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- osservatorio - mondo - politica e società - 06-07-17 - n. 639
L'islamismo
Grégoire Lalieu intervista Mohamed Hassan | investigaction.net
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
L'islamismo è un concetto univoco? Nel libro Jihad made in USA, Mohamed Hassan distingue cinque diverse correnti riconducibili all'islamismo, con interessi a volte contrastanti. Questo quinto estratto è dedicato a un intellettuale islamista influente, Sayyd Qutb.
Hai affermato che il pensiero di Qutb avrebbe trovato qualche eco in Arabia Saudita, la roccaforte del wahabismo. Mohamed Qutb, fratello di Sayyid, avrebbe annoverato tra i suoi studenti Osama Bin Laden e Ayman al-Zawahiri. Il pensiero di Qutb ha ispirato Al Qaeda?
Certamente. Si constata che i Fratelli Musulmani e gli jihadisti condividono una base ideologica comune.
Ma non concordano su tutto. Zawahiri ha scritto una requisitoria severa contro la Fratellanza, nella convinzione che una soluzione politica fosse un tradimento.
I Fratelli Musulmani e gli jihadisti divergono soprattutto sul metodo, ma perseguono lo stesso obiettivo. I loro dirigenti provengono dagli stessi ambienti: piccola borghesia, proprietari terrieri, commercianti, etc. Il loro nemico principale è costituito dagli stati nazionalisti e laici del mondo arabo. Questo nemico supera le potenze imperialiste: per combattere i primi, non hanno esitato ad allearsi con quest'ultimi.
Come in Afghanistan negli anni '80 quando la CIA ha inquadrato gli jihadisti?
Sì. La guerra in Afghanistan illustra la teoria del "rollback", istituita dagli Stati Uniti negli anni '50 dal presidente Eisenhower e dal suo Segretario di Stato, John Foster Dulles: non era sufficiente contenere l'ascesa del comunismo nel mondo, occorreva anche rovesciare i governi nell'orbita dell'Unione Sovietica, come il governo afgano alla fine degli anni '70.
La tecnica venne applicata brillantemente in Afghanistan, dove la CIA arruolò i giovani musulmani con il fine non solo di rovesciare il governo afghano, ma anche di accelerare la caduta dell'Unione Sovietica. Il principale artefice di questa abile manovra fu Zbigniew Brzezinski, il vero responsabile della politica estera della Casa Bianca. L'idea di Brzezinski dietro l'arruolamento degli jihadisti afgani, era quello di forzare l'intervento dell'orso sovietico. "Faremo dell'Afghanistan il Vietnam sovietico" professava Brzezinski.
E i giovani musulmani erano sensibili al richiamo della CIA?
La propaganda ferveva sul tema: rovesceremo, nel nome dell'Islam, un governo laico quindi senza Dio. Questo messaggio ha trovato risonanza per diverse ragioni. In primo luogo, anche se non avevano alcuna rappresentanza ufficiale in Afghanistan, i Fratelli musulmani erano presenti nell'Università di Kabul dove hanno diffuso la loro ideologia. I servizi segreti pakistani erano al corrente e vedevano la cosa molto di buon occhio.
In Afghanistan, i Fratelli non si contentavano di contrastare l'influenza sovietica nel campus. Partecipavano attivamente alla demolizione dei meccanismi messi in campo dal governo in materia di istruzione, diritti delle donne, etc. E' stata un'organizzazione reazionaria. Ha creato il terreno fertile per l'arrivo dei wahabiti come Bin Laden che hanno portato la loro religione retrograda nel conflitto afghano.
I combattenti non venivano solo dall'Afghanistan, ma accorrevano da ogni parte. Come si spiega un tale successo?
I Fratelli Musulmani aveva preparato il terreno in Afghanistan, ma la CIA e i suoi alleati reclutavano da tutto il mondo arabo e anche in Occidente. L'Arabia Saudita e la sua rete di moschee si sono rivelate molto utili.
Per capire perché tanti giovani hanno risposto alla chiamata, è necessario anche guardare a ciò che è accaduto nel mondo arabo negli anni precedenti la guerra in Afghanistan. Per sbarazzarsi del nazionalismo arabo, i burattini della regione hanno avviato un processo di islamizzazione. Nel frattempo, hanno condotto una politica di apertura economica che ha impoverito gran parte della popolazione. In questo modo nel mondo arabo cresceva una comunità di giovani insoddisfatti che non sapeva nulla della lotta di classe ma era indottrinata su Dio e la Sharia. Non solo non aveva nulla da perdere, ma la chiamata a combattere per Allah arrivava direttamente al cuore.
Inoltre, i governi locali non vedevano di cattivo occhio che quelli che consideravano giovani selvaggi, partissero in nome di Allah.
Apparentemente l'Occidente non era contrariato...
Era così negli anni '80 per l'Afghanistan ed è ancora così per la Siria di oggi. I governi occidentali non impediscono che questi giovani partano ma sono preoccupati del loro ritorno. In altre parole, questi giovani sono considerati meno di niente, vanno giusto bene per morire combattendo. Per i nostri governanti, è un modo utile per sbarazzarsi di loro.
Si ripete spesso che non v'è un profilo tipico per questi giovani europei partiti alla volta della jihad in Siria. Vi sono state conversioni alla jihad in seno a famiglie relativamente benestanti, dai quartieri arabi popolari, tra musulmani che pensano di partecipare a un intervento umanitario, altri che hanno risposto a un richiamo rivoluzionario...
C'è tuttavia qualcosa in comune tra questi combattenti, qualcosa che li lega in qualche modo ad altri giovani in Medio Oriente: i loro governi non sono in grado di offrire loro prospettive future. In Occidente, i nostri leader li hanno perseguitati, frustrati e discriminati. E alla fine, li usano come carne da cannone per le loro guerre. E' una vergogna!
Torniamo all'Afghanistan. Negli anni '80, gli Stati Uniti hanno quindi sostenuto gli jihadisti?
Per gli Stati Uniti si è trattato di una "alleanza transitoria". Il nemico del mio nemico è mio amico... temporaneamente! Quando l'Unione Sovietica cadde, Washington festeggiò e lasciò l'Afghanistan velocemente senza immaginare le conseguenze di una simile operazione.
Dopo aver sconfitto i sovietici, Osama Bin Laden si sentiva capace di tutto. Creò una nuova organizzazione, Al Qaeda, con l'obiettivo di liberare tutti i paesi musulmani per mezzo della jihad. Per le ragioni che ho appena citato, il movimento trovò molti seguaci tra i giovani musulmani.
Tuttavia occorre ponderare questo successo sul numero totale dei musulmani del pianeta. Oggi, i media sono quello che sono: gli occidentali credono che in ogni musulmano sia nascosto un pericoloso terrorista dormiente. La realtà è meno spaventosa: considerando il miliardo e mezzo di musulmani che vivono la loro religione in pace, quelli irretiti nel terrorismo rappresentano una porzione relativamente insignificante.
Eppure, i media continuano a parlare di Al Qaeda. L'organizzazione sarebbe o sarebbe stata diffusa in tutto il mondo.
Certamente l'appello degli jihadisti ha potuto incontrare alcuni seguaci in tutto il mondo musulmano. Ma i media tendono a fare una amalgama di tutti i movimenti o anche degli atti jihadisti. Oltre l'aspetto sensazionalistico e il carattere ideologico di questa propaganda, c'è un altro motivo. Con Al Qaeda si è prodotto infatti un fenomeno particolare. Negli ultimi anni, è stato sufficiente che un terrorista facesse saltare una bomba in qualche parte nel mondo perché si imputasse la paternità a questa organizzazione, fantasticando sulla potenza della sua rete. Basta un video su YouTube che ritrae qualche busta contenente un po' di farina che i media fantasticano sulla presenza di Al Qaeda in Belgio...
Inoltre, non si dimentichi che "Al Qaeda" significa "la base". Nel corso degli anni, è diventato una sorta di terreno comune per una miriade di movimenti sparsi in tutto il mondo, dalle Filippine al Mali attraverso lo Yemen o il Caucaso.
Possiamo aggiungere la Libia e la Siria all'elenco dei paesi di cui parli, due paesi che erano nel mirino della NATO. Trent'anni dopo la prima guerra in Afghanistan, l'Occidente ha stabilito una nuova alleanza temporanea con Al Qaeda?
Credo che dobbiamo distinguere due Al Qaeda. La prima, quella di Osama Bin Laden. Questa organizzazione, dopo aver combattuto l'Unione Sovietica, pensava di poter affrontare un'altra superpotenza: gli Stati Uniti.
Il coinvolgimento dell'Unione Sovietica era evidente nel caso dell'Afghanistan. Ma perché Al Qaeda in seguito ha messo nelle sue mire gli Stati Uniti?
Nella loro strategia di guerra, gli jihadisti distinguono due nemici: quello vicino e quello lontano. Il nemico più vicino è rappresentato dai governi locali guidati da cattivi musulmani, secondo la visione ispirata da Sayyid Qutb. Il nemico lontano, sono le grandi potenze che collaborano con il nemico vicino.
Dopo la guerra in Afghanistan, che ha portato alla caduta dell'Unione Sovietica è arrivata la prima guerra del Golfo nel 1990-91. Saddam Hussein aveva invaso il Kuwait e le sue truppe erano alle porte dell'Arabia Saudita. Osama Bin Laden aveva proposto alla famiglia reale di usare l'esercito, ma i sauditi hanno preferito giocare la carta dell'alleato statunitense, permettendo alle forze internazionali di transitare nel regno per condurre l'operazione Desert Storm. Per Bin Laden, fu un insulto. I Saud aprivano le porte della terra santa dell'Islam all'esercito degli Stati Uniti! Nella loro famosa dichiarazione del febbraio 1998, Bin Laden e Zawahiri dicono molto chiaramente: "Da oltre sette anni gli Stati Uniti occupano le terre dell'Islam, i suoi luoghi più sacri, della penisola arabica, saccheggiando le sue ricchezze, comandando sui suoi capi, umiliano la sua gente, terrorizzando i suoi vicini e cercano di trasformare le sue basi nella penisola in basi per combattere i popoli musulmani confinanti".
Più che mai, quindi, i Saud apparivano come un nemico vicino, agli occhi del leader di Al Qaeda. Ma era chiaro che il nemico vicino traeva la sua forza dal supporto degli Stati Uniti, un nemico lontano. Ecco dove hanno colpito.
Hai parlato di una seconda Al Qaeda, in cosa differisce dalla precedente?
Gli ex leader, come Bin Laden e Zarqawi, sono stati eliminati dagli Stati Uniti. Oggi, a mio vedere, esiste un altra Al Qaeda che non ha nulla a che fare con la precedente. [continua]
In cosa a tuo giudizio differisce la seconda Al Qaeda rispetto la precedente?
I vecchi dirigenti, come Bin Laden e Zarqawi, sono stati eliminati dagli Stati Uniti. Oggi, v'è a mio parere un'altra Al Qaeda che non ha nulla a che fare con la vecchia e occorre far chiarezza in proposito. La nuova Al Qaeda non è un'organizzazione, è solo un logo che riunisce i frammentati movimenti come il Fronte Al Nosra e una miriade di piccole organizzazioni che stanno combattendo in Siria! Si tratta più di gruppi terroristici che di autentiche organizzazioni dotate di un'ideologia. Sembra, inoltre, che questa nuova Al Qaeda abbia abbandonato la lotta contro i nemici lontani per attaccare ben scelti nemici vicini, vale a dire gli stati nazionalisti arabi come la Libia e la Siria e i leader sciiti in Iraq.
Nel mese di gennaio 2014, il nuovo leader di al Qaeda, Ayman al-Zawahiri, ha invitato i gruppi coinvolti in Siria per fermare immediatamente la lotta tra di loro. Ha anche aggiunto che devono unirsi contro il "nemico laico e religioso, sostenuto dalle forze rafidite (sciiti), safavide (riferendosi all'Iran), così come la Russia e la Cina". Pare che i nemici lontani non siano dimenticati, ma siano cambiati...
Credo che questo cambiamento sia riconducibile a una nuova tattica. Dopo l'11 settembre, gli Stati Uniti si sono impegnati in una guerra contro il terrorismo. Hanno messo in crisi l'organizzazione di Al Qaeda. Oggi, cambiata la musica, gli jihadisti non solo danno tregua ma possono anche contare sul sostegno degli Stati Uniti e dei loro alleati regionali. Da loro canto gli USA hanno la possibilità di abbattere i governi nemici, senza dover inviare le loro truppe.
Un ritorno al metodo afghano degli anni 80?
In effetti è la stessa tecnica. Inoltre, l'architetto della trappola afgana, Brzezinski è stato uno stretto consulente di Obama. In una decina di anni, i neoconservatori hanno rovinato gli Stati Uniti con le loro guerre in Afghanistan e Iraq. Queste spedizioni militari costano un sacco di soldi, ma non portano i risultati sperati. L'immagine degli Stati Uniti risulta anche gravemente appannata agli occhi del mondo e, a livello nazionale, il presidente degli Stati Uniti non sarebbe in grado di vendere un nuovo intervento militare ai suoi elettori.
Da qui il cambio di strategia. Obama ha gestito un ritiro tattico dall'Afghanistan e Iraq, ma in realtà, un processo formale, perché gli Stati Uniti conservano basi militari in quei paesi. Occorre aggiungere tutti i mercenari privati verso cui sono esternalizzate le missioni del Pentagono. Eppure, Obama è stato capace di "vendersi" come un pacifista e ottenere un premio Nobel! E non ha mai voltato le spalle alla strategia di dominio del mondo perseguita dai suoi predecessori. Non potrebbe altrimenti essere diverso, perché la situazione spinge inevitabilmente gli Stati Uniti a difendere con le unghie e con i denti i suoi interessi nel mondo. C'è la crisi economica, l'emergere di nuove potenze come la Cina e la Russia, il passaggio da un mondo unipolare ad un mondo multipolare... Una situazione che tende a far cadere il ruolo egemonico degli Stati Uniti e ricondurlo al rango di potenza regionale.
Ciò che Washington non è disposta ad accettare. Le sue multinazionali non lo tollerano: hanno bisogno di continuare a sfruttare le opportunità di mercato e di risorse di tutto il mondo. In America Latina, Africa, Medio Oriente, Asia, Obama ha continuato a giocare la carta delle interferenze, ma più sottilmente che i neocon. E' il ritorno della soft power: destabilizzare i paesi nemici, come illustrato nel nostro precedente libro La strategia del caos, poggiando su gruppi interni piuttosto che inviare soldati.
Gli Stati Uniti non hanno più i mezzi per intervenire sul terreno, possono al massimo organizzare attacchi aerei. Tuttavia, se questa strategia ha aiutato a rovesciare Gheddafi in Libia, essa risulta relativamente inefficiente come si è visto con l'operazione lanciata contro lo Stato islamico. Ma alimenta il complesso militare-industriale che pesa molto sull'economia degli Stati Uniti. Nei mesi seguenti l'annuncio di Obama del bombardamento delle posizioni dello Stato Islamico, i titoli Lockheed Martin sono saliti del 9,3%, quelli di General Dynamic del 4,3%, mentre Raytheon e Northrop Grumman Corporation hanno avuto un rialzo del 3,8%. Durante la prima notte di bombardamenti in Siria, il 23 settembre 2014, dalle navi degli Stati Uniti sono partiti 47 missili Tomahawk, ognuno del costo di quasi 1,4 milioni di dollari!
Facendo affidamento sui gruppi jihadisti in Siria e in Libia, Washington non ha giocato con il fuoco? In Afghanistan, dopo la caduta dei sovietici, Bin Laden si è rivoltato contro gli Stati Uniti. In Libia dopo il rovesciamento di Gheddafi, l'ambasciatore Usa è stato ucciso in un attacco. E in Siria si può sentire jihadisti dire: "Prima Bashar poi la Nato". Questi combattenti sono veramente buoni alleati?
Utilizzarli è una cosa. Controllarli tutt'altro. Come per la guerra in Afghanistan, si tratta di una'alleanza temporanea. Da entrambi i lati. Gli jihadisti non sono islamici reazionari, non sono marionette totalmente sottomesse all'Occidente. Alcuni talvolta si chiedono perché attaccare un paese musulmano come la Siria piuttosto che attaccare Israele, per esempio. Non è che siano completamente manipolati dagli imperialisti, ma piuttosto perché hanno sviluppato una strategia un po' vile e non molto avanzata dal punto di vista politico.
L'idea di Al Qaeda oggi è infatti che per ottenere il potere sia più praticabile rivolgere le proprie mire contro gli Stati arabi laici che contro gli Stati Uniti o Israele. Secondo l'attuale capo dell'organizzazione, Ayman al-Zawahiri, ogni guerra è una benedizione dal cielo. Perché questi conflitti offrono ai giovani combattenti di Al Qaeda la possibilità di fare tutta l'esperienza necessaria per poi affrontare conflitti più importanti. Nel suo libro Chevaliers sous la bannière du Prophète (letteralmente Cavalieri sotto la bandiera del Profeta), Zawahiri spiega come l'Afghanistan sia stato un campo di allenamento ideale per i suoi giovani soldati. Molto meglio di West Point o qualsiasi altra accademia militare.
Ma questa è una visione politica molto limitata. Al Qaeda ha attaccato due stati nazionalisti, Siria e Libia, per crescere e ottenere consenso e perché la laicità nel mondo arabo rimane un'aberrazione. Ma così gli jihadisti mettono a ferro e fuoco la regione e dividono i popoli del Medio Oriente. Indirettamente, realizzano il divide et impera e contribuiscono a rafforzare il dominio occidentale.
Sostieni che l'intelligence saudita aveva infiltrato gruppi jihadisti per manipolarli. Eppure, l'Arabia Saudita ha adottato misure per punire coloro che finanziano il terrorismo islamista.
Come ho detto, usare e controllare, non è la stessa cosa. Già a suo tempo, il principe Turki intratteneva con Bin Laden rapporti perlomeno sospetti agli occhi di alcuni. Nel suo libro Au cœur des services spéciaux (Nel cuore dei servizi speciali), l'ex capo della DGSE il servizio di intelligence di sicurezza, Alain Chouet, spiega come i primi attacchi da parte di Bin Laden servivano in una certa misura gli interessi del principe Turki, all'epoca a capo dei servizi segreti. Al Qaeda fu creata ufficialmente nel 1998, ma alcune azioni era già state condotte prima in Arabia Saudita: il ferimento di soldati americani e sauditi, un'autobomba all'esterno di un edificio della Guardia Nazionale saudita a Riyadh o un camion carico di esplosivo contro la base USA di Khobar... Circa questi attentati, Alain Chouet dice: "La decodifica politica di questi attacchi non è chiara. Anche in Arabia, la maggior parte miravano agli insediamenti della Guardia Nazionale saudita o a siti del personale militare straniero assegnato alla vigilanza o alla protezione della stessa. Questa era agli ordini del principe Abdullah all'epoca ancora reggente e erede al trono, trono allora occupato dalla stella cadente di re Fahd, fortemente contestato dai suoi fratelli cadetti dalla sponda del principe Turki, capo dei servizi speciali, e del principe Sultan, il ministro della difesa. Tutti gli attentati sembravano mettere in discussione la capacità di gestione e controllo di Abdullah e suscitare negli Stati Uniti un forte senso di sfiducia e rifiuto nei suoi confronti".
Rifiutando giustamente l'idea che il principe Turki avesse "ideato" Bin Laden, Chouet spiega come il capo dei servizi segreti avesse potuto utilizzare Bin Laden in seguito, in particolare con gli attentati contro le ambasciate americane in Kenya e Tanzania nel 1998. Per rappresaglia, il presidente Bill Clinton ha fatto bombardare un impianto farmaceutico in Sudan. Successivamente venne scoperto che Bin Laden non aveva niente a che fare con questa fabbrica, ma il fatto è che l'Arabia Saudita ha avuto controversie con il Sudan e che ha invitato il paese a rientrare nei ranghi al cospetto dei Saud. L'impianto farmaceutico apparteneva a un uomo d'affari saudita che produceva in concorrenza diretta sul mercato africano con aziende farmaceutiche statunitensi. Washington e il principe Turki avevano quindi un interesse comune in questo presunto attacco contro Al Qaeda in Sudan.
E per gli attentati dell'11 settembre?
Il principe Turki ha lasciato l'incarico una settimana prima degli attacchi al World Trade Center. Secondo Chouet, perché l'Arabia Saudita, come molti altri servizi segreti, nutrivano il sospetto che stesse accadendo qualcosa di importante e non volevano essere coinvolti direttamente. Infatti, anche se il principe Turki aveva utilizzato Bin Laden, non era una sua creatura. A sua volta, se il leader di Al Qaeda ha beneficiato del sostegno di Turki, non è diminuito il suo rancore contro la famiglia reale. Bin Laden non ha riconosciuto alcuna legittimità ai Saud. Parlava dell'Arabia e non dell'Arabia saudita. Ha incarnato la borghesia saudita che si sentiva offesa dalla gestione della famiglia reale del paese e voleva vedere delle riforme nel regno.
I Saud sapevano quindi molto bene che dovevano stare attenti al ritorno di fiamma dopo aver cercato di utilizzare gli jihadisti. Ed è questo ciò che sta accadendo oggi in Siria. L'intelligence saudita, guidata dal principe Bandar, ha in qualche modo resuscitato Al Qaeda. Ma questa organizzazione non somiglia più a quello che era. Secondo la volontà dei Saud, si è impegnata in un conflitto tra sunniti contro sciiti. L'Arabia Saudita conduce infatti una lotta per la supremazia regionale contro gli sciiti dell'Iran e i loro alleati di Hezbollah, in Siria e Iraq. Non è quindi un caso che il discorso di Al Qaeda sia mutato così profondamente. Prima parlava di cacciare la presenza americana in Medio Oriente e criticava i governi arabi che avevano aperto le porte della terra musulmana agli stranieri. Ora biasima gli sciiti. La sua propaganda religiosa, destinata a reclutare mercenari, ruota attorno alle contraddizioni tra sunniti e sciiti. Per far questo riscopre testi molto vecchi. Di nuovo, questa è una visione molto arretrata, settaria e debolissima sul piano politico.
È così che si spiega l'evoluzione della guerra in Iraq? Dopo il rovesciamento di Saddam Hussein, si è formata una resistenza per combattere l'occupazione degli Stati Uniti. Ma questa lotta si è trasformata rapidamente in un conflitto settario tra sunniti e sciiti ...
In effetti, si tratta di uno sviluppo voluto da Arabia Saudita e Stati Uniti. Un'evoluzione resa possibile attraverso questa nuova Al Qaeda. L'Arabia Saudita non tollera che il nuovo governo iracheno sia vicino all'Iran, rafforzando in tal modo l'influenza di Teheran nella regione.
Inizialmente, la maggior parte della resistenza irachena era composta da baathisti, seguaci di Saddam Hussein. Ma sotto l'effetto della "de-baathificazione" condotta da Paul Bremer da un lato e dall'afflusso di jihadisti proveniva da altri paesi vicini, il nucleo baathista e laico della resistenza irachena si è dissolto. E la resistenza irachena degli inizi è diventata un movimento islamico infiltrato dall'intelligence saudita e giordano. Un movimento che non ha una visione, ha il solo scopo di uccidere. Nel 2014, si contano quasi 25 morti al giorno in Iraq! Ecco il bilancio della invasione degli Stati Uniti. E ci sono ancora persone che hanno il coraggio di invocare quell'esercito a intervenire per fermare i conflitti...
Oggi, questi movimenti jihadisti infiltrati sfuggono al controllo dell'Arabia Saudita?
V'è un cambiamento significativo in effetti. Il principe Bandar che era capo dell'intelligence saudita è considerato uno sponsor del terrorismo islamico. È stato nominato per raggiungere un obiettivo specifico: utilizzare i gruppi jihadisti per rovesciare il governo siriano. Ma è un fallimento. Gli jihadisti non riescono a fronteggiare l'esercito siriano che non è caduto nella propaganda religiosa. E nonostante le grossolane manipolazioni sull'impiego di armi chimiche, coloro che sostengono gli jihadisti in Siria non hanno potuto forzare un intervento della NATO a sostegno dei mercenari.
Tutte queste manovre senza risultati hanno notevolmente contrariato la leadership saudita. Il principe Bandar ha aperto il vaso di Pandora, ma non ha raggiunto il suo obiettivo. Ora la famiglia reale è preoccupata di cosa faranno tutti questi jihadisti quando abbandoneranno la terra siriana. Come in passato, potrebbero rivoltarsi contro Saud.
Questi hanno quindi deciso provvedimenti radicali per calmare la situazione. In primo luogo, il principe Bandar è stato licenziato: gli è stato chiesto di fare i bagagli e lasciare il regno. Poi, come hai ricordato, è stata approvata una legge per punire i sauditi che avrebbero finanziato le reti jihadiste. Infine, Riyadh vuole anche far tornare tutti i giovani partiti per combattere. E' stato lanciato un appello. Chi non rientrerà nel termine stabilito sarà privato della cittadinanza. Le autorità saudite hanno anche rinunciato a gran parte della manodopera immigrata perché i giovani jihadisti che tornassero nel regno si integri correttamente nel lavoro.
Si tratta di un cambiamento radicale per l'Arabia Saudita! Negli anni '60, per evitare che i movimenti sociali prendessero peso, i suoi leader avevano semplicemente cancellato la classe operaia saudita utilizzando forza lavoro immigrata. Una particolarità resa possibile dal denaro del petrolio. Per quanto riguarda i lavoratori venuti dal Pakistan, dallo Yemen e dagli altri paesi vicini, lavoravano in condizioni di quasi schiavitù. Oggi, i leader sauditi non hanno paura di confrontarsi con i movimenti sociali se la classe operaia cresce di nuovo?
Dopo gli anni '60, c'è sempre stata una piccola classe operaia araba ma è sempre stata una minoranza rispetto alla manodopera straniera e composta principalmente da sciiti. I sauditi hanno sempre temuto i movimenti sociali. Ma temono ancora di più questi giovani sauditi che si sono impegnati nei movimenti jihadisti che potrebbero definitivamente sfuggire al controllo! Non dimentichiamo che gli ideologi come Sayyid Qutb, che hanno ispirato questi gruppi jihadisti, sono molto critici riguardo leader musulmani come i Saud. In realtà non credo che questi ultimi siano veramente preoccupati dei dirigenti di questa seconda Al Qaeda, che è una impostura. Ma l'organizzazione riunisce un gran numero di movimenti che anche Zawahiri non può controllare. Non può impedirgli di combattere tra loro in Siria! Probabilmente non potrebbe impedire loro di affrontare i Saud se alcuni decidessero di farlo. Tanto più che tutti questi combattenti sono stati reclutati sulla base di una propaganda jihadista. Non li avevano chiamati ad attaccare la Libia e poi la Siria per compiacere l'Arabia Saudita e gli Stati Uniti; gli avevano parlato di miscredenti. Un concetto che è stato apposto a Gheddafi e poi ad Assad e potrebbe altrettanto bene applicarsi ai Saud d'ora in avanti.
Parlavi di un'alleanza temporanea sia tra jihadisti che Stati Uniti. Abbiamo visto quale strategia perseguono i primi. Che dire dei secondi? L'operazione siriana non sembra incontrare lo stesso successo di quella condotta in Afghanistan negli anni '80...
Nel breve periodo, dobbiamo riconoscere che la strategia degli Stati Uniti era ben orchestrata. L'uso di gruppi islamisti si inserisce perfettamente nei piani degli imperialisti per rovesciare gli stati nazionalisti arabi che resistono.
E' ben congegnata, soprattutto perché funziona bene nel mondo arabo. Oggi, quasi il 15% della popolazione russa è musulmana. Considerando il territorio dell'ex Unione Sovietica, su cui Mosca esercita ancora qualche influenza, questa cifra diventa ancora più importante in alcune aree. Gli Stati Uniti quindi potrebbero ricorrere al fondamentalismo islamico per destabilizzare la Russia. Inoltre, questa tecnica era già stata utilizzata nei giorni di Boris Eltsin in Jugoslavia, Cecenia e altrove in Asia centrale.
L'occasione si può presentare anche in Cina che conta una importante minoranza musulmana nello Xinjiang. Grande parte dell'Asia anche potrebbe essere destabilizzata attraverso la presenza di gruppi fondamentalisti in Malesia, Indonesia e Filippine.
Gli Stati Uniti hanno quindi una buona carta da giocare per proseguire la loro strategia del caos: fare terra bruciata. In queste condizioni non sono in grado di prendere il controllo di un paese e delle sue risorse, ma contemporaneamente lo impediscono anche agli avversari.
Ma il "breve termine" non può creare problemi a "lungo termine"?
E' diverso, ovviamente. Guardate la Libia... Sì, gli imperialisti sono riusciti a rovesciare Gheddafi. Ma nel processo lo Stato è stato distrutto. Oggi il paese è afflitto da bande armate che lacerano il paese. E la spedizione militare NATO ha avuto ripercussioni sul Mali, forzando un intervento francese. L'imperialismo ha bisogno di esportare i suoi capitali in Libia, di approfittare del petrolio libico a buon mercato, di trovare mercati per le sue imprese nella necessaria ricostruzione del paese... Ma nella Libia odierna non tutto è possibile! L'Occidente ha davvero grossi problemi con la Libia.
Washington e i suoi alleati hanno voluto ripetere l'operazione in Siria, ma si è conclusa con un fallimento, il governo siriano ha resistito all'assalto. Dopo aver subito una grave battuta d'arresto, gli jihadisti di EEIL sono tornati in Iraq e seminano ancora e ancora il caos. Anche in questo caso, l'Occidente ha seminato i germi di una situazione esplosiva.
Possiamo dunque constatare che la strategia di utilizzare i gruppi islamici è certamente ben ideata, ma anche molto pericolosa. In primo luogo, può dare qualche risultato positivo a breve termine, ma nulla è vinto in anticipo. Gheddafi è caduto, non Bashar. Poi, nel medio termine, l'Occidente potrebbe avere problemi ancora più grandi da affrontare. Quanto tempo durerà?
Viviamo una situazione pericolosa e il pericolo espone tutta l'umanità. Non solo a causa della Siria. Attraverso l'aggressione di questo paese, l'Occidente alimenta un conflitto più ampio contro l'Iran, la Russia e la Cina... Gli Stati Uniti sono una potenza imperialista in declino. Il pericolo è che questo impero si aggrappi alla sua posizione dominante contro ogni previsione, gettando il mondo in un conflitto generale che potrebbe anche diventare nucleare.
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