www.resistenze.org - popoli resistenti - estonia - 20-01-08 - n. 211

da www.sovross.ru/modules.php?name=News&file=article&sid=609 - versione spagnola di Andrés Urruti in www.voltairenet.org/article148657.html
 
Che succede in Estonia?
 
Intervista a Dmitry Klensky a cura di Vjaceslav Titiokin
 
Una nuova ondata di repressione è annunciata in Estonia per la fine di gennaio 2008, quando dovrebbe concludersi il processo a carico di 4 dirigenti del movimento “Nochnoi dozor” (Veglia Notturna) che, nella primavera del 2007, era sceso in piazza, nella capitale Tallin, per protestare contro la rimozione del monumento ai caduti dell’Armata Rossa sovietica, che ha liberato il paese dall’occupazione nazifascista.
 
A Dmitry Klensky, Dmitry Linter, Maxim Reva e Mark Siryk viene imputata la partecipazione agli scontri con la polizia, nel corso dei quali morì un manifestante, decine vennero feriti e centinaia arrestati e sottoposti persino a torture. In realtà esistono indizi che dimostrerebbero le pesanti responsabilità delle autorità di governo e di polizia, che avrebbero coperto alcuni episodi di devastazione avvenuti in quei giorni, per farne ricadere la responsabilità sui dimostranti. I tre esponenti di “Nochnoi dozor” rischiano una condanna a cinque anni di carcere.
 
La vicenda ha provocato reazioni internazionali contrastanti: mentre l’Unione Europea (con l’adesione purtroppo anche della “Sinistra Europea”, www.resistenze.org/sito/os/ep/osep7e26-001576.htm) ha sostanzialmente giustificato la rimozione del monumento e la repressione poliziesca come una “questione interna”, la Russia ha reagito con durezza, denunciando il carattere di offesa ai valori dell’antifascismo e accusando il governo estone di attuare una politica di discriminazione nei confronti della rilevante minoranza russa presente nel paese baltico.
 
Per fornire una maggiore informazione sulla vicenda, Resistenze.org propone l’intervista (realizzata nel maggio 2007) del giornale comunista russo “Sovetskaya Rossija” a Dmitry Klensky, uno dei dirigenti processati in questi giorni.
 
Sull'argomento in "Resistenze" 
www.resistenze.org/sito/te/po/es/poes7e01.htm
www.resistenze.org/sito/te/po/es/poes7a18-000960.htm
www.resistenze.org/sito/te/po/es/poes7e02-001462.htm
www.resistenze.org/sito/os/ep/osep7e11-001506.htm
 
in “Contropiano”
www.contropiano.org/Documenti/DOSSIER/2007/Dossier_Estonia/Estonia_Dossier.htm
 

 
Vjaceslav Titiokin: Gli avvenimenti di Tallin (capitale dell’Estonia), a quanto pare, saranno per molto tempo al centro dell’attenzione non solo in Russia e in Estonia, ma anche nell’Unione Europea. Da cosa è originato il conflitto?
 
Dmitri Klenski: Gli incidenti sono stati provocati dalle autorità. In epoca sovietica questo monumento era il centro delle cerimonie ufficiali. Ma il popolo non le seguiva particolarmente. Il “Soldato di bronzo” (il monumento all’Armata Rossa) si è trasformato in un punto di attrazione a partire dall’anno 1991 quando si dette avvio alla sistematica demolizione del sentimento nazionale russo. La pressione sul monumento ebbe inizio proprio allora: venne rimossa la cancellata attorno alla tomba (che accompagnava il monumento), vennero piantati degli alberi, e fu collocata nei pressi una fermata del filobus.
 
In violazione del diritto internazionale, rimossero dal monumento le targhe con i nomi dei soldati caduti. In seguito, collocarono l’iscrizione: “Caduti nella Seconda Guerra Mondiale” (con lo scopo implicito di trasformarlo in un monumento dedicato anche ai “legionari” delle SS naziste).
 
Ma tutto questo sembrava ancora poco. Il 9 maggio 2006 il potere provocò scontri tra le persone che stavano offrendo come da tradizione fiori al monumento e alcuni nazionalisti che erano accorsi con l’intenzione di profanarlo. Ciò significa che la legna per attizzare il fuoco del conflitto interetnico si stava accumulando da tempo. E ciò che è accaduto il 26 e 27 aprile 2007, dal mio punto di vista, ha rappresentato un mini-incendio del Reichstag.
 
Vjaceslav Titiokin: Perché lo pensa?
 
Dmitri Klenski: Vede, le distruzioni della notte del 26 aprile si sono verificate nel centro stesso di Tallin. Allora la città era letteralmente piena di poliziotti. Li avevano fatti venire da tutto il paese. Nelle località di provenienza era rimasto solo un terzo delle forze di polizia abituali. E, improvvisamente, da Piazza Tenismagi (dove era collocato il monumento) si scatenano i disordini, e la polizia, per un’ora e mezza, non reagisce. Inoltre, nello stesso momento, in Internet cominciano ad apparire fotografie delle distruzioni, con appelli alla popolazione perché collabori ad identificare i partecipanti e informi la polizia.
 
Se ci sono fotografie, questo vuol dire che i servizi venivano realizzati nel cuore stesso degli avvenimenti. Ciò significa che le autorità non potevano non sapere che cosa stava accadendo. Perché allora non c’è stata alcuna reazione di fronte ai danneggiamenti? Non è forse perché così conveniva? La notte seguente non ci sono state distruzioni. Eppure in quell’occasione abbiamo assistito a selvaggi pestaggi di giovani da parte della polizia.
 
La stessa cosa era successa nel 1999, nel corso delle azioni di protesta dei giovani contro l’aggressione alla Jugoslavia, e nel 2003, ai tempi dell’intervento in Iraq. L’obiettivo era quello di dimostrare che i manifestanti erano dei barbari selvaggi, che andavano isolati dal popolo. Nella stampa corse la voce che tutto ciò era stato ordito dagli “sporchi russi”. Ma fu subito chiaro che le distruzioni erano state opera di estoni. E, in generale, coloro che questa volta hanno saccheggiato negozi e rovesciato veicoli, non vanno cercati tra i difensori del “Soldato di bronzo”. Dal momento che all’inizio tutto era abbastanza tranquillo, sul far della notte qualcuno ha pensato bene di scaldare gli animi. Sono cominciate le zuffe con la polizia nella piazza. Ma le distruzioni sono farina di un altro sacco!
 
Vjaceslav Titiokin: Cosa è successo agli arrestati?
 
Dmitri Klenski: Sono state fermate circa 1.200 persone, di cui 50 hanno visto confermato l’arresto. Ciò significa che prendevano la gente per la strada indiscriminatamente. Scolari (le fotografie testimoniano di ragazzini di 12-13 anni pestati dalla polizia, nota del traduttore), già ammanettati a terra, venivano presi a calci. Gli arrestati sono stati collocati nel porto, trasformatosi praticamente in un campo di concentramento, dove a tutta questa gente non erano garantite le più elementari condizioni per una permanenza di molte ore.
 
I metodi usati sono davvero degni della Gestapo. Obbligavano la gente a rimanere seduta sui calcagni, una posizione in cui è fisicamente impossibile resistere a lungo. Era una forma di tortura. E quando la gente non poteva più sopportare e si alzava, veniva colpita selvaggiamente per “l’insubordinazione”. I racconti di coloro che hanno dovuto sopportare le bastonate testimoniano di manifestazioni di autentico sadismo.
 
Purtroppo l’unico caso che è stato ampiamente documentato è stato quello brutale contro il corrispondente del canale televisivo “Euronews”, un tedesco di età già avanzata. Egli è intervenuto coraggiosamente a difesa di un operatore russo che lo accompagnava. E per questa ragione è stato pesantemente bastonato.
 
Ma ciò che appare degno di rilievo (e caratterizzante la posizione dell’Unione Europea) è il fatto che, quando è emersa la questione della violenza su un cittadino straniero, le autorità estoni abbiano immediatamente diffuso la dichiarazione dell’ambasciatore della Repubblica Federale Tedesca a Tallin, in cui si affermava che la Germania non aveva recriminazioni da avanzare all’Estonia!
 
Vjaceslav Titiokin: I dirigenti dell’organizzazione “Nochnoi Dozor” hanno subito persecuzioni?
 
Dmitri Klenski: Si, due nostri attivisti, Dmitri Linter e Max Reva, e uno studente della scuola secondaria nostro simpatizzante, Mark Siryk, si trovano ancora oggi in carcere. Li accusano di aver organizzato disordini di massa. Ma è un’accusa assurda, poiché essi non hanno organizzato proprio nulla.
 
Il potere non dispone della benché minima prova di attività illegali di “Nochnoi Dozor”. La gente che ha partecipato alle due notti, lo ha fatto in modo totalmente spontaneo. E non mi sorprenderebbe che il potere ricorra alla falsificazione delle prove. Hanno messo in giro la voce che noi saremmo la “lunga mano di Mosca”, la “quinta colonna”, che staremmo preparando un colpo di stato.
 
Tuttavia finora non hanno interrogato né me né il mio compagno della direzione di “Nochnoi Dozor”, A. Korobov. Va detto che tale forma di intimidazione, la convocazione per gli interrogatori, nonostante contravvenga la legge, viene utilizzata già da tempo. Inoltre, il sottoscritto, in quanto dirigente del movimento in difesa del “Soldato di bronzo”, è stato cacciato dal lavoro. Ora c’è anche chi reclama la mia esclusione dall’Unione dei Giornalisti dell’Estonia, perché, in caso di processo, ciò sarebbe disonorevole per l’associazione.
 
Vjaceslav Titiokin: Dove lavorava?
 
Dmitri Klenski: Ero redattore del periodico municipale Kristiine leht. Il potere a Tallin appartiene al partito centrista, che ha relazioni di partnership con “Russia Unita”. Ma, a mio parere, quelli di “Russia Unita” si fanno prendere in giro. In ogni caso, sono proprio i dirigenti “russofili” di Tallin che mi hanno cacciato dal lavoro. Ed ora, dopo il viaggio a Mosca e la mia apparizione in uno dei canali televisivi russi, dovrò attendermi una nuova rappresaglia.
 
Vjaceslav Titiokin: Dobbiamo pensare che la “civile” Europa, così preoccupata per la libertà di espressione e per la tutela dei giornalisti, non muoverà un dito in sua difesa?
 
Dmitri Klenski: Si, e anche la stampa estone è già sottomessa. Si è trasformata in uno strumento di propaganda. Giudichi lei stesso. L’anno scorso, quando è stata avviata la campagna per la rimozione del monumento, solo il 21% degli estoni era favorevole all’ingiuria. Ora lo è il 47%. Perché?
 
Perché per tutto l’anno è continuata un’intensissima campagna propagandistica attraverso la stampa. Ma, se il 47% è favorevole, perché non tengono conto della maggioranza, quel 53% che non è d’accordo con la rimozione del monumento?
 
Vjaceslav Titiokin: Torniamo alle cause profonde del conflitto. In cosa consistono?
 
Dmitri Klenski: L’Estonia è uno stato giovane. In tutto, in molti secoli, ha avuto solo 35 anni di esistenza indipendente. 20 anni prima della Seconda Guerra Mondiale e 15 dopo la distruzione dell’URSS. L’assetto statale dell’Estonia è stato raggiunto non attraverso un lungo periodo di lotta, ma in quanto risultato della dissoluzione dell’URSS.
 
Vale a dire, facilmente e in modo indolore. Ma qui si presenta anche l’altro lato della medaglia: per mancanza di esperienza storica e di saggezza, l’elite estone si è comportata in modo arrogante e presuntuoso. Sembrerebbe che alcuni si siano lasciati sopraffare dalla sete di rivincita per le offese ricevute nei secoli passati.
 
Si è arrivati al punto di iniziare a chiamare “losi” (alci) i vicini finlandesi. Ma i finlandesi hanno fatto finta di niente. Subito dopo si è inventato un appellativo offensivo per i russi: “tibla” (le tre ultime lettere, in particolare, alludono a una parola sconcia della lingua russa).
 
Molti dei nostri concittadini si sentono come in un campo di concentramento spirituale. I funzionari ti fanno capire continuamente che sei una persona di seconda classe.
 
In Estonia si utilizza un modello nuovo, anglosassone, di oppressione dei sentimenti nazionali russi, mediante il sistema dell’istruzione. L’intenzione è quella di privare i russi dell’istruzione superiore, degli strumenti intellettuali, di trasformarli in forza lavoro rassegnata e senza diritti.
 
Il problema non è il monumento in quanto tale. La sua rimozione è stata solo la calamita di uno stato d’animo che sta maturando da tempo, di profondissimo malcontento della popolazione russa per l’annichilimento della sua dignità, dei suoi diritti sociali ed economici.
 
La seconda notte dei disordini trovai nella piazza un ragazzino di circa 12 anni. Gli chiesi: “Cosa fai qui? E’ pericoloso, vai a casa a giocare con il computer”. Ma egli mi rispose in modo serio, come un adulto: “I nostri nonni sono morti in guerra. E adesso quelli rimuovono il “Soldato”!. Da dove traeva quella considerazione il ragazzo, che ha studiato in una scuola dove forniscono la versione antirussa della storia e della Seconda Guerra Mondiale? Dai genitori. Quei genitori che non sono venuti in piazza perché hanno paura. Rischiano come minimo il licenziamento.
 
In generale i russi godono di cittadinanza “acquisita”. Di modo che, per qualsiasi infrazione, essa può essere ritirata. I russi devono essere tre volte più leali verso lo stato estone. Ecco gli strumenti occulti dell’oppressione. Non protestare, non aprire la bocca…
 
Se l’Estonia è entrata nell’Unione Europea, allora dovrebbe rispettare i suoi standard. Ma l’ “elite” dell’Estonia preferisce passarci sopra. In uno dei documenti importanti appare l’affermazione molto concreta che “la violazione dei diritti umani non può essere giustificata dal passato storico”. Ciò calza a pennello con l’Estonia, dove si tenta di giustificare la discriminazione dei russi con l’ “occupazione sovietica”. Certamente pochi sanno che, secondo statistiche dell’UE, l’Estonia si trova al primo posto per la xenofobia. Ma l’UE in realtà appoggia la politica discriminatoria delle autorità estoni…
 
Vjaceslav Titiokin: Si è rivolto, in merito alla questione del “Soldato di bronzo”, alle missioni diplomatiche dei paesi occidentali?
 
Dmitri Klenski: L’ho fatto, e più di una volta. Con le ambasciate dei paesi della coalizione anti-hitleriana e con quella della RFT. Ma mi hanno risposto che si trattava di un affare interno dell’Estonia. I nostri attivisti hanno scritto al presidente degli USA, al cancelliere della RFT e persino alla regina di Gran Bretagna. Senza ricevere alcuna risposta.
 
Ciò significa che per costoro un terzo della popolazione dell’Estonia – i russofoni – è come se non esistesse. Ma a causa dell’inosservanza della Convenzione di Vienna, per quanto è accaduto all’ambasciata dell’Estonia a Mosca, l’UE ha immediatamente reagito (nota del traduttore spagnolo: l’ambasciata è rimasta bloccata per diversi giorni da giovani simpatizzanti del governo Putin, in segno di protesta per gli avvenimenti di Tallin).
 
Vjaceslav Titiokin: Ora si parla di una rinascita del fascismo in Estonia…
 
Dmitri Klenski: Quando si parla del nazismo in Estonia, non vengono fornite spiegazioni del tutto esaurienti. Si presta attenzione, prima di tutto, alle legioni estoni delle SS. Ciò effettivamente è successo. Ma bisogna tener conto del fatto che una parte di coloro che hanno servito nelle SS, vi fu costretta con la forza. E agli estoni sembra connaturata, dopo molti secoli di esistenza sotto il dominio della Prussia, l’abitudine alla sottomissione ai tedeschi.
 
Inoltre, anche all’epoca dell’impero russo, il contadino estone era sottoposto alla servitù, non del proprietario di terre russo, ma dei baroni tedeschi che, a loro volta, erano al servizio dello zar. La chiave per capire il motivo della rinascita del nazismo in Estonia sta altrove. Sta nell’ideologia della superiorità nazionale, che il vertice governativo impone alla popolazione estone.
 
Quale interesse nazionale può esserci nella rimozione del monumento del “Soldato di bronzo”? Quello di assicurarsi il sostegno degli elementi nazionalisti. E che cosa faceva Hitler? Faceva serrare i ranghi dei tedeschi contro le “razze inferiori”, tra cui c’erano gli slavi. E’ così che in Estonia la percentuale raccolta dal Partito Riformista (nota del traduttore spagnolo: partito del primo ministro, di destra neoliberale) tra gli elettori di etnia estone, dopo questi avvenimenti ha raggiunto il 47%.
 
Ora, persino la stampa estone accenna alle tendenze totalitarie nella politica delle autorità. Mi è capitato di sentire che, dopo gli scontri montati ad arte dalla polizia, i medici tremavano all’idea di dover dare ai feriti informazioni sui traumi che avevano subito, e che gli avvocati avevano paura di assumere la difesa dei prigionieri. Di cosa ci parla tutto ciò, se non di un’atmosfera di paura generalizzata.
 
Un’organizzazione estone senza scopo di lucro con il significativo nome di “Nuova Europa” (!) ha pubblicato non molto tempo fa un opuscolo dai contenuti assolutamente filo-nazisti e antisemiti, con una grande svastica sulla copertina.
 
Secondo dati non confermati, la tiratura sarebbe stata di 15.000 copie. Si tratta di una tiratura enorme per l’Estonia. L’opuscolo è stato tradotto in cinque lingue europee. Ciò significa che è stato pensato per una distribuzione su scala continentale. A motivo di ciò, ho scritto una lettera alla sezione di polizia preposta alla sicurezza dell’Estonia.
 
Ma non ho ancora ricevuto una risposta. In precedenza era anche apparso l’opuscolo “Hitler e i bambini”, che si è potuto vendere liberamente e in cui veniva glorificato il Fuhrer. Il nazismo è comunque ancora in uno stato embrionale, ma non esiste la garanzia che non si svilupperà.
 
Vjaceslav Titiokin: Dicono che in Estonia si stia creando un modello locale di apartheid…
 
Dmitri Klenski: Si, si tratta di apartheid, sebbene con peculiari caratteristiche locali. Facciamo l’esempio di Tallin. Qui il rapporto tra la popolazione russa e quella estone è 47% contro 53%. Ma la disoccupazione tra la gioventù russa è 2,5 volte più alta, mentre il livello di istruzione superiore è 2 volte più basso che fra i coetanei estoni. Ai tempi dell’URSS non esisteva assolutamente alcuna differenza. Mentre oggi, a Tallin quasi la metà della popolazione è russa , ma il 90% della burocrazia è estone. Nel governo dell’Estonia, in tutti gli anni della sua esistenza, non c’è mai stato praticamente un solo ministro russo. “Amnesty International” ha analizzato la situazione in Estonia, giungendo alla conclusione che esiste una discriminazione linguistica dei russi. E cosa è successo? Che immediatamente in Estonia si è cercato di screditare questa organizzazione.
 
Vjaceslav Titiokin: Come viene accolta tra i russi dell’Estonia la politica del governo della Federazione Russa (FR) in merito alle questioni baltiche?
 
Dmitri Klenski: Con ironia. Abbiamo già imparato, sulla base di esperienze amare, che dietro le dichiarazioni altisonanti non c’è nulla. La confusione creata a Mosca nei giorni dei fatti dell’Ambasciata dell’Estonia ci ha danneggiato notevolmente, permettendo di sviare l’attenzione dal conflitto attorno al “Soldato di bronzo” sul conflitto attorno all’ambasciata. In seguito a ciò hanno cominciato ad accusarci di essere la “lunga mano di Mosca”.
 
Vjaceslav Titiokin: Ma è anche vero che ai politici russi di governo piace affermare che se fossero prese sanzioni (contro l’Estonia) ne soffrirebbero soprattutto i nostri compatrioti.
 
Dmitri Klenski: E’ ipocrisia. Ci hanno forse interpellato questi politici? Per quanto ne so, il 53% dei russi in Estonia sostiene le sanzioni, anche se dovessero comportare complicazioni. Qualcosa bisogna pur fare per porre rimedio a questa situazione artificiosa. Altrimenti, essa si prolungherà all’infinito. Ma, in generale, c’è la sensazione che nel governo russo gli interessi commerciali prevalgano su quelli dello stato.
 
Vjaceslav Titiokin: Dopo la feroce repressione della protesta, la gente non è caduta in uno stato di paura e prostrazione?
 
Dmitri Klenski: No, quello che predomina è un sentimento di profonda indignazione.
 
Vjaceslav Titiokin: Ora che succederà? Siete disposti a continuare la lotta? E con quali obiettivi?
 
Dmitri Klenski: Ora si sta dibattendo ampiamente sulla necessità del dialogo interetnico per evitare che si ripetano simili episodi. Ma il dialogo può avvenire solo tra eguali. Mentre le autorità cercano “soci” più accomodanti tra la popolazione russofona, che siano disposti a condannare le forze patriottiche russe per il loro “radicalismo”. Sono comparsi “russi professionisti” della materia, che fanno da ripetitore al governo.
 
Noi poniamo determinate questioni per procedere al dialogo: ripristino del Monumento al Soldato Liberatore e collocazione delle spoglie dei soldati caduti dove riposavano prima; presentazione pubblica delle scuse e dimissioni del governo; avvio del processo ad Ansip (nota del traduttore spagnolo: primo ministro estone), per istigazione all’odio tra le nazionalità; creazione di una Commissione Internazionale di inchiesta sulle brutalità poliziesche.
 
Siamo interessati non a cambiare un governo dichiaratamente “bruno” (nota del traduttore spagnolo: colore associato ai nazisti e all’estrema destra in generale) con un altro più presentabile di colore beige. E’ imprescindibile un cambiamento radicale e di principio della politica relativa alle minoranze nazionali. Dal momento che in Estonia il 25% della popolazione è rappresentato da russi e il 34% da russofoni.
 
In Macedonia, alcuni anni fa, gli albanesi locali, che costituiscono solo il 20% della popolazione, si sollevarono in armi e ottennero grandi concessioni da parte dei macedoni, che vi furono obbligati dalle pressioni dell’UE e della NATO. Mentre a noi, minoranze nazionali che in Estonia rappresentiamo quasi il doppio percentualmente, negano i diritti politici più elementari.
 
Cosa dovremmo fare allora per essere ascoltati? Impugnare le armi? Ma noi non abbiamo nessuna intenzione di arrivare a questi estremi.
 
Traduzione dallo spagnolo per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare