener conto della volontà del Reichstag e di governare per mezzo di decreti "di necessità", il governo ridusse fortemente i sussidi ai disoccupati, le pensioni agli anziani, agli invalidi del lavoro e di guerra e gli stipendi agli impiegati e ai funzionari. Questi decreti dettero la possibilità agli imprenditori di ridurre ai loro operai il salario, che in tal modo diminuì, rispetto al 1929, di quasi due volte. Nel contempo il governo aumentò le tasse, i prezzi delle derrate, e ridusse di un miliardo di marchi le spese destinate alle costruzioni di abitazioni. La riduzione della capacità d'acquisto degli operai colpì soprattutto i piccoli commercianti e gli artigiani, molti dei quali andarono in rovina.

Col pretesto della lotta contro la crisi, il governo Bruning assegnò ai grossi industriali, ai banchieri e agli junkers alcuni miliardi di marchi sotto forma di sussidi e crediti e ridusse le imposizioni fiscali ai capitalisti. Soltanto sotto forma di garanzie alle esportazioni e di sussidi le grandi ditte ottennero 3,1 miliardi di marchi. In occasione della cosiddetta "riforma bancaria" del 1931 vennero divisi tra i banchieri 1 miliardo 300.000 marchi.

La crisi economica si rovesciò con tutto il suo peso sulle masse popolari. Tra gli operai dell'industria il numero dei disoccupati superò i 5 milioni; centinaia di migliaia di funzionari, d'insegnanti, di medici, d'ingegneri si trovarono a loro volta senza lavoro, e non poche privazioni subirono anche i lavoratori delle campagne. Soltanto nel corso del 1930 vennero svendute 20.000 aziende contadine.

I lavoratori cercavano di difendere i loro interessi vitali lottando contro l'oppressione del capitale monopolistico. Gli operai ricorrevano sempre più spesso agli scioperi. Nel 1930 vennero effettuati 366 scioperi con la partecipazione di 244.900 operai.

Grande ampiezza assunse lo sciopero dei minatori di Mansfeld, iniziato nel giugno del 1930, per protesta contro il progetto di ridurre il salario del 15%. Lo sciopero era guidato da un comitato centrale eletto dagli scioperanti, e nelle imprese operavano comitati di sciopero, picchetti di massa e gruppi di autodifesa operaia. Gli operai manifestarono elevate capacità organizzative e grande tenacia. Ma i dirigenti riformisti e cristiani delle associazioni professionali fecero fallire lo sciopero rimettendo il conflitto di lavoro all'esame di una commissione di arbitraggio. Difendendo gli interessi degli imprenditori, la commissione di arbitraggio appoggiò la proposta di una riduzione dei salari del 12,5%. Nel luglio dello stesso anno scioperarono 40.000 metallurgici e fonditori della regione Reno-Vestfalia; nell'ottobre 130.000 metallurgici di Berlino. In quest'ultimo sciopero, che si svolse sotto la guida del partito comunista e dei sindacati rivoluzionari, le richieste economiche s'intrecciarono con quelle politiche. Il governo, gli imprenditori e i leaders di destra della socialdemocrazia fecero di tutto per far fallire lo sciopero. I riformisti avanzarono la parola d'ordine "Durante la crisi economica lo sciopero è un delitto", si rivolsero al governo Bruning perché intervenisse, e accettarono poi di trattare con il ministero del lavoro. concludendo un accordo sulla cessazione dello sciopero.
Nel 1931 si registrarono nel paese circa 500 scioperi. Il più grandioso fu quello dei minatori della Ruhr, al quale si associarono anche i minatori dell'Alta Slesia. Lo sciopero però non fu coronato da successo.

Si rafforzava intanto anche il movimento dei salariati agricoli. Nel 1931 nelle aziende latifondiste vennero attuati circa 200 scioperi. I1 23 e 24 gennaio del 1932 si tenne il primo congresso dei contadini della Germania. Nelle sue risoluzioni esso attirava l'attenzione sul peso insostenibile delle imposte dirette e indirette - di cui si chiedeva l'abolizione o la riduzione - e invitava a sviluppare ulteriormente la lotta nelle campagne e a creare dei comitati di contadini. La risoluzione conteneva anche la richiesta di annullare il pagamento degli arretrati, di fermare le vendite forzose eccetera.

II Partito comunista di Germania esercitò una funzione notevole nell'opera di organizzazione delle masse contro gli attacchi del capitale. Nell'agosto del 1930 la "Rote Fahne" pubblicò un programma per la liberazione nazionale e sociale del popolo tedesco, nel quale si proponeva una soluzione rivoluzionaria alla crisi, la liberazione dei lavoratori dall'oppressione del capitale finanziario, l'eliminazione della disoccupazione, della fame e della miseria, e si smascheravano la demagogia e i piani revanscisti dei fascisti, come pure il tradimento dei leaders di destra della socialdemocrazia. Più tardi, nel maggio 1931, il partito comunista elaborò un programma di aiuto ai contadini al fine d'instaurare un'alleanza più stretta fra gli operai e i lavoratori delle campagne. Il programma richiedeva l'abolizione delle imposte indirette e la riduzione di quelle dirette, l'espropriazione senza indennizzo della grande proprietà terriera e aiuti ai piccoli contadini.

IL RAFFORZAMENTO DELLA MINACCIA FASCISTA

Nel campo della grossa borghesia, timorosa del crescente movimento anticapitalista e del rafforzamento dell'influenza del partito comunista, cresceva l'inquietudine. Era diminuita l'autorità dei vecchi partiti borghesi, il Partito popolare tedesco, il Partito democratico tedesco, il Partito popolare bavarese eccetera, mentre si riduceva anche l'influenza del partito socialdemocratico sulle masse operaie, che manifestavano un sempre crescente malcontento per il fatto che i leaders della sua destra appoggiavano le misure reazionarie del governo si opponevano all'unità d'azione del proletariato. I monopolisti e gli junkers presero allora a sostenere più attivamente il fascismo. Il capo del trust "Vereinigten Stahlwerke AG" Fritz Thyssen, già nel 1929, aveva organizzato a Dusseldorf un incontro fra Hitler e i più grossi industriali della Ruhr e finanziava largamente la campagna elettorale del partito nazista, che ricevette ingenti mezzi finanziari anche dalla "IG-Farben Industrie" da altri gruppi monopolistici.

Il partito fascista di Hitler, che si chiamava Partito nazionalsocialista operaio tedesco, sviluppò una massiccia e insidiosa campagna propagandistica demagogica. Dichiarando che tutti i mali delle masse lavoratrici della Germania erano provocati dal sistema di Versailles, i nazionalsocialisti promettevano di liquidare subito dopo l'ascesa al potere questo trattato, di liquidare le limitazioni agli armamenti, di far restituire alla Germania i territori perduti a seguito della guerra mondiale del 1914-1918 e di rientrare in possesso degli altri territori necessari alla "razza germanica" come suo "spazio vitale". Essi propagandavano la teoria della "superiorità razziale dei tedeschi", dichiaravano che la Germania era chiamata a dominare sopra gli altri popoli, rinfocolando intensamente lo sciovinismo e l'antisemitismo. Ai disoccupati promettevano il lavoro e l'aumento dei sussidi; agli operai un salario più elevato e il miglioramento delle condizioni di lavoro; ai piccoli contadini la liquidazione degli affitti, dei debiti e la concessione di sussidi; ai piccoli commercianti e agli artigiani la riduzione delle tasse, la concessione del credito a condizioni favorevoli; a chi era stato danneggiato dall'inflazione facevano sperare compensi finanziari; agli ex ufficiali promettevano la creazione di un nuovo esercito, che riconquistasse i territori perduti.

Milioni di commercianti, artigiani, contadini, impiegati, funzionari, ufficiali e operai arretrati cedettero alla raffinata demagogia sociale e nazionale dei nazisti e seguirono le loro parole d'ordine "Contro Versailles e l'oppressione nazionale", "Per una Germania forte", "Per il terzo Reich". Nel contempo i fascisti intimorivano la borghesia con lo spettro della rivoluzione bolscevica, esprimendo la loro decisione di voler soffocare il movimento operaio ed eliminare l'influenza marxista fra le masse. Sotto la bandiera della lotta per una cultura nazionale tedesca essi si sforzavano di attirare dalla loro parte anche gli intellettuali, fra i quali negli anni della crisi si erano diffusi stati d'animo di disperazione e di pessimismo. Alle elezioni del Reichstag, nel settembre del 1930, il partito di Hitler ottenne un notevole successo, raccogliendo 6 milioni 800.000 voti: 107 nazisti, con alla testa Goring, entrarono come deputati al Reichstag. I partiti borghesi tradizionali e il partito socialdemocratico persero molti voti; il partito comunista guadagnò 1 milione 400.000 voti, salendo a 4 milioni 590.000. I risultati delle elezioni testimoniavano che le forze progressive erano compatte attorno al partito comunista, mentre gli elementi reazionari si raggruppavano attorno al partito nazista.

La situazione del paese diventava sempre più rovente: 1'11 ottobre 1931, nella città di Harzburg (vicino a Braunschweig) si riunirono i rappresentanti dei partiti e delle organizzazioni reazionarie: il Partito popolare nazionale tedesco, l'associazione degli "Elmi d'acciaio", l'Unione della terra tedesca, l'Alleanza dei vecchi tedeschi, numerosi rappresentanti della cricca militare, del capitale finanziario e del grande commercio. Li univa l'aspirazione a distruggere quanto prima le istituzioni democratiche e a instaurare la dittatura dei circoli più aggressivi e sciovinisti del capitale monopolistico. La conferenza formò il cosiddetto "fronte di Harzburg", a nome del quale Hitler e Hugenberg chiesero le dimissioni del governo Bruning e del governo prussiano, guidato dal socialdemocratico O. Braun. All'interno di questo "fronte" continuava la lotta dei partiti e dei gruppi, ma predominava l'influenza dei fascisti, che avevano saputo crearsi, a differenza dei loro partners, una base di massa. I1 27 gennaio 1932, in una riunione segreta a Dusseldorf, cui parteciparono 300 rappresentanti del grande capitale finanziario e industriale, Hitler espose il programma del partito nazista e promise ai monopolisti di "annientare il marxismo in Germania".

La strada al fascismo avrebbe potuto essere sbarrata soltanto da azioni unitarie e decise di tutte le forze progressiste amanti della pace. Il partito comunista condusse con energia e coerenza la lotta per la formazione di un fronte unico operaio antifascista, affermando che il fascismo avrebbe portato al popolo enormi rovine, avrebbe condotto alla guerra e alla catastrofe nazionale. Già nell'agosto del 1930 il Comitato centrale del Partito comunista del la Germania aveva rilevato: "Il partito fascista è nemico del popolo; esso è un partito reazionario e antisocialista, che porterà allo sfruttamento e all'asservimento del popolo tedesco". Il 28 gennaio 1932, nell'appello "Agli operai della Germania, ai lavoratori della città e della campagna", il partito comunista dichiarava nuovamente che il compito più pressante era la realizzazione di un fronte unico operaio e invitava a lottare attivamente contro la riduzione dei salari, contro le leggi eccezionali, per il ristabilimento delle libertà democratiche, e chiamava a organizzare nelle aziende e nei rioni i gruppi di autodifesa armata per la resistenza alle bande terroristiche fasciste.

Il partito comunista si rivolse più volte alla direzione della socialdemocrazia proponendo di lottare assieme contro il fascismo, ma i leaders socialdemocratici rifiutarono costantemente l'unità d'azione. La politica scissionista della direzione del partito socialdemocratico demoralizzò in notevole misura la classe operaia.

LE ELEZIONI PRESIDENZIALI E PARLAMENTARI DEL 1932.
IL PASSAGGIO DEL POTERE Al FASCISTI

Nella primavera del 1932 ebbero luogo le elezioni presidenziali. Venne nuovamente proposta la candidatura di Hindenburg, e i socialdemocratici la sostennero, affermando che la sua elezione avrebbe salvato il paese dal fascismo. I fascisti avanzarono la candidatura di Hitler, il Partito nazionale popolare tedesco quella di Duesterberg. Candidato del partito comunista fu Ernst Thalmann. I comunisti si presentarono all'elettorato con la parola d'ordine "Chi elegge Hindenburg elegge Hitler; chi elegge Hitler sceglie la guerra!". Nel primo turno Thalmann ottenne circa 5 milioni di voti, Hindenburg 18 milioni 700 mila, Hitler 11 milioni 300.000, Duesterberg 2 milioni 600.000. Non avendo nessuno dei candidati raccolto la maggioranza assoluta, il 10 aprile si svolse il secondo turno di ballottaggio e venne eletto Hindenburg. Dietro sua richiesta, il governo Bruning il 30 maggio presentò le dimissioni. Il nuovo gabinetto venne affidato a Franz von Papen, noto reazionario, strettamente legato alla "Reichswehr" e alle organizzazioni fasciste. Dopo aver formato il "gabinetto dei baroni", egli aumentò le imposte e decurtò le assicurazioni sociali, mentre sussidi per milioni vennero concessi ai magnati dell'industria e ai grandi agrari.

Nel luglio 1932 il governo von Papen sciolse il Reichstag e fece dimettere un mese più tardi il governo socialdemocratico della Prussia. Nella situazione venutasi a creare, il partito comunista si rivolse alla direzione del partito socialdemocratico proponendo di attuare uno sciopero generale di protesta. I leaders di destra della socialdemocrazia però respinsero anche questa volta le proposte dei comunisti, giungendo ad accusarli di "provocazione" e dichiarando che avrebbero agito "legalmente". Essi sabotavano con tutti i mezzi qualunque manifestazione dell'iniziativa rivoluzionaria delle masse.

Alle elezioni per il nuovo Reichstag, che si tennero il 31 luglio, il partito nazista ottenne 13 milioni 800.000 voti ed ebbe 230 deputati. Quasi tutti i vecchi partiti borghesi persero i loro seguaci. Il partito comunista, nonostante il clima di terrore, raccolse 5 milioni 400.000 voti e ottenne 89 mandati; il partito socialdemocratico circa 8 milioni di voti e 133 mandati. I seguaci di Hitler chiedevano ormai apertamente il trapasso del potere nelle loro mani. In questa situazione era necessaria la più decisa e immediata azione da parte di tutte le forze democratiche. Il 30 agosto, alla prima seduta del nuovo Reichstag, la settantacinquenne Clara Zetkin pronunciò un infiammato discorso con il quale ammoniva il popolo tedesco sul pericolo dell'attacco del fascismo. L'esigenza dell'ora - disse - era quella di un fronte unico di tutti i lavoratori, che respingesse il fascismo e salvaguardasse la forza e il vigore delle proprie organizzazioni come pure la stessa vita dei ceti popolari. Dinanzi a questo pressante compito storico dovevano essere accantonate tutte le considerazioni politiche, sindacali e religiose che disunivano le classi popolari. Nell'autunno del 1932 il partito comunista riuscì a organizzare un vasto movimento proletario contro il fascismo e la reazione e contro le leggi eccezionali del governo von Papen. Agli attacchi briganteschi delle squadracce naziste i comunisti opposero una resistenza organizzata, alla quale parteciparono anche molti socialdemocratici e lavoratori senza partito. Questo movimento di massa avrebbe potuto rappresentare la base del fronte unico operaio, ma la testarda opposizione socialdemocratica fece perdere ogni possibilità di realizzazione concreta.

Negli ultimi tre mesi del 1932 vennero attuati nel paese circa 1100 scioperi, una parte dei quali a carattere politico. In novembre si tennero le nuove elezioni legislative. Esse segnarono un ulteriore aumento dell'influenza del partito comunista, che raccolse circa 6 milioni di voti. I comunisti e i socialdemocratici assieme avevano adesso al Reichstag 221 seggi, mentre il partito di Hitler aveva perso 2 milioni di voti e il numero dei suoi deputati era sceso da 230 a 196. I nazisti subirono una sconfitta anche nelle elezioni delle amministrazioni locali. Il fatto provocò smarrimento tra i dirigenti fascisti.

Non essendosi il governo von Papen dimostrato capace di liquidare il movimento rivoluzionario, molti monopolisti e junkers incominciarono a chiedere l'immediata instaurazione della dittatura fascista. In novembre un gruppo d'industriali e di banchieri inviò al presidente Hindenburg una petizione per la nomina di Hitler al posto di cancelliere del Reich. I circoli governativi tergiversarono ancora per un certo tempo, tentando di trarsi fuori senza l'aiuto di Hitler dalla crisi economica e dal vicolo cieco nel quale essi stessi avevano condotto il paese. I1 17 novembre von Papen rassegnò le dimissioni. Cancelliere del Reich venne nominato il generale von Schleicher. Il nuovo cancelliere abolì alcuni dei più odiosi decreti straordinari di von Papen, ma la "pacificazione" da lui promessa non venne raggiunta. Nei primi giorni del gennaio 1933 a Colonia, nella casa del banchiere Kurt von Schroder, si svolse un incontro fra von Papen, Hugenberg e Hitler, nel quale venne definitivamente decisa la consegna del potere nelle mani dei fascisti.

Il 22 gennaio gli hitleriani, con la connivenza della polizia, organizzarono una dimostrazione provocatoria contro la sede centrale del partito comunista. In risposta alla provocazione, 150.000 operai berlinesi, con alla testa i dirigenti del partito comunista E. Thalmann, W. Ulbricht, J. Scheer, F. Florin, sfilarono, il 25 gennaio, per le vie della città, dichiarando la loro intenzione di opporsi al fascismo. La direzione del partito comunista propose nuovamente ai leaders della socialdemocrazia di agire uniti contro il fascismo, ma i socialdemocratici rifiutarono come in passato di formare il fronte unico.

Il 30 gennaio 1933 il presidente Hindenburg affidò l'incarico di cancelliere del Reich a Hitler; von Papen ottenne il posto di vice-cancelliere. Aveva così inizio, dietro il paravento di una comune crisi di governo, la dittatura nazista in Germania. I gruppi più reazionari dell'economia, della burocrazia e della casta militare avevano, dopo tanto cercare, trovato in Adolf Hitler il loro "uomo forte". L'avvento dei nazisti al potere non era affatto inevitabile. I fascisti riuscirono nei loro intenti soprattutto perché le forze antifasciste erano disorganizzate, la classe operaia divisa e una parte notevole di essa subiva l'influenza dei leaders di destra della socialdemocrazia che per molto tempo avevano sviato gli operai con le loro teorie opportuniste, indebolendo la forza ideologica e organizzativa della classe operaia e facendo fallire tutti i tentativi di creare un fronte unico di lotta contro la reazione. In questo modo essi avevano preparato la strada al fascismo. Il giorno dopo l'ascesa al potere dei fascisti il Comitato centrale del partito comunista si rivolse ai leaders del partito socialdemocratico e ai sindacati, invitandoli a proclamare immediatamente lo sciopero generale con le parole d'ordine "Scendere nelle strade", "Fermare la produzione", "All'attacco dei cani sanguinari fascisti!", "Rispondere immediatamente con lo sciopero di massa, con lo sciopero generale!". Ma anche questa proposta venne respinta dai leaders della socialdemocrazia con il pretesto che Hitler era giunto al potere legalmente e che il proletariato non doveva "sprecare prima del tempo la carta dello sciopero generale".

La presa del potere da parte degli hitleriani non era però una prova della forza della borghesia tedesca; al contrario, essa denunciava la sua debolezza. La borghesia monopolistica infatti non era più in grado di governare con i vecchi metodi parlamentari e della democrazia borghese e doveva quindi ricorrere ai sistemi del terrore aperto.

Un ruolo di rilievo nell'avvento al potere di Hitler ebbero anche i circoli reazionari degli Stati Uniti e della Gran Bretagna. Le banche americane e britanniche e i trust di questi paesi avevano investito miliardi di dollari nella ricostruzione del potenziale militare della Germania, con l'intenzione d'impegnarla nella lotta contro l'Unione Sovietica, e i grossi monopolisti americani come Morgan, Dupont, Rockefeller e altri avevano appoggiato per diversi anni il partito hitleriano.

IL TERRORE FASCISTA

I fascisti, dopo aver preso il potere, sciolsero immediatamente il Reichstag e fissarono per l'inizio di marzo del 1933 nuove elezioni. Non essendo tuttavia sicuro di riuscire a ottenere la maggioranza al Reichstag, Hitler, immediatamente dopo l'assunzione della carica di cancelliere, in una seduta del gabinetto, cui parteciparono von Papen, von Neurath, Frick e Goring, propose di vibrare un colpo mortale al partito comunista. Egli dichiarò: "Ora possiamo pensare a questo, proibire il partito comunista, annullare i suoi mandati in parlamento e in tal modo ottenere la maggioranza al Reichstag".

Consapevoli della scarsa solidità della loro situazione, i nazisti fecero ricorso ancora una volta all'aiuto dei monopolisti. Il 10 febbraio Hitler e Goring s'incontrarono con 25 dei maggiori industriali, fra cui vi erano Gustav e Alfried Krupp, quattro dirigenti della "IG-Farben", il presidente della "Vereinigten Stahlwerke AG", Albert Vogler, il banchiere H. Schacht e altri. In questa riunione Hitler dichiarò che fine principale del suo partito era l'instaurazione del "controllo totale" sopra la Germania, l'eliminazione di qualsiasi opposizione e la creazione di un forte esercito tedesco; egli affermò anche che le elezioni del 5 marzo dovevano essere le ultime nel corso del prossimo decennio e forse anche le ultime dei prossimi cento anni. I monopolisti presenti approvarono il programma reazionario di Hitler. Su iniziativa di Schacht, venne creato un fondo di 3 milioni di marchi per appoggiare il partito nazista nella campagna elettorale.

Allo scopo di battere il partito comunista, i nazisti organizzarono un'inaudita provocazione: nella notte del 27 febbraio essi incendiarono l'edificio del Reichstag, accusando del misfatto i comunisti. Il principale organizzatore della provocazione fu Goring. In seguito, nello stretto circolo dei più intimi di Hitler, egli riconobbe apertamente la sua responsabilità: "L'unico uomo che effettivamente conosce il Reichstag - affermò - sono io per il fatto che l'ho incendiato". Sfruttando il grave misfatto come pretesto, gli hitleriani effettuarono arresti in massa di antifascisti sulla base di elenchi preparati in precedenza. Più di 10.000 persone vennero gettate in carcere. Il 28 febbraio, su proposta del governo, Hindenburg abrogò, con un decreto straordinario, tutti gli articoli della costituzione di Weimar che garantivano la libertà individuale, di parola, di stampa, di associazione.

I comunisti continuarono coraggiosamente la lotta contro il fascismo cercando di raggiungere l'unità d'azione di tutti i lavoratori indipendentemente dalla loro appartenenza a partiti e a sindacati. Il 27 febbraio Thalmann, in una lettera aperta a tutti gli operai social-democratici e ai membri dei sindacati, li chiamò alla formazione di un fronte unitario: "Se noi combatteremo assieme - diceva in questa lettera - saremo invincibili". Il 1° marzo il partito comunista inviò alla direzione del partito socialdemocratico e all'Associazione generale dei sindacati tedeschi una seconda lettera, nella quale si proponeva lo sciopero generale politico contro la dittatura fascista. I leaders di destra della socialdemocrazia rifiutarono anche in questa occasione la proposta dei comunisti, sabotando l'azione comune antifascista della classe operaia. Il 3 marzo i fascisti arrestarono E. Thalmann e lo rinchiusero in prigione.

Nonostante il terrore fascista, il 5 marzo 1933 circa 5 milioni di elettori votarono per i comunisti e più di 7 milioni per i socialdemocratici. Gli hitleriani raccolsero 17 milioni di voti, pari al 43,7% e quindi non raggiunsero la maggioranza assoluta al Reichstag. Ma il responso delle urne non li preoccupò: la maggioranza che non era stata data loro se la sarebbero presa dichiarando nulli i voti comunisti e annullando gli 81 mandati dei deputati comunisti. Soltanto in questo modo i nazisti raggiunsero la desiderata maggioranza.

Fin dai primi giorni della conquista del potere i nazisti introdussero nella pratica quotidiana gli arresti in massa, la tortura, l'assassinio. Durante le prime sei settimane di potere, il governo hitleriano mise in prigione circa 18.000 comunisti. Il 14 marzo il partito comunista venne posto fuori legge. Il 2 maggio gli hitleriani sciolsero i sindacati, confiscarono i loro beni e rinchiusero i loro dirigenti in campi di concentramento. Al posto dei sindacati il governo nazista creò il cosiddetto "Fronte tedesco del lavoro". I diritti e le libertà conquistati dalla classe operaia nel corso di cento anni vennero distrutti dai fascisti nel breve spazio di cento giorni. Nel paese imperversò un inaudito terrore. Dopo i comunisti venne il turno dei socialdemocratici. Il 23 giugno del 1933 anche il partito socialdemocratico venne proibito, i suoi membri, dichiarati elementi pericolosi per lo Stato, vennero rinchiusi a migliaia in carcere e nei campi di concentramento.

La persecuzione del partito comunista fu il preludio alla liquidazione della democrazia in generale. Dopo aver disperso le organizzazioni della classe operaia, i fascisti pretesero "l'autoscioglimento" di tutti i partiti borghesi, a eccezione, naturalmente, del loro.

Era giunto il momento più oscuro e più grave nella storia del popolo tedesco. I più grossolani abusi e oltraggi all'uomo vennero elevati a legge, il crimine ad atto di valore, le fucilazioni e gli assassini a gesta eroiche. Molti antifascisti e personalità progressiste della scienza e della cultura, tra cui A. Einstein, F. Haber, J. Frank, G. Hertz, B. Brecht, i fratelli H. e T. Mann, L. Feuchtwanger, E. M. Remarque, A. Zweig, H. Eisler, P. Hindemith, K. Weill, E. Busch, M. Reinhardt, F. Kortner, A. Bassermann, A. Moissi ed E. Bergner, abbandonarono il paese.

IL PROCESSO DI LIPSIA PER L'INCENDIO DEL REICHSTAG

Nel settembre del 1933 gli hitleriani organizzarono a Lipsia un processo provocatorio per l'incendio del Reichstag e incriminarono come principale accusato il comunista bulgaro emigrato in Germania Georgi Dimitrov. Il processo doveva giustificare agli occhi della opinione pubblica mondiale le misure terroristiche dei fascisti, i loro crimini contro gli operai rivoluzionari, contro il marxismo e le libertà democratiche e convincere i capitalisti di tutto il mondo che gli hitleriani combattevano efficacemente contro il "comunismo mondiale", salvando l'Europa capitalista dal pericolo comunista.

Ma i fascisti s'ingannavano. Dimitrov seppe trasformare il processo in una tribuna per smascherare i fascisti come nemici della democrazia. Confutando gli attacchi calunniosi del procuratore contro il movimento comunista in Germania, Dimitrov dichiarò nel suo intervento conclusivo: "È dimostrato che l'incendio del Reichstag è stato un pretesto, un preludio a una vasta e premeditata campagna sterminatrice contro la classe operaia e la sua avanguardia, il Partito comunista tedesco... Ai nazionalsocialisti era necessaria una manovra di diversione per distogliere l'attenzione dalle difficoltà all'interno dell'ambito nazionale e sventare il pericolo del fronte unico degli operai". Il governo nazionale aveva bisogno di un pretesto imponente per la promulgazione dell'ordinanza del 28 febbraio, che aboliva la libertà di stampa, l'inviolabilità della persona e instaurava il sistema della repressione poliziesca, dei campi di concentramento e degli altri mezzi di lotta contro i comunisti. Il coraggioso comportamento di Dimitrov al processo di Lipsia impresse nuovo slancio a milioni di lavoratori di tutto il mondo nella lotta per organizzare un fronte popolare antifascista. In molti paesi si tennero dimostrazioni, assemblee, comizi di protesta contro il tribunale fascista. A Londra venne organizzato un "controprocesso", che sulla base di testimonianze inconfutabili dimostrò che il Reichstag era stato incendiato dagli hitleriani. Sotto la pressione della lotta sviluppatasi in tutto il mondo, il tribunale di Lipsia fu obbligato ad assolvere Dimitrov. La messa in scena giudiziaria degli hitleriani si concludeva così con un vergognoso fallimento. Fu questa un'importante vittoria delle forze democratiche sul fascismo. Il governo dell'Unione Sovietica concesse la cittadinanza a Dimitrov, che poté così lasciare la Germania e riparare nell'Unione Sovietica.

I PIANI DI CONQUISTA DELLA GERMANIA HITLERIANA

La politica estera del governo hitleriano era subordinata a un solo scopo: la preparazione e lo scatenamento di guerre aggressive di rapina per la conquista del dominio su tutto il mondo. Il principale ostacolo sulla strada della supremazia mondiale era per gli hitleriani l'esistenza dell'Unione Sovietica. Pertanto essi, fin dai primi giorni del loro avvento al potere, cominciarono a preparare contro l'Unione Sovietica una guerra brigantesca, dichiarando che la Germania doveva riprendere l'espansione verso Oriente, arrestata dai russi alcuni secoli prima: "Noi siamo nazionalsocialisti - scriveva Hitler già nel 1924 - e coscientemente tireremo un tratto sull'indirizzo della politica estera del nostro periodo d'anteguerra. Noi cominceremo là dove abbiamo smesso seicento anni fa. Fermeremo l'avanzata dei tedeschi sia verso sud che verso l'Europa occidentale e rivolgeremo lo sguardo alle terre d'Oriente. Infine noi cesseremo la politica coloniale e commerciale del periodo d'anteguerra e passeremo alla politica territoriale del futuro".

Tuttavia l'aggressione della Germania fascista non minacciava soltanto l'Unione Sovietica, ma anche molti altri paesi. Gli hitleriani svilupparono una rabbiosa propaganda il cui "leitmotiv" era la necessità, per la Germania, di conquistare "spazio vitale", di spartire di nuovo il mondo coloniale, di trasformare i popoli soggiogati in schiavi dei "signori" tedeschi. Giorno per giorno l'enorme apparato propagandistico hitleriano sapientemente orchestrato da Goebbels si sforzava di inculcare nei tedeschi la folle idea della "missione speciale del popolo tedesco", chiamato a "dirigere" il mondo. Se i popoli non si fossero sottomessi alla "volontà organizzatrice" della Germania era dovere dei tedeschi obbligarveli con la forza delle armi.

Nell'ottobre del 1933 la Germania uscì dalla Società delle Nazioni e abbandonò la conferenza per il disarmo. Il 17 dicembre 1933 essa chiese l'abrogazione di tutti gli articoli militari del trattato di Versailles, l'autorizzazione ad aumentare l'esercito tedesco fino a 300.000 soldati, la ripresa della produzione di ogni tipo di armamenti e l'accesso delle truppe nella zona smilitarizzata del Reno.

I piani aggressivi della Germania fascista favorirono in una vera e propria reazione a catena il rafforzamento delle tendenze militariste anche in altri paesi capitalisti.



5 La Gran Bretagna (prossima pubblicazione)
6 La Francia (prossima pubblicazione)
7 L'Italia (prossima pubblicazione)
8 La Spagna (prossima pubblicazione)
9 I paesi dell'Europa Centrale e Sud Orientale (prossima pubblicazione)