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a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare di Torino


Dizionario enciclopedico marxista


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A 160 anni dalla prima stampa (febbraio 1948) del Manifesto del Partito Comunista di Marx e Engels, pubblichiamo il presente dizionario
 
Premessa

La base del presente dizionario poggia sull'opera Dizionario dei termini marxisti curato da Ernesto Mascitelli e pubblicato nel 1977 da Vangelista che ce ne ha gentilmente concesso l'uso.
Il Centro di Cultura e di Documentazione Popolare ne cura la trascrizione, le future integrazioni e la pubblicazione in rete.
E' possibile proporre nuove voci o integrarne i significati inviando la segnalazione a: posta @ resistenze.org
Tutti i termini privi di diversa indicazione sono tratti dall'opera originale.

Il Dizionario di Vangelista scritto da Paolo Biazzi, Maddalena Cattaneo, Fabio Ciuffi, Luciana Dondi, Maria Leali, Ernesto Mascitelli, Franco Sirio, Maria Luisa Sirio, è preceduto da un'introduzione che riproduciamo nel seguito.

Ragioni di un’introduzione

Solitamente un dizionario non ha bisogno di alcuna introduzione che non sia di carattere tecnico, relativa cioè ai modi di consultazione. Perché dunque un'introduzione a questo dizionario?

Perché i termini in esso compresi non sono né quelli complessivi di una lingua nazionale né quelli di una particolare disciplina scientifica; le parole e le espressioni del marxismo non si concludono infatti nella sfera della conoscenza dei fenomeni ai quali si riferiscono, non si limitano a definizioni più o meno esaurienti, ma hanno un contenuto critico che si traduce programmaticamente in attività, in motivi determinanti il corso della storia.

E' allora legittimo interrogarsi sull'utilità di un dizionario costituito di tali parole: esso non ne ha ovviamente alcuna per chi conosce già il significato dei termini in questione grazie alla lettura organica dei classici o delle opere che ne trattano, ed è probabile che non ne abbia neppure per chi pensa al marxismo come a una pratica politica dissociata e indipendente dalla sua base teorica.

Tra questi due versanti si trova però una fascia intermedia in cui compaiono qualità e quantità diverse di conoscenze: chi ha, per esempio, un'esperienza anche minima della scuola tra gli ultimi anni delle medie superiori e i primi dell'università è perfettamente al corrente di questa situazione. D'altra parte anche al di fuori della scuola esiste un pubblico di non inferiore livello culturale che sente usare parole ed espressioni del marxismo del cui significato non ha molto spesso un'informazione precisa; a quanti tra queste persone hanno per un motivo o per l'altro un certo interesse in tale direzione, un dizionario può essere di qualche utilità, per operare una prima distinzione tra i suoi concetti e le molte espressioni del gergo politico attuale, l'aggiustamento del significato di certi termini a scopo polemico, l'uso superficiale e improprio di altri.

Quando si dice «qualche utilità» non si intende dare una convenzionale prova di modestia, ma più semplicemente sottolineare una situazione oggettiva. Un dizionario è infatti un repertorio di nomi disposti in ordine alfabetico che recano accanto una breve illustrazione del loro significato; non può in alcun modo sostituirsi a un testo organico, a un trattato o a una monografia, per quanto riguarda la conoscenza di un dato argomento o di un gruppo di argomenti. E tuttavia i dizionari si fanno e si usano; di più, si fanno e si usano anche dizionari di filosofia, vale a dire di termini relativi a un campo del sapere dove la variabilità dei significati attribuiti nel corso della storia a una stessa parola è estremamente elevata. Il giudizio sulla loro utilità dipende in ultima analisi dalla soluzione che si dà al problema posto da ogni progetto di informazione limitata: se si ritiene che questa possa essere corretta e accessibile, che svolga una sua funzione specifica, allora la risposta sarà positiva.

L'uso che si fa di un dizionario deve sottostare a certe condizioni: in primo luogo svolgersi nella consapevolezza che il materiale è per forza di cose esposto in modo schematico e al di fuori di un'organica presentazione. Il discorso è tanto più valido nel caso dei concetti del marxismo, cioè di una teoria complessiva della realtà che è anche una pratica di intervento sulla realtà stessa, il che non toglie che i suoi termini possano essere definiti né che le definizioni possano essere utili, non fosse altro che per sottolineare in prima approssimazione le differenze tra il significato assunto da certi termini nel marxismo rispetto al loro uso comune o all'interno di altre teorie.

A questo punto è necessario indicare i criteri di scelta delle voci e i modi di illustrane il significato, non prima però di dichiarare che gli autori non pretendono di aver fatto una lettura neutra, imparziale dei testi ai quali fanno riferimento: essi credono al contrario che il mito dell'imparzialità sia il prodotto specifico di un'ideologia che si proclama superiore alle parti per servirne, di fatto, una sola.

Le voci che qui compaiono non sono né tutte né le sole che si possono ritenere a buon diritto sufficienti e necessarie per tracciare un quadro completo del marxismo. La loro scelta non ha presentato in molti casi alcun problema: si tratta dei termini divenuti una sola cosa col marxismo, tanto da aver fatto talvolta dimenticare la loro precedente esistenza. Negli altri casi la scelta è stata compiuta in funzione dell'importanza storica, teorica e politica, sempre che i termini appartenessero effettivamente al marxismo; di conseguenza sono stati omessi quelli di tipo giornalistico, come, per esempio, «basismo» e «euro-comunismo»; nessuno infatti ha ancora sostenuto che questi concetti fanno parte del corpo teorico del marxismo né alcun movimento organizzato li ha considerati al di fuori di un uso generico e intuitivo. Dire che con eurocomunismo si vogliono indicare le tendenze di alcuni partiti comunisti dell'Europa occidentale, diverse da quelle dei partiti dell'Europa orientale, non significa molto se non è accompagnato dalle necessarie precisazioni e comparazioni

Altri termini che non appartengono al marxismo sono stati inclusi perché esprimono situazioni ben determinate e sono usati normalmente dai marxisti stessi: è il caso, per esempio, di «Terzo mondo»; oppure perché indicano correnti di pensiero con le quali il marxismo si è confrontato e si confronta, come «idealismo», «marginalismo», ecc., o perché definiscono movimenti politici che in vari modi e forme hanno impegnato i partiti di ispirazione marxista.

Quanto al criterio di illustrazione dei singoli termini esso è stato puramente esplicativo, è stato cioè concepito soltanto in funzione del modo ritenuto più facile o meno difficile di comunicarne il senso. Dove è sembrato confacente si è lasciata la parola ai classici, pensando che questo potesse indurre a verificare nei testi citati la fitta rete delle connessioni e la ben maggiore ampiezza e profondità dei concetti. In generale si è cercato all'interno di molte voci di accennare brevemente al modo attuale di porre i singoli problemi; chiaramente ciò avrebbe richiesto, per un adeguato sviluppo, una trattazione ben più ampia che comunque esulava dagli intenti di questo dizionario. Un certo spazio, infine, si è riservato alle voci che rappresentano concretamente l'esperienza storica del movimento operaio internazionale nei vari paesi.

Da quel che si è detto emerge tra l'altro il problema dell'invecchiamento o, come si dice, dell'obsolescenza dei concetti del marxismo e benché questo non sia a rigore un problema che riguardi il dizionario, quasi esclusivamente elaborato sui testi di Marx, Engels, Lenin e Gramsci, sembra doveroso verso il lettore dirne qualcosa; il Capitale, infatti, ha centodieci anni e sessanta ne ha l'lmperialismo.

Quando queste opere furono scritte la situazione era molto diversa e ci si può chiedere cosa sia rimasto delle loro analisi e delle loro ipotesi. La risposta dipende in sostanza da quel che si crede intorno alla presente situazione: se si pensa che il lavoro non sia più sottomesso al capitale, che la produzione capitalistica non si fondi più sul plusvalore, che i meccanismi del salario, del profitto, della formazione del valore delle merci non siano più operanti e che insieme si sia dissolta la complessa sovrastruttura del capitalismo, allora del marxismo non è rimasto niente di attuale.

Se si pensa invece che questi elementi permangano, sia pure in forme e modi diversi dal passato, il discorso è un altro: si tratterà allora di vagliare in continuità col pensiero di Marx, di Engels e degli altri che seguirono, ciò che è veramente cambiato. Questo significa semplicemente che il marxismo deve tenere il passo con i tempi, che deve cioè restare fedele a se stesso, alla sua natura profondamente critica e dialettica; non il dogma fissato una volta per tutte ma l'espressione teorica del movimento reale della storia.
Il che pone un problema di non poco conto proprio nei confronti dei classici: non solo quei testi si riferiscono frequentemente a situazioni non più esistenti nella forma trattata, ma più in generale hanno seguito e seguono la sorte di ogni opera del passato: la variazione del loro senso originario a contatto con un presente che essi stessi hanno contribuito a creare e, nel caso specifico, in misura determinante.

E' in questo spazio che si manifestano i contrasti e le lacerazioni all'interno del marxismo stesso; le sue vicende ci insegnano che intorno ai problemi posti dalle nuove situazioni reali sono emerse divergenze di giudizio talvolta inconciliabili; ma è difficile immaginare un destino diverso per una teoria che richiede di essere costantemente confrontata con la realtà e che in tempo brevissimo ha raggiunto un'immensa diffusione. In momenti e in paesi diversi il marxismo è entrato direttamente in contatto con le loro condizioni specifiche: la tradizione storica e culturale, le esperienze politiche e organizzative, i modi di esercizio del potere delle classi dominanti, gli aspetti caratteristici della sua base economica, le esigenze particolari a lunga e breve scadenza; ovunque è stato ripreso nei termini corrispondenti alle situazioni concrete, anche se tra inevitabili incertezze e contraddizioni. Ciò, come è noto, non è stato senza conseguenze né per i rapporti tra paese e paese, né tra i partiti e le organizzazioni politiche di ispirazione marxista all'interno di ciascun paese.

Appare quindi evidente che l'introduzione di nuovi elementi e il ridimensionamento di quanto risulta superato ed estraneo, non sono compiti né facili né pacifici; non sono mancati né gli innovatori a ogni costo né gli intransigenti fedeli di vecchie formule, né chi ritiene antiquato parlare di lotta di classe né chi pensa a questa come se il tempo si fosse fermato alla fine del secolo scorso. Se questo modo monumentale e commemorativo di intendere il marxismo si denuncia da sé come critica di una realtà che non esiste più, l'altro incorre, nell'affannosa ricerca del nuovo, in infortuni di vario genere tra i quali la ripetizione, talvolta perfino letterale, di tesi che hanno ben più di mezzo secolo e che alla prova dei fatti non hanno certo dato risultati entusiasmanti.

In mezzo a questi estremi si pone tutta una serie di posizioni intermedie spesso di difficile comprensione. E' probabile però che almeno un punto rimanga fermo: il marxismo in quanto teoria può essere interpretato in vari modi e persino «diluito», ma nonostante ciò conservare una carica critica non trascurabile nei confronti della presente società. E poiché quando nel marxismo si parla di critica non si intende soltanto quella teorica, la cosa non è di poco conto; oltre certi limiti è dubbio però che si possa ancora parlare di marxismo. Gli autori ritengono, come molti altri, che questi limiti siano grosso modo segnati dal riconoscimento di quelle caratteristiche del capitalismo precedentemente indicate; a loro riprova si potrebbe aggiungere che quando si verificano crisi economiche i provvedimenti delle classi al potere sono da sempre gli stessi e possono essere ricondotti a uno solo: riduzione del salario reale con tutto il seguito delle iniziative collaterali necessarie a farlo passare in ogni modo.

Comunque, al di là delle dichiarazioni programmatiche di questo o di quel partito e delle idee di ciascuno, vale pur sempre l'avvertimento di Marx: «gli uomini fanno la propria storia, ma non la fanno in modo arbitrario, in circostanze scelte da loro stessi, bensì nelle circostanze che essi trovano immediatamente davanti a sé»

Va infine compiuto un ultimo chiarimento. Il marxismo non è una vaga risposta teorica ai problemi e alle contraddizioni della società, non è un invito generico alla ribellione contro le sue ingiustizie, non è la consolante visione di un futuro immaginario; al contrario è una teoria i cui concetti sono rigorosamente fondati per mezzo di analisi estremamente complesse e sottili, le cui fonti furono per Marx e Engels nel patrimonio intellettuale più avanzato del tempo. Le loro idee non sono dunque né facili né ovvie, perciò si troverà che, nonostante la semplificazione, alcune voci del dizionario sono «difficili». A questo non c'è rimedio: una realtà complicata può essere descritta solo da un sapere che non indietreggia di fronte alla complessità; d'altra parte le definizioni troppo concise sono bensì comode, diceva Lenin, ma rivelano subito la loro insufficienza quando si tratti di ricavarne le caratteristiche essenziali del fenomeno definito.

Gran parte delle opere di Marx, Engels, Lenin e altri furono concepite non come pura esposizione delle loro idee ma come risposta polemica a opere di altri; donde l'ulteriore difficoltà di distinguere la parte critica e specifica da quella affermativa e generale; quando si parla perciò di «teorici marxisti» si parla sempre di marxisti che si sono occupati anche di questioni teoriche. Nella prefazione al libro III del Capitale Engels ricordava al proposito che in quest'epoca di continuo movimento i «teorici puri» nel campo dei «pubblici interessi» esistono solo dal lato della reazione.

Tenendo presenti le condizioni e i limiti ai quali si è accennato, questo dizionario potrà dunque tornare, come si diceva, di qualche utilità e in tal modo fornire l'occasione di una più attenta lettura di opere in grado di rendere meglio conto dei concetti qui illustrati e delle diverse interpretazioni sviluppate nel corso della storia.

Ernesto Mascitelli
Dicembre 1976