a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare di Torino
Dizionario
enciclopedico marxista
Premessa A B C D E F G H I J K L M N O P Q R S T U V W X Y Z
B
Baratto, Blanquismo, Blocco storico, Bolscevismo, Borghesia, Burocratismo
La forma più elementare di scambio, consistente nel cedere una certa
quantità di prodotti in cambio di altri.
Il modo più primitivo di condurre un baratto consisteva nello scambio diretto
tra i due interessati ad avere i prodotti di cui disponeva l'altro; quando
apparve evidente il maggior vantaggio che un contraente poteva ottenere
attraverso lo scambio di prodotti intermedi, diversi da quelli desiderati, le
modalità del baratto divennero via via più complesse. Tuttavia trovarono ben
presto un limite nel fatto che lo scambio di un prodotto dotato di un valore d'uso con un altro creava grossi problemi
di frazionamento del prodotto stesso: se due buoi vivi potevano essere
scambiati con nove pecore vive, un bue vivo non poteva essere certo scambiato
con quattro pecore e mezzo altrettanto vive. Inoltre, salvo che per pochi
prodotti artigianali (vasellame, ceste, filati, pellame conciato, ecc.) sorgevano
problemi di conservazione particolarmente gravi nell'economia di tipo agricolo
che gravitava intorno al baratto.
La necessità di allargare gli scambi portò con sé la necessità di trovare un
materiale che fosse frazionabile, duraturo e accettato dai più in pagamento di
prodotti di ogni genere: compare così la moneta.
Blanquismo
Corrente del movimento socialista francese dell'800 il cui maggiore
esponente fu Louis Auguste Blanqui, rivoluzionario e teorico del comunismo
francese, che partecipò all'insurrezione del 12 maggio 1839 e diresse con
Armand Barbès l'Associazione segreta repubblicana socialista.
I blanquisti contrapponevano all'attività del partito rivoluzionario azioni di
tipo cospirativo, non tenendo conto delle condizioni concrete necessarie per la
vittoria di un'insurrezione e trascurando i legami con le masse. Di essi Lenin
scrisse che attendevano «la liberazione dell'umanità dalla Schiavitù salariata,
non dalla lotta di classe del proletariato, ma da congiure di una piccola
minoranza di intellettuali».
Blocco storico
Questo concetto, analizzato e sviluppato soprattutto da Gramsci, si riferisce
al problema del rapporto che, secondo la concezione materialistica della storia
(Materialismo storico), intercorre
tra struttura economica e sovrastrutture ideologiche, politiche, giuridiche.
Gramsci osservò che, nel corso dello sviluppo storico, si realizza, in
determinate condizioni, una «unità sostanziale», una corrispondenza, sia pure
non immediata e meccanica, tra struttura e sovrastrutture e che, più in
generale, «La struttura e le superstrutture formano un blocco storico, cioè
l'insieme complesso e discorde delle soprastrutture sono il riflesso dell'insieme
dei rapporti sociali di produzione». L'analisi storica non può, secondo
Gramsci, prescindere dal concetto di «blocco storico», cioè dal riconoscimento
dell'esistenza di un rapporto complesso, di azione reciproca, tra il «contenuto
economico-sociale» di un periodo storico e la sua «forma etico- politica».
L'origine stessa delle diverse realtà storiche va ricercata nella formazione di
un gruppo sociale egemone (egemonia) che
«cementa» attorno a sé l'intera società, per mezzo dell'ideologia, dell'organizzazione del consenso,
dell'apparato statale, realizzando così un «blocco storico». Il concetto di
blocco storico si riferisce, dunque, sia all'esistenza di questo stretto rapporto
tra struttura e sovrastrutture all'interno di una determinata società, sia alla
possibilità che la classe potenzialmente egemone ha di determinare le
condizioni per la creazione di una nuova organizzazione sociale alternativa a
quella esistente. Da questo punto di vista, secondo Gramsci, il partito
comunista deve sviluppare la funzione egemonica della classe operaia
realizzando attorno ad essa e al suo programma un nuovo blocco storico. In
questo senso il concetto di blocco storico, come del resto quello di egemonia,
si collega, nell'opera di Gramsci, a una complessiva rivalutazione
dell'importanza della teoria e, in generale, della politica, soprattutto in
funzione critica nei confronti delle tendenze economiciste (Economicismo):
«Una iniziativa politica appropriata è
sempre necessaria per liberare la spinta economica dalle pastoie della politica
tradizionale, per mutare cioè la direzione politica di certe forze che è
necessario assorbire per realizzare un nuovo, omogeneo, senza contraddizioni
interne blocco storico economico-politico...» (Quaderni del Carcere, p.
1612).
Bolscevismo
Dal russo «bol'sevizm» = movimento di maggioranza.
Corrente del pensiero politico e partito politico nato nel 1903 all'interno del
Partito Operaio Socialdemocratico Russo (POSDR). Il principale esponente del
bolscevismo fu Lenin che ne espose i principi fondamentali nel Che fare?
e che guidò dal 1903 la frazione bolscevica
del POSDR.
Il bolscevismo si sviluppò attraverso l'esperienza del proletariato russo nel
corso di 15 anni di lotta contro l'oppressione zarista fino al momento della
conquista del potere avvenuta nel 1917.
Questa concezione del partito politico rivoluzionario ha assunto nella storia
del movimento operaio un ruolo importantissimo, in quanto fu la prima
realizzazione pratica della teoria marxista. I principi del bolscevismo sono
stati e ancora oggi sono un costante punto di riferimento critico per i partiti
comunisti di tutto il mondo. Infatti Lenin, nel formulare questi principi,
affrontò i problemi essenziali che si presentano alla classe operaia e ai suoi
alleati nella costruzione di un movimento politico in grado di condurre alla
rivoluzione. Si pose anzitutto al movimento bolscevico il problema della
definizione generale delle condizioni in cui si possa realizzare una disciplina
e un'organizzazione che siano in grado di mantenere unita la classe operaia.
Secondo la concezione bolscevica questa disciplina è il risultato in primo
luogo della «coscienza d'avanguardia proletaria e della sua dedizione alla
rivoluzione», in secondo luogo della capacità di questa avanguardia di unirsi
«con la più grande massa dei lavoratori, dei proletari anzitutto, ma anche
con la massa lavoratrice non proletaria», in terzo luogo dell'esistenza
di una strategia e di una tattica politica giusta, «a condizione che le grandi
masse si convincano per propria esperienza di questa giustezza».
Altrimenti «la disciplina di un partito rivoluzionario, realmente capace di
essere il partito della classe d'avanguardia che deve rovesciare la borghesia e
trasformare tutta la società, non può essere garantita».
Una delle caratteristiche essenziali del bolscevismo è l'importanza che esso
assegna alla teoria rivoluzionaria: Lenin infatti affermò più volte che «senza
teoria rivoluzionaria non può esservi movimento rivoluzionario». Il bolscevismo
si oppose dunque a quelle concezioni che o negavano il ruolo e la necessità
della teoria (Spontaneismo, Economicismo, Determinismo) o si affidavano nella
loro analisi politica a teorie diverse dal marxismo.
In particolare Lenin polemizzò con le concezioni prevalenti all'interno della
Seconda Internazionale e, in Russia, con il menscevismo, frazione minoritaria
del Partito Socialdemocratico Russo, e con i Socialisti Rivoluzionari.
La storia del bolscevismo fino al '17 fu caratterizzata da un susseguirsi di
fasi ora pacifiche, ora di scontro violento. Infatti in quegli anni la Russia
da paese semifeudale, attraverso una rivoluzione fallita (1905) e un lungo
periodo di repressione, fu trasformata, grazie soprattutto all'opera di
organizzazione e di direzione politica realizzata dal bolscevismo, nel primo
Stato socialista.
Furono proprio la novità dell'impostazione del rapporto tra lotta legale e
organizzazione clandestina, la duttilità tattica accanto dei principi che
permisero al bolscevismo di resistere nel periodo della repressione e di
svilupparsi rapidamente nei momenti di ripresa del processo rivoluzionario.
Il bolscevismo, che si costituì in Partito Comunista dell'Unione Sovietica dopo
la rivoluzione, rimane tuttora uno dei più importanti contributi sia sul piano
organizzativo che sotto il profilo politico e teorico che l'esperienza della
rivoluzione russa ha apportato allo sviluppo del movimento comunista
internazionale. Infatti, al loro sorgere, tutti i partiti comunisti che fecero
parte della Terza Internazionale adottarono il bolscevismo come principio
fondamentale della loro attività politica e organizzativa.
Borghesia
Il nome deriva da borghigiani, gli abitanti della città medievale (in tedesco:
Burg).
Storicamente è la classe che ha sostituito la nobiltà feudale (Feudalesimo) nell'esercizio del dominio
sull'intera società; dal punto di vista dell'economia è perciò la classe che
detiene attualmente la proprietà dei mezzi
di produzione.
La borghesia, sottolinea Marx,
«ha avuto nella storia una funzione sommamente rivoluzionaria … Essa per prima
ha mostrato che cosa possa l'attività umana. Essa ha creato ben altre
meraviglie che le piramidi d'Egitto, gli acquedotti romani e le cattedrali
gotiche; essa ha fatto ben altre spedizioni che le migrazioni dei popoli e le
Crociate» (Manifesto, p. 29).
Per compiere quest'opera la borghesia ha praticato in modo aperto lo
sfruttamento distruggendo i miti che lo circondavano, ha trasformato «la
dignità personale in un valore di scambio» e costretto gli uomini ad aprire gli
occhi sui loro rapporti. In soli cento anni di dominio e cioè dalla metà del
secolo XVIII alla metà del secolo XIX la borghesia ha portato a un livello tale
le forze produttive da superare tutto
quello che le generazioni passate nel loro insieme avevano fatto. Ma, come «lo
stregone che non può dominare le potenze sotterranee da lui evocate», la
borghesia ha cresciuto con sé la classe antagonista che ne distruggerà il
potere; il modo stesso in cui la borghesia può esistere, una continua lotta e
una serie infinita di cambiamenti, l 'ha obbligata più volte a chiedere l'aiuto
del proletariato e così a spingerlo nelle
vicende politiche: «essa stessa, dunque, dà al proletariato gli elementi della
propria educazione, gli dà cioè le armi contro se stessa».
Il riconoscimento della funzione storica della borghesia è uno dei numerosi
punti in cui il realismo del pensiero di Marx si manifesta in modo
particolarmente chiaro, differenziandosi dalle generiche dichiarazioni contro
lo sfruttamento, il potere e l'arbitrio. Inutile sottolineare che la capacità
di vedere il ruolo progressivo svolto a suo tempo dalla borghesia è una delle
condizioni per comprenderne l'inevitabile decadenza. Naturalmente la borghesia
non ha avuto la stessa fisionomia dovunque: il discorso di Marx si riferisce
dunque al suo insieme per prendere in esame, quando necessario, la realtà di
questa o quella singola borghesia nazionale in un dato momento storico con le
forme concrete dei suoi partiti politici, delle sue fazioni con interessi contrastanti
e in genere delle sue molteplici contraddizioni. Un esempio straordinariamente
articolato del modo marxiano di analisi si trova nel 18 Brumaio di Luigi
Bonaparte.
E' da notare infine che, nell'uso generale, il termine di borghesia non è
perfettamente sinonimo di «classe dei capitalisti», pur essendo evidente che il
modo di produzione capitalistico è quello in cui domina la borghesia. Esiste un
margine di differenza che rinvia nel caso di «classe dei capitalisti»
prevalentemente alla sfera dei fenomeni economici e di quelli ad essi collegati
in modo più diretto, e nel caso di borghesia all'insieme dei fenomeni legati
all'economia in modo più mediato: le abitudini e le forme di comportamento, il
sapere, le ideologie, ecc.; questa differenza si nota bene in espressioni del
tipo «cultura borghese», «morale borghese», ecc.
Burocratismo
Deriva dalla parola burocrazia, con la quale si indica un sistema di
funzionari ordinati gerarchicamente per lo svolgimento di determinate mansioni
nei diversi settori della vita pubblica; il che implica l'esercizio di un certo
potere che è tanto più forte quanto più le decisioni vengono prese
impersonalmente per gradi successivi, come avviene negli Stati moderni.
La delega di mansioni a funzionari è sempre esistita laddove esisteva un potere
centralizzato, come nel caso dei grandi imperi dell'antichità, dove tuttavia il
rapporto burocratico si fondava sulla fedeltà a una o più persone, come il
sovrano o i suoi luogotenenti, davanti ai quali il funzionario era responsabile
della corretta applicazione delle leggi e ai quali doveva rendere conto dei
propri atti e delle proprie decisioni.
Negli Stati moderni invece e soprattutto nelle democrazie borghesi, la
burocrazia è andata sempre più assumendo il carattere di una corporazione a se
stante, al di sopra della società, vale a dire al di sopra degli antagonismi di
classe, delle lotte tra ceti, gruppi, ecc. Essa si presenta dunque come la
depositaria dell'«essenza» dello Stato e tende perciò a .sostituire i rapporti
reali tra gli individui e le classi con rapporti formali rispondenti a una
logica interna, appunto burocratica. Perciò
«lo spirito generale della burocrazia è
il segreto, il mistero, custodito entro di essa dalla gerarchia, e
all'esterno in quanto essa è corporazione chiusa. Il palesarsi dello spirito
dello Stato, e l'opinione pubblica, appaiono quindi alla burocrazia come un tradimento
del suo mistero. L'autorità è perciò il principio della sua scienza e
l'idolatria dell'autorità è il suo sentimento. Ma all'interno della
burocrazia lo spiritualismo diventa un crasso materialismo, il
materialismo dell'ubbidienza passiva, della fede nell'autorità, del meccanismo
di un'attività formale fissa, di principi, di idee, di tradizioni fisse. In
quanto al burocrate preso singolarmente, lo scopo dello Stato diventa il suo
scopo privato, una caccia ai posti più alti, un far carriera»
(Marx, Dalla critica della filosofia hegeliana del diritto, in Opere
III, pp. 53-54).
Poiché burocrazia e Stato si identificano nella società capitalistica, la
burocrazia è dunque lo strumento mediante il quale la borghesia esercita
indirettamente il suo dominio di classe; in un primo tempo essa aveva svolto un
ruolo subordinato rispetto alla borghesia, ma a partire dalla seconda metà
dell'Ottocento fino a oggi si è assistito a un processo di completa
autonomizzazione dell'apparato burocratico-statale, così che la logica del
burocratismo, aspetto degenerativo della burocrazia, si è imposta in misura
determinante a tutti i livelli.
La lotta alla burocrazia, che è lotta per la democrazia reale contro la
democrazia fittizia burocratica, non può che fondarsi sul controllo popolare e
sulla partecipazione. In una prospettiva rivoluzionaria Lenin ravvisava nei
Soviet, assemblee dei delegati di fabbrica, forme cioè spontanee di autogoverno
popolare, l'ossatura di quella «nuova macchina» statale che avrebbe dovuto
sostituire la vecchia e inutilizzabile macchina burocratica zarista.
Tuttavia nell'applicazione concreta anche nell'URSS sono riapparse forme di
burocratismo in contrasto con quanto avevano scritto i teorici intorno al
problema, sia a motivo delle difficoltà reali insite nella questione e delle
vicende storiche, sia a causa di una sottovalutazione del problema e della
mancanza di un efficace controllo popolare.
Il burocratismo riferito a partiti politici indica per analogia la tendenza a
privilegiare l'aspetto burocratico su quello ideale e politico, a riprodurre
all'interno del partito gli stessi difetti riscontrabili nello Stato:
privilegio delle norme o delle consuetudini amministrative sui contenuti
pratici, indifferenza per il loro significato politico, maturazione lenta delle
decisioni e tendenza al rinvio di quelle importanti. Tutto questo non deve
essere confuso con il risultato dell'inettitudine di funzionari o di impiegati,
che è semmai una conseguenza del burocratismo, ma deve essere considerato come
il complesso fenomeno derivante da un sistema che tende a riprodursi mantenendo
invariate le proprie strutture e che alimenta in continuità una propria visione
specifica del modo di gestire certi compiti.