a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare di Torino
Dizionario enciclopedico marxista
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Oggettivazione, Oggettivismo Soggettivismo, Operaismo, Opportunismo
E' il processo per cui una qualsiasi cosa appare in un dato rapporto come
oggetto. Marx ne tratta, riferendosi al lavoro, in questi termini: «Il prodotto
del lavoro è il lavoro che si è fissato in un oggetto, che si è fatto
oggettivo: è l'oggettivazione del lavoro».
L'oggettivazione è qui considerata come la premessa necessaria ai fenomeni di alienazione e estraniazione; il lavoro è infatti
un'attività umana che produce qualcosa, che si «oggettiva» nel suo prodotto;
detto altrimenti, il soggetto che lavora costruisce un prodotto che è nei suoi
confronti un oggetto. Fino a questo punto il fatto ha una validità generale che
si può estendere a tutte le situazioni che sono descritte e descrivibili nei
termini qui usati; tuttavia nella concreta situazione storica determinata dal
modo di produzione capitalistico l'oggetto ha un destino particolare: si pone
come un «ente estraneo» di fronte a chi l'ha prodotto, lo domina come «potenza
indipendente». All'oggettivazione seguono quindi i processi di alienazione e
estraneazione.
Questi due termini opposti e complementari indicano, rispettivamente, una
concezione della storia e dell'attività che
giudica prevalenti gli elementi oggettivi su quelli soggettivi in una data
situazione o, viceversa, gli elementi soggettivi su quelli oggettivi.
Per elementi oggettivi si intendono quelli che costituiscono la realtà intorno
all'uomo e nella quale si svolge la sua azione; se questi elementi sono quelli
costitutivi del quadro economico, sociale e politico del momento storico in cui
un partito svolge la propria attività e prende le proprie decisioni è facile comprendere
che la questione oggettivismo-soggettivismo assume immediatamente un carattere
tutt'altro che teorico.
Per elementi soggettivi si intendono quelli dipendenti dall'attività teorica e
pratica non già del singolo individuo (il soggetto personale) ma di un gruppo
politico o dell'intera classe. E poiché i due termini soggettivismo e
oggettivismo sono di fatto usati con intenzioni critiche o polemiche,
soggettivismo vorrà dire fiducia eccessiva nelle possibilità delle iniziative
pratiche del gruppo e trascuratezza delle condizioni oggettive in cui le
iniziative sono prese; oggettivismo, a sua volta, vorrà dire nessun credito
alle iniziative pratiche del gruppo o alle possibilità di intervento della
classe sulle quali prevarrebbero condizioni oggettive che non permettono di
agire nel modo dovuto.
Queste tendenze si sono manifestate e si manifestano all'interno del marxismo e
dei partiti che vi fanno capo; il costante richiamo alle condizioni oggettive è
stato frequentemente un modo per mascherare l'assenza di volontà rivoluzionaria
e per l'aggiornamento a tempo indeterminato della prassi; a sua volta l'insistenza sulla
necessità dell'azione immediata ha spesso nascosto la povertà dell'analisi
delle condizioni oggettive. Da una parte ha prevalso il timore che il ruolo
della volontà attiva degli uomini nelle varie forme e momenti della lotta di
classe fosse trascurato; queste posizioni, diffuse nel cosiddetto marxismo
occidentale, hanno coinciso molte volte con il rifiuto del materialismo dialettico, a torto
interpretato come un modo contemplativo o comunque distaccato di richiamarsi
alla realtà, quindi passivamente in attesa di sviluppi indipendenti dall'intervento
del soggetto-partito. Dall'altra si è teso a privilegiare la funzione della
situazione concreta quasi che questa fosse totalmente autonoma, e perciò
immodificabile, dall'intervento del soggetto attivo.
E' evidente che trovare il giusto punto di convergenza tra la volontà
soggettiva dell'intervento rivoluzionario e la realtà oggettiva nella quale e
sulla quale si svolge l'intervento è tutt'altro che facile; per questo il
problema resta polemicamente aperto. Marx ne aveva sottolineato le difficoltà
in un celebre passo:
«Gli uomini fanno la
propria storia, ma non la fanno in modo arbitrario, in circostanze scelte da
loro stessi, bensì nelle circostanze che essi trovano immediatamente davanti a
sé, determinate dai fatti e dalla tradizione» (Il
18 Brumaio di Luigi Banaparte, p. 9).
Tra le altre difficoltà che si ricollegano alla questione vi è anche quella,
non secondaria, del rapporto tra il «punto di vista soggettivo», per esempio
l'interpretazione che un gruppo politico dà delle proprie iniziative, e il
«punto di vista oggettivo», ossia l'effettiva funzione svolta da quelle
iniziative in una data situazione. E' ben noto, infatti, che nella storia del
movimento operaio, come dimostrano le molte polemiche di Lenin sull'argomento,
non mancano certo gli esempi di gruppi politici o partiti che hanno elaborato,
sostenuto e praticato iniziative che a loro giudizio erano avanzate e coerenti
ma che, di fatto, rafforzavano le posizioni degli avversari politici.
Concezione della tattica e della strategia della classe operaia e del movimento
comunista, secondo la quale il proletariato, nella lotta per la propria
emancipazione, non avrebbe da contare che su se stesso, negando ogni validità e
possibilità a una politica di alleanze anche con strati - quali i contadini e
la piccola borghesia - potenzialmente antagonisti alla borghesia e ai suoi
interessi. Storicamente l'operaismo nega l'apporto teorico di Lenin e di
Gramsci sulla necessità del raggiungimento dell'egemonia
della classe operaia sui ceti intermedi attraverso la costituzione di un blocco storico alternativo alla borghesia,
e propone meccanicamente e semplicisticamente la contrapposizione fondamentale
tra borghesia e proletariato.
Ciò ha come non ultima conseguenza l'esaltazione unilaterale della lotta
economica delle masse operaie e l'incomprensione della necessità della sua
trasformazione in lotta politica, con la conseguente sottovalutazione dell'organizzazione
politica dei lavoratori e dell'importanza dell'elaborazione teorica e culturale
del partito e dello sviluppo della coscienza politica dei suoi componenti e
delle masse in generale.
Tendenza storica a rinunciare alla difesa conseguente dei diritti dei
lavoratori e all'ideale rivoluzionario presentatasi all'interno del movimento
operaio a cominciare dalla Seconda Internazionale. Essa è dovuta alla
formazione di un'aristocrazia operaia
e alla penetrazione di idee borghesi e piccolo borghesi all'interno dei partiti
socialdemocratici (Socialdemocrazia).
Gli esponenti più famosi dell'opportunismo furono coloro che, ingannati da una
presunta possibilità di transizione pacifica al socialismo attraverso il
sistema parlamentare, acconsentirono a compromessi con le classi reazionarie al
potere sia sui problemi economici che sulle libertà democratiche (K. Kautsky,
E. Bernstein, E. Millerand).